Il Jerusalem Post riferisce oggi, 15 giugno 2007, i proclami di un [innominato] leader di Hamas a margine degli scontri in corso a Gaza. Questi avrebbe dichiarato che nella Striscia di Gaza "ora il laicismo e l'eresia stanno per finire". La testata israeliana enfatizza così la connotazione religiosa degli scontri ed autorizza in occidente i peggiori presagi di sventura islamica circa le sorti della questione umana in quel martoriato spicchio di terra. Ma non è sola. E nulla è più ipocrita del tam tam mediatico in questo momento e nulla è più stupido e superficiale, da parte nostra, del basarci sugli scampoli di malcelata propaganda e sulla semplificazione di una situazione largamente indotta dai nefasti dell'occupazione e dalle lotte di potere patrocinate in quella terra in funzione governativa filo-israeliana. Prima di chiedersi quali saranno i risultati della deriva confessionale incombente su Gaza è forse meglio chiedersi quale sia il motivo scatenante di una promessa radicale islamica a fronte di ben più concrete istanze della popolazione palestinese. Cioè quali siano i fattori determinanti dello sfaldamento dell'ente palestinese in due blocchi, dell'affossamento della soluzione binazionale (propugnata per sessant'anni dall'ONU) e della possibile insorgenza antidemocratica in una minuscola porzione di ciò che resta dell'idea di Stato di Palestina. Chiedersi quanto la gestione di marca guerrafondaia neocon USA abbia portato al boicottaggio di un governo palestinese democraticamente eletto, alla contemporanea mancata restituzione delle imposte incassate da Israele per conto del governo palestinese, al congelamento degli aiuti internazionali, allo stato di povertà ed alla fame per un milione e mezzo di persone nella sola Striscia di Gaza. Una vittoria di Pirro, questa, per la giunta militare israeliana e per il progetto di egemonia USA. Un disastro per chiunque in quella terra debba continuare a vivere, da una parte o dall'altra del confine tuttora virtuale che separa due popoli per i quali la violenza e l'incertezza sono stati resi pane quotidiano.
«La drammatica disfatta degli USA e delle milizie palestinesi appoggiate da Israele a Gaza, da parte delle forze di Hamas, rappresenta una capitale sconfitta della dottrina Bush in Palestina. Ali Abunimah, co-fondatore del portale Electronic Intifada [ed autorevole patrocinatore della "One State Solution"], esamina come - da quando Hamas vinse le elezioni legislative palestinesi nei territori occupati, nel gennaio 2006 - elementi della leadership dell'anziano movimento dominante Fatah, compreso il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, con i suoi consiglieri, abbiano cospirato con Israele, con gli USA e con i servizi di intelligence di parecchi stati arabi per ostacolare ed indebolire Hamas [...] Il cuore della strategia USA in Asia centrale e sud occidentale, in particolare in Afghanistan, in Iraq, in Palestina e in Libano è quello di installare regimi fantoccio che combattano i nemici dell'America al posto degli USA. Questa strategia si è rivelata fallimentare ovunque. I Taliban stanno riemergendo in Afghanistan. Nonostante l'incrementato impegno gli USA non sono più vicini a sconfiggere la resistenza in Iraq e non possono nemmeno fare affidamento nell'esercito iraqeno. L'esercito libanese, che gli USA sperano di utilizzare come contrappeso nei confronti degli Hezbollah, ha dimostrato scarse capacità [addirittura] contro qualche centinaio di combattenti stranieri infiltrati nel campo profughi di Nahr al-Bared (pur causando morte e devastazione per molti innocenti rifugiati palestinesi). Ora, a Gaza, l'ultimo colpo».
venerdì, giugno 15, 2007
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