domenica, agosto 07, 2016

HypothesIS

 Lo Stato Islamico è un accidente di derivazione occidentale originariamente indirizzato ad agevolare la riedizione degli equilibri in Medio Oriente, in particolar modo in Siria contro il governo di Assad e nei confronti dell'Iran e del potente movimento libanese degli Hezbollah. Ne ha favorito la nascita l'intensa attività statunitense di supporto all'egemonia israeliana nell'area mediorientale e di controllo sulle condotte di petrolio iraqeno. La metastasi è stata nutrita in un primo tempo con uomini e mezzi residui dell'invasione in Iraq per opera degli USA, che hanno inteso sfruttare la situazione di fermento popolare sunnita in Siria, poi con forniture indiscriminate a tutti i gruppi jihadisti anti Assad. L'operazione si è inserita nella seconda fase ritardata della scomposizione degli equilibri internazionali elaborata ad opera del neoconservatorismo guerrafondaio israelo-americano, inaugurata a New York nel settembre 2001.

Istituzionale beneficiario del sorgere dell'infezione, in un ruolo parassitario, il regime israeliano ne ha favorito la crescita e lo sviluppo, sia tramite legami con il gruppo salafita di Al-Nusra (violenta formazione jihadista ostile al governo di Assad), sia verosimilmente fornendo mezzi e addestramento o come anello di congiunzione per lo smercio del petrolio proveniente dallo Stato Islamico.

La prima linea di Isis, a fianco del nocciolo originario costituito da frange iraqene e siriane, è costituita da basi virtuali nei paesi del Golfo, che, sempre con le armi e il benestare dell'amico americano ai loro governi, hanno potuto attingere alle sacche di fanatismo wahhabita di casa loro. Contemporaneamente sono stati stimolati e gratificati del marchio Isis, accrocchi periferici anche più lontani e in particolare i disagiati prodotti del passato coloniale europeo.
In Europa i foreign fighters, essenzialmente autodidatti, si sono dimostrati presto disponibili ad aderire con pochissima o nessuna capacità critica alle pretese anche suicide di un'entità fumosa ma nominalmente islamista. Il mostro, creato a tavolino e diffuso quasi fosse un marchio, si è infatti dimostrato naturalmente fluido e come tale ha potuto incollarsi a qualsiasi approssimativa pulsione religiosa, ai centri del malcontento e ad ogni contingente spirito di rivalsa. Nei fatti è risultato elemento catalizzatore della rabbia suscitata dalle sciagurate imprese americane del terzo millennio, capitanate da un incapace come George W. Bush e dai criminali che lo hanno diretto, indirizzato e coadiuvato.

Tant'è, il risultato concreto dell'operazione Isis nel breve periodo è stato quello di agevolare una guerra civile in Siria e resuscitare l'odio di ogni balordo psicopatico armato di bombe, Kalashnikov, camion o coltello, in primo luogo verso gli avversari dell'Islam sciita, poi verso gli oppositori contingenti e infine verso i più vicini europei, visti come clienti del Grande Satana, e i colonizzatori istituzionali. Ovvero, in concreto, andando a colpire laddove si presume faccia più male, pur con qualche significativa eccezione.

L'atteggiamento pragmatico della Russia e la resistenza curda hanno sparigliato un po' le carte andando la prima a colpire e resistendo i secondi al focolaio dello Stato Islamico in Siria. Gli appoggi occidentali alle fazioni di resistenza pseudo popolare al regime di Assad hanno viceversa consentito ad Isis di rafforzarsi, sfruttando il più ampio malessere stabilito in Nord Africa e in Medio Oriente verso un sistema, quello europeo, già provato dalla crisi finanziaria e migratoria, oltre che fisiologicamente incapace di riconoscere i segni della strategia della tensione e le tracce di chi se ne avvantaggia.

Alla delicatezza della situazione si è aggiunta l'opportunistica connivenza petrolifera del governo turco, che ha spiegato i suoi effetti nell'aggressione contro curdi e oppositori, nella apparente stipula di un patto di disinteresse con Israele e in qualche non incidentale ricatto nei confronti dell'Europa.

