Così, in un impeto di ridanciano ottimismo, Peter Popham dell'Independent descrive da Roma colui che potrebbe ascendere al vice premierato in Italia. La questione delle magliette e del "giorno del maiale" non suscita evidentemente più che ilarità nei commentatori stranieri. La piega ilare non si può tuttavia condividere, non quando le simpatiche burle scatenano un inferno (nella specie, in Libia) in cui persone non dotate dello stesso senso dell'umorismo del redattore di Independent ci lasciano le penne in concomitanza degli exploit del nostro legaiolo in carriera. Qualcuno si è anche chiesto cosa avrebbe scritto Popham se al posto della maglietta anti islamica (da notare il virgolettato per l'attributo "blasfeme" nel pezzo del giornale inglese) l'esuberante ex dentista avesse indossato una maglietta antisemita. Ma tant'è, nessuno può impedire a Popham di ispirarsi ad un irritante doppio binario occidentale, come per il momento nessuno può impedire agli italiani di dotarsi del vice premier che si meritano.
giovedì, aprile 24, 2008
Burlone anti islamico
Così, in un impeto di ridanciano ottimismo, Peter Popham dell'Independent descrive da Roma colui che potrebbe ascendere al vice premierato in Italia. La questione delle magliette e del "giorno del maiale" non suscita evidentemente più che ilarità nei commentatori stranieri. La piega ilare non si può tuttavia condividere, non quando le simpatiche burle scatenano un inferno (nella specie, in Libia) in cui persone non dotate dello stesso senso dell'umorismo del redattore di Independent ci lasciano le penne in concomitanza degli exploit del nostro legaiolo in carriera. Qualcuno si è anche chiesto cosa avrebbe scritto Popham se al posto della maglietta anti islamica (da notare il virgolettato per l'attributo "blasfeme" nel pezzo del giornale inglese) l'esuberante ex dentista avesse indossato una maglietta antisemita. Ma tant'è, nessuno può impedire a Popham di ispirarsi ad un irritante doppio binario occidentale, come per il momento nessuno può impedire agli italiani di dotarsi del vice premier che si meritano.
martedì, aprile 22, 2008
Isra-pedia
Così principia il pezzo e il commento di EI. «Un gruppo di pressione filo israeliano sta orchestrando una campagna segreta e di lungo termine per infiltrarsi nella popolare enciclopedia on line Wikipedia e riscrivere la storia palestinese, passare la propaganda come fatti e assumere il controllo della struttura amministrativa di WIkipedia per assicurarsi che questi cambiamenti non vengano scoperti e contrastati. Una serie di e-mail di membri ed associati del gruppo filo israeliano CAMERA (Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America) fornite ad Electronic Intifada (EI) dimostra che il gruppo è impegnato in quello che un attivista ha definito una "guerra" su WIkipedia. Un action alert del 13 marzo, firmato da Gilead Ini, "Senior Research Analist" di CAMERA, sollecita "volontari che possano lavorare" come editor per assicurare che gli articoli relativi a Israele su WIkipedia siano "liberi da faziosità ed errori" ed includano fatti e contesti necessari, ma che il materiale che intendono introdurre includa affermazioni calunniose sui palestinesi e musulmani e nasconda la vera storia di Israele ...».
