sabato, dicembre 20, 2008

Game Over. In attesa della sentenza Cipriani

"Ragazzi, siete investigatori intelligenti, vi è mai passato per la testa che sono stato incastrato? Io sono quello che ha perso tutto".


Incastrato – ha detto Benedetto Cipriani – e accusato di aver pagato tre giovani balordi di origine portoricana perchè uccidessero Robert “Bobby” Stears, marito della sua ex amante, Shelley, conosciuta su internet tramite instant messaging ICQ.


Durante il tragitto in auto con la polizia del Connecticut, Cipriani aveva offerto agli agenti – così è stato raccontato al processo nel dicembre 2008 – il nome della stessa Shelley Stears e di un'altra persona implicata negli omicidi di Windsor Locks. Il detective Richard Bedard ha dichiarato che durante il trasporto dell'italiano verso la Corte Superiore di Enfield subito dopo l'estradizione questi avrebbe chiesto agli agenti quanto fossero interessati a coinvolgere Shelley negli omicidi. Vogliamo la verità – avevano risposto gli agenti – e Cipriani aveva allora avanzato un’incredibile offerta: "Se potrò fare 10 anni in Italia, vi darò due altre persone che han fatto questo. Sennò mi porterò le informazioni nella tomba".


La relazione di Ben Cipriani con Shelley Stears era iniziata su internet nel 2001. Dopo un paio di settimane i due avevano fatto sesso al Windsor Marriot Hotel. Shelley aveva accettato i gioielli e i vestiti che le regalava Cipriani e questi aveva anche aperto un conto corrente a nome dell'amante. Dopo circa un anno, tuttavia, nel 2002, a suo dire pressata costantemente da Cipriani perché lasciasse il marito e lo seguisse nella casa di Meriden che aveva fatto costruire per entrambi, Shelley aveva rifiutato di lasciare Bobby.

Cipriani allora l'aveva minacciata di raccontare tutto al marito, aveva poi effettivamente telefonato a Robert Stears per informarlo della relazione e – a quanto sembra – per riferirgli dei furti di danaro che la stessa Shelley aveva effettuato presso il negozio di autoricambi del marito, il B&B Automotive di Windsor Locks. La Stears era stata per questo allontanata dall'azienda del marito. In seguito – al processo contro Cipriani – Shelley avrebbe riferito che Cipriani, dopo il suo rifiutò di lasciare il marito, l'aveva minacciata. "Disse che mi avrebbe portato via tutto ciò che avevo caro".

Ma la Stears e Cipriani si erano poi frequentati ancora e con regolarità e secondo quanto testimoniato sempre dalla Stears, avevano fatto sesso fino a una settimana prima degli omicidi. "Ben continuava a dirmi che voleva vedermi. Ero debole", si è giustificata Shelley al processo tra i singhiozzi preoccupandosi di non rivolgere lo sguardo verso l'ex amante sul banco degli imputati.


Nell'appartamento, affittato dalla madre di Erik Martinez, Rose Mendez, anch'essa frequentata da Cipriani che l’aveva conosciuta su internet nel 2003, viveva anche Joey Guzman, mentre Michael Castillo era un frequentatore abituale della casa.

Il 30 luglio del 2003 Joey Guzman, coinvolto nel complotto omicida da Martinez, si faceva accompagnare da Castillo a Windsor Locks, presso il negozio di autoricambi B&B di proprietà del marito di Shelley, Bobby Stears. Ed era una strage. Poco dopo le 17.00 Guzman incrociava Stears sul punto di lasciare il negozio in auto, lo faceva rientrare e lo faceva stendere a terra con il socio Barry Rossi e il loro meccanico, Lorne Stevens, quindi freddava i tre uomini con sei colpi di pistola alla nuca. "Game over" avrebbe poi comunicato per telefono subito dopo gli omicidi Guzman a Cipriani per indicargli che era tutto finito, che il lavoro per cui era stato pagato era stato fatto.
Nel portafoglio sul cadavere di Bobby Stears, la polizia trovava una busta dove l'uomo aveva scritto, di proprio pugno, nome e indirizzo di Cipriani: "Ben Cipriani, 55 Kyle Court, Meriden, CT".
Pochi giorni dopo la strage Benedetto Cipriani lasciava gli Stati Uniti per l'Italia e non faceva ritorno alla data stabilita per riprendere il suo lavoro a New York. Successivamente arrestato in Italia, veniva estradato per gli USA nel luglio del 2007.