Manco a dirlo, il burattinesco conato islamista - che non condivide con l'Islam altro che le cinque lettere iniziali - ha favorito l'incipiente deriva destrorsa conseguente alla recessione economica e al liberismo finanziario imposti alla vecchia Europa, oggi facilmente infarcita del razzismo di una minoranza fascistoide allo sbando, ingrassata dalla colpevole ignoranza di larghe fette della popolazione depauperata, incattivita, rimbambita dal culto della sicurezza e della prevenzione e angosciata da ogni ulteriore flusso di migranti in fuga dalla guerra. Flusso che è andato ad aggiungersi a quello convogliato nel Mediterraneo grazie ai sordidi maneggi della Francia e dei suoi mezzani in Libia cinque anni fa.

Non è difficile immaginare chi si giova di questa situazione, visto che il depauperamento economico dell'Europa, derivato dagli artifici politico finanziari mediante redistribuzione di risorse a danno della generalità della gente comune, specularmente avvantaggia i potentati legati alla guerra e al danaro che se ne può ricavare, ovunque esso sia.

Qui intanto si vive alla giornata. In Italia non è evidente una particolare e contingente infiltrazione di fanatici pseudo islamisti e mine vaganti che possa paragonarsi a quella francese e belga. Se poi altri paesi europei godono di condizioni più favorevoli dal punto di vista logistico, ambientale e sociale, di solito elaborate con capacità e lungimiranza, qui viceversa si tira a campare, magari confidando che la delinquenza locale o gli apparati dello stato facciano da argine ad uno spirito islamista vago e poco convincente per qualsiasi detentore di un Q.I. superiore a 40.

Da noi i politici, i balordi e i boiardi raccolgono le briciole e da buoni ladri di polli si accontentano di rubacchiare qui e là e svendere le terga al miglior offerente. E nel frattempo, certamente diretta dallo staterello che ha interesse ad auto definirsi ebraico esplode la colonizzazione politica dove più e meglio si riescono ad ungere ruote, seminare zizzania e infiltrare sicari. Il tutto nella consapevolezza che il mercato americano, per quanto babbeo, minaccia di non durare in eterno nonostante il collaudato sistema di investimenti incrociati tra Israele, la lobby ebraica, una politica cialtrona, avida e approssimativa, i disinvolti piazzisti di forniture e logistica militare e i venditori di petrolio e danaro.

Nella prospettiva di un cambiamento difficilmente valutabile dell'atteggiamento americano e del trend internazionale, la logica israeliana è tradizionalmente quella di portarsi avanti usufruendo della confusione, iniettando una sorta di infezione pseudo-sionista e alimentando qualunque specchietto per le allodole mentre si appropria en passant di quel che resta della Palestina. Così, tramite la lobby europea, annaspa dispiegando tutto il possibile armamentario retorico e una disperata aggressività. Sa che potrebbe essere l'ultima occasione, visto che ben difficilmente lo staterello teppista, malgrado l'abbondanza dei suoi tentacoli, potrà contare su una politica tanto miope, brutale e squilibrata, quanto quella che si immagina venga perseguita dalla attuale indecorosa candidata alla Casa Bianca.

giovedì, luglio 21, 2016

Syrian memo

Pericolo di pace (Friday, October 13, 2006) (stralcio)
«I siriani vennero a Shepherdstown con una disposizione d'animo positiva e flessibile, ansiosi di raggiungere un accordo. Al contrario, Barak, che aveva spinto pesantemente per l'incontro, decise - apparentemente sulla base dei dati dei sondaggi - che aveva bisogno di rallentare il processo per alcuni giorni per convincere l'opinione pubblica israeliana di essere un negoziatore duro. Voleva che io usassi le mie buone relazioni con Shara [ndr. il ministro degli esteri siriano] e con [Hafez al] Assad, per tenerli buoni mentre lui si esponeva il meno possibile durante il periodo di attesa che si era imposto. Fui deluso, per dirla con un eufemismo ...». E' un piccolo assaggio dell'atteggiamento di Ehud Barak caparbiamente finalizzato a mandare a monte i colloqui di pace con la Siria nel gennaio 2000, v. Bill Clinton, My Life, L'ex presidente americano nella sua autobiografia sfata un altro spicchio del mito largamente diffuso dai media occidentali secondo cui furono Assad, prima e Arafat, poi, ad annichilire il percorso di pace subito prima della provocazione di Sharon (poi andato al governo) e della seconda intifada. Piccole cose, piccole persone hanno perpetuato gli insuccessi di ogni presunto tentativo di pacificazione della regione, almeno da Oslo in poi. Mancanza di coraggio e di volontà che devono essere attribuite più alle mezze figure espresse nei Governi israeliani e nell'Autorità palestinese che alla volontà viziata, convogliata, obnubilata e volutamente intorbidita della gente comune. Gente che soffre a causa di gente da poco.