lunedì, aprile 21, 2008
Flechette, per distruggere e mutilare
Le munizioni antiuomo o a frammentazione sono ideate per distruggere e mutilare le persone (APERS) o per danneggiare le cose (APAM) in modo tale da renderle inutilizzabili. Nell'artiglieria da campo il proiettile flechette o ad alveare è un esempio di munizione antiuomo. La carica di questo proiettile consiste in 8000 dardi d'acciaio, stabilizzati con pinne. Dopo la detonazione i dardi o flechette vengono spruzzati in modo radiale dal punto della detonazione, normalmente a sessanta piedi dal terreno. E' estremamente efficace contro le persone all'aperto o in posti con densa vegetazione. C'è chi ha osservato che le descrizioni delle ferite provocate da munizioni flechette, con la penetrazione di innumerevoli dardi nel cuore, provocano poco sanguinamento (come peraltro risulta dalle fotografie del corpo di Fadel Shana). Altri hanno contestato il fatto che i tank israeliani Merkawa III e IV usano di norma proiettili 120 mm APERS/APAM, diversi dai proiettili M494 105mm APERS-T che portano una carica di flechette. L'obiezione sembra essere agevolmente superata dal fatto che gli israeliani modificherebbero le munizioni a frammentazione per essere utilizzate con il (più grosso) cannone da 120mm, in modo che esse rilascino circa 5000 dardi e del colorante. Le foto sopra mostrano la sequenza dell'esplosione ripresa negli ultimi istanti da Fadel Shana. Qualcosa di molto simile ad una detonazione sembra essere avvenuta al di sopra del cameraman della Reuters (la telecamera è ancora diretta verso lo sbuffo di fumo dello sparo), con frammenti di materiale riconoscibili in una nuvola di colore verde.
domenica, aprile 20, 2008
Vedere la morte
venerdì, aprile 18, 2008
Hillary, secondo copione
Parlando, il 16 aprile, al dibattito dei Democratici per le elezioni presidenziali, Hillary Clinton ha minacciato il lancio di una "massiccia rappresaglia" se l'Iran decidesse di attaccare Israele. Sempre in corsa con Obama (e gli altri) per blandire l'elettorato pilotato dalla lobby filo israeliana e dal relativo codazzo di neo conservatori, la paziente sposa del fantasioso ex presidente americano si esibisce in una nuvola di toni bianco azzurri, mostrando le narici frementi di una parodia di Meryl Streep nel Manchurian Candidate e si offre indomita ai sicuri applausi bipartisan del filo sionismo militante. E la voglia di strafare ha evidentemente la meglio. "Penso che dovremmo creare un ombrello di deterrenza che vada assai più in là del solo Israele" aggiunge la mamma di Chelsea e dimentica che gli USA col 'buon inizio' afghano e, sopratutto, iraqeno, non possono certo dirsi a metà dell'opera. Ciò nonostante, è imperativo esagerare. Deve rispondere - il pubblico sicuramente se lo aspetta - alla recente reazione del vice capo di stato maggiore dell'esercito iraniano, Mohammed Rada Ashtiani, che solo l'altro ieri replicava, a sua volta, alle minacce del ministro delle infrastrutture israeliano, Benjamin Ben-Eliezer. E ribadisce quindi la lady turchina: "naturalmente metterò in chiaro con gli iraniani che un attacco ad Israele provocherà una massiccia rappresaglia dagli Stati Uniti". I botta e risposta sul punto sarebbero ridicoli se, proprio per essere pronunciati dai novelli gnomi e fattucchiere della politica internazionale e dai rappresentanti delle rispettive milizie, non suscitassero qualche giustificata apprensione. In un nuovo round della lotta a parole tra Gerusalemme e Tehran, Rada Ashtiani aveva dichiarato - traduzione di Haaretz - che "se Israele vuole prendere un'iniziativa contro la Repubblica Islamica, elimineremo Israele dalla scena dell'universo" dopo che l'israeliano Ben-Eliezer, la settimana prima, aveva minacciato che "un attacco iraniano su Israele provocherà una dura risposta di Israele, che porterà alla distruzione della nazione iraniana". Doveroso sottolineare qui che - a parole - tutti rispondono a qualcosa. Ma possiamo stare tranquilli, non succederà nulla se non interverrà uno di quei fatti imponderabili che, secondo i propugnatori del 'nuovo secolo americano' e i loro volenterosi sicari, possono fare da detonatore precipitando il pianeta in una sorta di novello Medio Evo. Una cosa tipo quella che è capitata, guarda caso, l'11 settembre del 2001.
