Continua negli USA, accompagnata da un rilevantissimo tam tam mediatico internazionale, una battaglia accademico ideologica su cui i nostri media nazionali non hanno inteso dedicare, forse, più che qualche goccia di inchiostro. La questione non è di lana caprina, posto fra l'altro che i protagonisti noti di questa vicenda sono due rinomati accademici, estremamente prolifici e se pure a livelli diversi, impegnati ed accesi antagonisti nella descrizione del problema mediorientale. L'attualità della vicenda dice che il potente Professor Alan Dershowitz (cattedratico di Harvard e - secondo alcuni - il più famoso avvocato progressista negli USA) è stato infine messo all'angolo a causa della sua stessa evidentissima operazione di lobbying contro l'assegnazione di una cattedra a Norman Finkelstein (assistente di Scienze Politiche alla DePaul University di Chicago, figlio di sopravvissuti alla Shoah, ha dedicato gran parte della sua vita alla questione israelo palestinese in guisa fortemente critica della politica israeliana e dell'uso opportunistico di quanto ha battezzato, con il suo libro più rinomato, "L'Industria dell'Olocausto"). Sempre più gente sostiene, infatti, che la DePaul University non vorrà negare il riconoscimento accademico al cinquantatreenne assistente di Scienze Politiche, proprio a causa della micidiale campagna denigratoria e delle pressioni su di essa esercitate dall'illustre Felix Frankfurter Professor of Law di Harvard. L'avvocato Dershowitz è quindi passato al contrattacco, utilizzando letteralmente la neolingua di Orwell in ausilio a quel che resta della propria aggressione ideologica "ad hominem" e cercando di stigmatizzare, con l'attribuire loro le ragioni della propria infruttuosa operazione, gli accademici che hanno osato lasciarlo «virtualmente solo nell'opporsi alla cattedra» di Finkelstein. Sappiamo che l'idea basilare della neolingua di orwelliana memoria (nel suo "1984") è quella di rimuovere tutte le sfumature dal linguaggio, confinandolo ad una serie di semplici dicotomie. Ebbene, il neo-apice del velenoso attacco di Dershowitz al valore accademico di Finkelstein e qui più in particolare alla libertà della DePaul University di riconoscere quella competenza nell'assegnargli una cattedra, è una sorprendente e speciosa richiesta all'istituto americano di trascurare doverosamente le pressioni (quelle diverse dalla propria, ovviamente), ritornare al merito e prendere la decisione "giusta", cioè negare la cattedra. Tutti possono ora apprezzare il fatto che - secondo Dershowitz - le sfumature sono state rimosse e i nudi fatti sono sintetizzabili in una semplice dicotomia: «io, il professore, ho ragione e Finkelstein è un malefico antisemita» (virgolettato da me). Il pensiero del rinomato accademico di Harvard diventa così un assioma che non necessita per ciò stesso di dimostrazione. E va da sé che la metà del mondo che la pensa diversamente sui meriti accademici di Finkelstein, sulla sua acuta capacità di analizzare la storia e sviscerare gli argomenti del Medio Oriente e sul suo lavoro in generale, ha torto. Con ciò includendo, nel novero degli sconsiderati, l'Università di Princeton che ha dato a Finkelstein il suo PH.D., milioni di lettori dei suoi libri, centinaia e centinaia di studenti della DePaul University e migliaia di suoi sostenitori nell'ambito accademico. Tra di essi, Noam Chomsky, Avi Shlaim, Raul Hilberg, nonchè - sulla specifica questione della cattedra - Peter Novick. Oltre a me, naturalmente per quel che può valere. La decisione della DePaul è attesa nei prossimi giorni.
Aggiornamento
Alla fine la DePaul University ha negato la cattedra a Norman Finkelstein. Con una comunicazione di venerdì 8 giugno, l'istituto americano ha dichiarato che nonostante il dipartimento di Scienze Politiche e il collegio di "Liberal Arts and Science" avessero raccomandato l'attribuzione della cattedra, il Preside e il Consiglio deputato alla concessione hanno votato contro l'ingresso di Finkelstein. Il Presidente della DePaul, Rev. Dennis Holtschneider ha formalizzato la decisione dichiarando che non ci sono "ragioni convincenti per ribaltare" l'indicazione del Consiglio. In una intervista di ieri, Finkelstein ha detto di essere deluso, ma che la decisione non riuscirà ad imbavagliarlo: "Ho giocato secondo le regole e semplicemente non è stato abbastanza per superare l'opposizione politica alle mie esternazioni sul conflitto israelo palestinese. Questa decisione non varrà ad impedirmi di esprimere dichiarazioni che, per quanto posso affermare in base al giudizio degli esperti nel campo, sono corrette e basate sui fatti" (info sul Chronicle of Higher Education).
Nessun commento:
Posta un commento