lunedì, aprile 23, 2007
Dobbiamo ucciderlo
"Il Presidente iraniano Ahmadinejad deve essere ucciso. Davvero ucciso, intendo, fisicamente. Deve essere eliminato, messo a morte, assassinato e tutte quelle altre frasi che servono ad indicare la stessa cosa". Lo avrebbe detto esplicitamente l'ex direttore del Mossad, Meir Amit in una recente intervista. In realtà avevo letto subito di questa sortita, ma l'avevo archiviata tra le brutali opinioni personali di un incattivito pre-pensionato governativo, una mera espressione del suo lacunoso background. E invece no, alla notizia è stata infatti data eco su Yedioth Ahronoth da Uri Orbach, che giustifica l'atteggiamento superficiale e rissaiolo di Meir Amit e lo presenta con nota di merito, appunto, su uno dei fogli israeliani on line più diffusi (YnetNews, 20 aprile 2007). Titolo, come sopra: "Dobbiamo ucciderlo", sottotitolo: "Israele non deve temere di minacciare di morte l'iraniano Ahmadinejad". Così il rozzo pensiero dell'ex super agente segreto trova spazio e legittimazione e viene passato per buono nel novero delle tante invettive scodellate ad un popolo - quello israeliano - già esacerbato in parte dai fatti ma molto dalla politica interna e dalla propaganda. In questo contesto il giornalista ha, quindi, nel suo piccolo, provveduto a sdoganare a beneficio di un lettore comprensibilmente già in fibrillazione la ossessiva reiterazione di minacce personalmente indirizzate nei confronti di un capo di stato, nel caso il presidente iraniano, ed ha riassunto la sua operazione in una lapidaria frase finale: "dopo tutto, salvare vite prevale sull'etichetta". Ma, ahimé, da una parte è difficile credere che si tratti solo di etichetta e di retorica quando 60 anni di guai - e di morti veri - tendono a dimostrare il contrario, dall'altra, se di retorica si tratta, non sarebbe difficile sostenere che tra il presidente dell'Iran e buona parte dei "warmongers" occidentali si stia intrattenendo un gioco a chi le spara più grosse. Ma non è così, Mahmoud Ahmadinejad sta infatti piuttosto attento - nonostante le maliziose traduzioni del suo pensiero - a tener franco dai propri strali Israele come popolo. Molti dirigenti israeliani ed occidentali, viceversa, intendono la delegittimazione del nemico quale arma. Un'arma che, visti i risultati, sarebbe miglior partito lasciar sepolta nell'obsoleto ed inefficiente armamentario del secolo scorso.
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