giovedì, aprile 17, 2008
Da Ciriello a Shana, notizie dalla Palestina
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giovedì, aprile 10, 2008
Nasim Fekrat, un workshop sul blogging a Kabul
Questo era il comunicato di Nasim: “Molto presto Afghan Penlog lancerà il primo workshop per promuovere la diffusione dei blog a Kabul. Obiettivi di questo laboratorio/seminario sono lo sviluppo culturale e una maggior presenza dei blogger come media. Questo primo workshop è indirizzato agli studenti e ai blogger di Kabul, ma è nostra intenzione lanciare analoghe iniziative in altre province e il nostro prossimo passo sarà la promozione di seminari anche a Jalalabad, Kandahar, Heart, Ghazni ed altre zone del paese. Afghan Penlog non ha avuto finora alcun aiuto economico e per questo chiede a tutti gli operatori culturali e agli amici di sostenere il progetto con un unico fine, sviluppare l'attività dei blogger in Afghanistan. I nomi dei donatori saranno pubblicati sul sito e forniremo loro tutti i dettagli del progetto e i relativi costi. Abbiamo necessità impellenti: comprare un generatore e pagare il collegamento internet. Ed anche se non abbiamo abbastanza danaro per affittare un laboratorio informatico, probabilmente saremo in grado di tenere il workshop presso il centro scolastico di Payam-e-Noor, situato a Karte-Chahar, Kabul. Ma abbiamo ancora bisogno di un po' di danaro per realizzare questo obiettivo. Prima avevamo in mente di comprare un computer e ottenere la disponibilità di una linea internet da Afghan Telecom ma non abbiamo raggiunto il nostro scopo per mancanza di donazioni e la nostra idea è sfumata. Così l'abbiamo abbandonata. Ora ci accontentiamo di lanciare questo workshop”.
Ebbene, il workshop si è tenuto e con successo ai primi di aprile. La notizia in inglese, ora arricchita dei particolari sul sito Afghan Lord di Nasim Fekrat, è stata già anticipata nei giorni scorsi dalla BBC (in farsi) e da noi, in italiano, su Blogfriends e altrove grazie a Mericò. La riporto di seguito.
«Quanti di noi davanti a qualcuno che chiedeva una donazione (soldi, per intenderci) per un qualche progetto di solidarietà, non hanno risposto con il fatidico interrogativo " Ma poi siamo sicuri che i soldi arriveranno a destinazione e verranno utilizzati bene?". Molti, a dire il vero, usano spudoratamente questo dubbio per dribblare la richiesta, credendo che possa essere una buona scusa per evitare di mettere mano al portafoglio. Certo, c'è da dire che la realtà non aiuta a diradare un certo alone truffaldino che aleggia su parecchie "raccolte fondi" che girano per terra, mare, e-mail, telefono, posta e simili. Ma, almeno stavolta, sono felice e orgogliosa di poter smentire questa fama negativa. Qualche tempo fa Pipistro scrisse un post proprio qui su Blogfriends, parlando del progetto di Nasim Fekrat, giovane blogger di Kabul, e di un gruppo di suoi amici e collaboratori afghani, di organizzare il primo workshop per promuovere la diffusione dei blog a Kabul e, contestualmente, riportando la richiesta dei bloggers di un piccolo aiuto finanziario per poter realizzare questo obiettivo. Un traguardo nobile ma ambizioso e difficile da portare avanti in Afghanistan, soprattutto per problemi economici e logisitici. Bè, il 3 e 4 aprile a Kabul l'Associazione Bloggers Afghani (AfghanPenLog) , superando tutti gli ostacoli, è riuscita a tenere il primo blogging workshop della sua storia. Credo non servano tante parole per testimoniare l'evento, sono sufficienti le immagini (ed anche un pezzo uscito su BBC Persian). La più rappresentativa la inserisco nel post, alcune altre nei commenti. Cosa c'è di meglio di una documentazione visiva per garantire l'onestà di una iniziativa? Ma anche per mettere in risalto, in un paese tristemente famoso per la condizione femminile non certo invidiabile, la presenza di due donne, di cui una, Masoumeh Ebrahimi, attiva nell'organizzazione del workshop? E poi, siccome questi ragazzi sono testardi, ma principalmente motivati, hanno intenzione di mettere su prestissimo un secondo workshop, perchè, come ha detto lo stesso Nasim, "C'è ancora di più da condividere e impare". Ma per farlo hanno ancora bisogno del nostro aiuto che, chi vuole, può concedere cliccando qui, anche piccolo sarà comuqnue utile, l'euro lì vale moltissimo. Concludo ringraziando Franca (ceglieterrestre), Anna (euridicea) e Mauro Biani, per il sostegno concreto e la collaborazione che hanno regalato per realizzare il (primo) sogno di questi ragazzi, e tutti coloro che hanno donato e che, speriamo, lo faranno».