I tre giovani di origine portoricana venivano coinvolti nelle indagini sul triplice omicidio di Windsor Locks solo nell'inverno del 2003, quando uno zio di Martinez, arrestato altrove per questioni di droga, raccontava del coinvolgimento del nipote in quel delitto. Ma la polizia ha anche sostenuto che inizialmente Cipriani veniva rintracciato tramite le dichiarazioni di un uomo d'affari dei dintorni di Windsor Locks. Questi avrebbe riferito che circa due settimane prima degli omicidi aveva visto per due volte un'auto con targa di New York parcheggiata fuori dal negozio di Stears a Windsor Locks. Lo stesso testimone ha dichiarato di aver parlato, la seconda volta, con il conducente (la polizia dice che era Cipriani) e di aver preso nota della targa dell'auto.
All'epoca degli omicidi la polizia rintracciava numerose chiamate tra i telefoni cellulari delle persone coinvolte nel complotto nelle settimane precedenti il triplice omicidio. I tabulati sono stati prodotti davanti alla Corte di Hartford che sta processando Cipriani. Secondo gli agenti del Connecticut già dal 1° luglio 2003 erano partite delle chiamate telefoniche dall'appartamento di Erik Martinez ad Hartford utilizzando una scheda telefonica prepagata attivata da Benedetto Cipriani. (Membri delle compagnie telefoniche sarebbero stati poi chiamati a testimoniare sul funzionamento delle schede telefoniche, sulla rete telefonica cellulare e sui tabulati poi utilizzati dall'ufficio del procuratore contro Cipriani).


Martinez e Guzman hanno confessato i loro diversi ruoli nella vicenda e hanno stipulato accordi con l'ufficio del procuratore distrettuale per evitare, Guzman, la pena di morte e per ottenere, Martinez, una pena che va dai 25 e i 40 anni di reclusione. Anche Castillo ha ammesso il proprio coinvolgimento come accompagnatore di Guzman a Windsor Locks il giorno degli omcidi, è stato processato nel 2007 e condannato al carcere a vita.
I tre giovani hanno raccontato di aver partecipato all’omicidio di tre persone per una somma che va dai 5000 ai 7000 dollari e uno di loro ha precisato che Cipriani promise 1000 dollari in più per ogni altra persona diversa da Stears che avessero dovuto uccidere.

Il processo a Benedetto Cipriani - esaurito l'iter delle udienze preliminari - è iniziato davanti alla Corte Superiore di Hartford (Connecticut) il 4 dicembre 2008 e la vicenda processuale, che ha evidenziato innumerevoli punti oscuri contro l'apparente ma sospetta linearità dei fatti prospettata dalla pubblica accusa, è ora affidata alla giuria dopo le discussioni conclusive del procuratore Dennis O'Connor e dell’avvocato difensore di Cipriani, Dave Compagnone.

"Ragazzi, pensate veramente che io abbia fatto questa cosa?" - chiedeva Cipriani agli agenti che lo scortavano alla Corte di Enfield nel 2007.

Questo certamente pensa il procuratore Dennis O’Connor che durante la discussione finale ha ribadito la versione più semplice – ma anche la meno razionale – dei fatti, dicendo alla giuria che Cipriani voleva la morte di Stears dopo che Shelley aveva rifiutato di lasciare il marito per andare a vivere con lui. Del tutto diversa, naturalmente, la versione del difensore di Cipriani, che ha concluso sostenendo che quantomeno la tesi dell’accusa “puzza di ragionevole dubbio”.

Il tentativo degli avvocati Kaloidis e Compagnone di introdurre nel processo alcuni fatti assai dubbi circa la posizione di Shelley Stears, tuttavia, non ha avuto successo.

La Corte non ha voluto che la giuria venisse erudita sulle voci correnti, cioè su quanto si dice di 100 mila dollari di debiti che Shelley aveva prima degli omicidi, né che venissero approfondite questioni di danaro mancante dalle casse della B&B, come prospettato dalla difesa di Cipriani in sede di controinterrogatorio di Shelley Stears. Altre voci, rimaste fuori dal processo, sono circolate poi sul fatto che dopo gli omicidi la Stears avrebbe incassato 300 mila dollari con una polizza di assicurazione, 100 mila dollari con un'altra polizza, oltre a 80 mila dollari quale quota della B&B. Voci – il condizionale è d'obbligo – ma una cosa si dà per certa, Shelley aveva sentito il bisogno di munirsi di un avvocato per parlare alla polizia dopo gli omicidi, ma il fatto non stupisce osservando, fra l’altro, che la foto di Bobby fornita agli assassini del marito (da Cipriani, secondo l’accusa) proveniva dal computer di Shelley Stears. Nome del file: “meBob”.