mercoledì, aprile 09, 2008
ONU e Israele, storie di ordinaria incompatibilità
Vi è da sottolineare che John Dugard, il precedente investigatore ONU ha già risposto alle contestazioni di parte israeliana, opponendo alla indifendibile 'par condicio' prospettata da Israele l'elementare principio che vede appunto questi ultimi come occupanti nei Territori palestinesi e la popolazione palestinese sottoposta al giogo di una situazione imposta 'manu militari' e mantenuta indebitamente per quasi cinquant'anni: "The mandate of the Special Rapporteur is concerned with violations of human rights and international humanitarian law that are a consequence of military occupation. Although military occupation is tolerated by international law it is not approved and must be brought to a speedy end. The mandate of the Special Rapporteur therefore requires him to report on human rights violations committed by the occupying Power and not by the occupied people. For this reason this report, like previous reports, will not address the violation of the human rights of Israelis by Palestinians. Nor will it address the conflict between Fatah and Hamas, and the human rights violations that this conflict has engendered. Similarly it will not consider the human rights record of the Palestinian Authority in the West Bank or of Hamas in Gaza. The Special Rapporteur is aware of the ongoing violations of human rights committed by Palestinians upon Palestinians and by Palestinians upon Israelis. He is deeply concerned and condemns such violations. However, they find no place in this report because the mandate requires that the report be limited to the consequences of the military occupation of the OPT by Israel". (Distr. GENERAL A/HRC/7/17 21 January 2008 - Human Rights situation in Palestine and other occupied Arab territories - Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian territories occupied since 1967, John Dugard, p. 6)
E' quasi inutile evidenziare che nel frattempo, ossia negli ultimi cinquant'anni, la violazione di una sequela di risoluzioni ONU da parte di Israele, avrebbe - senza il veto USA pilotato dai potentati dei quali la lobby filo-sionista è parte congrua e iperattiva - legittimato più di un energico intervento e sanzione. Siamo quindi di fronte al vieto atteggiamento pilotato dall'establishment israeliano, cioè da una dirigenza arrogante amplificata da un sistema mediatico asservito e piagnone, che ha come primo 'goal' quello di ammutolire e stroncare le voci che si levano per smascherarlo e talvolta ridicolizzarlo, dall'ONU come dagli storici, politologi e analisti di mezzo mondo ed anche, in particolare, dal mondo intellettuale ebraico svincolato dagli allarmismi e dalle pastoie del potere di Tel Aviv. Dimentica quindi, ancora oggi, il ministero israeliano, che, secondo le convenzioni di Ginevra (e secondo i principi applicati a Norimberga dopo la seconda guerra mondiale), l'occupante non ha diritti da svolgere nei confronti della popolazione civile occupata, ma solo responsabilità. Ed è appena il caso di aggiungere che anche il precedente relatore ONU sulla situazione nei Territori occupati, il sudafricano John Dugard, è risultato inviso alla disinvolta dirigenza dello stato ebraico e al sistema mediatico che ad essa fa capo per aver comparato il trattamento israeliano dei palestinesi all'apartheid.
martedì, aprile 08, 2008
La musica non ha confini
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