"Durante l'interrogatorio del procuratore i giurati hanno saputo che Cipriani conosceva i dettagli del negozio di autoricambi, dove era la cassaforte e quando Stears si recava a giocare a golf. "Diceva di essere in contatto con qualcuno molto vicino", ha dichiarato Martinez".


In realtà se si concede a Cipriani e in certa misura anche ai suoi presunti sicari quel minimo di razionalità e istinto di autoconservazione che imporrebbero a un ipotetico omicida di cercare di garantirsi l'impunità e di non correre verso la forca, la sequela di passi falsi e di punti oscuri di cui è costellata l'operazione omicida dei quattro ha veramente dell'incredibile. La ricostruzione della vicenda operata dall'accusa al processo contro Cipriani è comprensibile solo in un'ottica folle e suicida. E’ l'ottica di chi ha deciso di appaltare al più inaffidabile terzetto di disperati un delitto privo di senso e ha poi deliberatamente scelto di lasciare dietro di sé, in tutta la fase operativa del crimine, ogni possibile indizio del proprio personale coinvolgimento.Un comportamento che - senza considerare le condizioni incidentali inserite nel decreto di estradizione dall’Italia (che escludono la possibilità della pena capitale per Cipriani) - appare essere un vera e propria corsia preferenziale verso l'iniezione letale.

L’apparente assenza di un valido movente, l'allucinata scelta dei sicari, i ripetuti sopralluoghi sul luogo del delitto, l'abbondanza di documentazione fornita agli esecutori materiali (un vero e proprio pacchetto di istruzioni, con foto della vittima designata, fornita da Shelley Stears, planimetria e indicazione della cassaforte), le decine di telefonate tra Cipriani, Martinez e Castillo (ma anche tra Cipriani e Shelley Stears, di cui una alle 18.02 di quel pomeriggio), nelle ore a cavallo del delitto, l’acquisto per strada della pistola utilizzata per gli omicidi e la sua rivendita per 250 dollari, l'efferata esecuzione del triplice omicidio, la fase plateale del presunto pagamento del prezzo del delitto, la promessa di un sovrapprezzo per ogni omicidio diverso da quello di Stears, autorizzano chiunque a pensare che le cose non siano andate come sta per decidere la Corte Superiore di Hartford. In questo crimine manca qualcosa e ci sono tante, tante cose di troppo.

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Aggiornamento, emesso il verdetto.
Come previsto. Il 23 dicembre la giuria popolare presso la Corte Superiore di Hartford, composta da sei uomini e sei donne, ha emesso il verdetto nei confronti di Benedetto Cipriani giudicandolo colpevole di avere organizzato nel 2003 il piano che ha portato alla morte di Robert Stears, Lorne Stevens e Barry Rossi. L'Hartford Courant riferisce che Cipriani ha assistito inespressivo al verdetto pronunciato dal capo della giuria: "guilty", colpevole. Alcuni parenti delle vittime sono scoppiati in lacrime ed altri erano troppo emozionati per parlare. Le reazioni a caldo sembrano comunque adeguate alla logica retributiva che intende lenire con la sofferenza dei colpevoli, o presunti tali, quella - più spesso inguaribile - delle vittime. Alcuni commenti sono stati riportati sempre dal Courant. "E' stato l'inferno e ora possiamo avere pace", ha detto Linda Stevens, vedova di Lorne Stevens. Anne Rossi, vedova di Barry ha osservato: "Ora il nostro cuore ha pace e gioia sapendo che ogni respiro preso dal signor Cipriani, fino al suo ultimo respiro sulla terra, sarà nella cella di un carcere". "E fantastico sono felice che sia finita, che Cipriani abbia chiuso" ha detto piangendo Goldie Stears, sorella di Robert. Si prevede che il giudice Julia Dewey emetta la sentenza a carico di Cipriani il prossimo 17 marzo 2009. L'avvocato Ioannis Kaloidis, del collegio di difesa di Benedetto Cipriani con l'avvocato Dave Compagnone, ha dichiarato di essere deluso dal verdetto e che ora si tratta di far rispettare il decreto di estradizione. L'accordo tra gli USA e il governo italiano, infatti, ha detto Kaloidis, stabilisce con chiarezza che Cipriani, come cittadino italiano, potrà scontare l'intera pena in Italia. Ma in proposito l'ufficio del Procuratore non si è reso disponibile per un commento. "Game over", ha commentato Deborah Haut, sorella di Robert Stears, lasciando l'aula.

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