Deja vu (Wednesday, March 02, 2005)
Il presidente siriano Bashar al-Assad, parlando alla stampa ha paragonato la pressione degli USA sul suo paese a quella esercitata con il governo di Baghdad prima dell'invasione dell'Iraq nel 2003, sottolineando che si aspetta un attacco americano al suo paese dalla fine della guerra all'Iraq. Fra le altre cose, dopo aver messo in luce che il suo paese possiede 500 km di confini nel deserto assai difficili da controllare, il presidente siriano ha pure dichiarato di di aver ricevuto ufficiali del dipartimento della difesa USA e di aver discusso il problema dei confini con il Segretario di Stato americano, facendogli constatare che questi (confini) costituiscono un pericolo per la Siria. Ha quindi precisato di aver chiesto a Washington visori notturni e sistemi radar simili a quelli usati dagli americani ai confini con il Messico. Sembra che il medesimo presidente al-Assad abbia proposto in ottobre 2004 la formazione di un pattugliamento congiunto siriano-americano lungo il confine e di essere ancora in attesa di una risposta. Nulla di particolare, non c'è dubbio, queste cose si sono già sentite e lette, anche in Italia nei giorni scorsi, ma sono anche cose facilmente verificabili e si deve ritenere che gli USA non mancheranno di fornire ampie ed esaustive spiegazioni ed eventualmente smentire tali circostanze. Questo, si intende, prima di attaccare la Siria.

Intanto mettiamo qui un [recentissimo] timeline "casalingo" a futura memoria.

28 mar. 2003 - Rumsfeld mette in guardia la Siria chiedendo di interrompere l'invio di equipaggiamenti militari all'Iraq. [albawaba]
3 apr. 2003 - Rumsfeld ribadisce la sua convinzione che la Siria sta aiutando l'Iraq. [Agr]
13 apr. 2003 - Bush dichiara che la Siria ha armi chimiche e avvisa Damasco che "deve cooperare" con Washington contro Saddam Hussein. [albawaba]
14 apr. 2003 - Ari Fleischer dichiara che la Siria ospita terroristi e che è uno stato terrorista. [News24 - South Africa]
31 ott. 2003 - Gli Stati Uniti accusano la Siria di fiancheggiare il terrorismo e di minare la sicurezza in Iraq. "Washington non e' del tutto soddisfatta degli sforzi fatti da Damasco per contrastare il terrorismo. Washington ritiene che la Siria offra rifugio a elementi pericolosi sul proprio territorio". [Agr]
11 nov. 2003 - WASHINGTON, Il Congresso Usa approva sanzioni economiche e diplomatiche contro la Siria, perchè accusata di appoggiare il terrorismo. [ANSA]
10 mag. 2004 - Bush chiede sanzioni economiche contro la Siria perchè supporta il terrorismo e non fa abbastanza per prevenire che combattenti entrino nel vicino Iraq. L'amministrazione USA ritiene che la Siria abbia aggravato la tensione in Medioriente. Gli USA - parole di Bush - stanno ordinando sanzioni contro la Siria "perche non combatte il terrorismo e non si vuole unire [agli USA] nel combattere il terrorismo". [Intervista a Al-Ahram International del Cairo]. [Jerusalem Post]
8 feb. 2005 - Gli insorti in Iraq sarebbero tra i 12 e i 15 mila, fra cui la metà circa, tra i 5 e i 7 mila, costituirebbero il nucleo duro degli "irriducibili" del regime di Saddam Hussein. Lo indicano fonti del Pentagono anonime citate dalla Cnn, che afferma di avere l'informazione in esclusiva. La banda terroristica di Abu Musab al Zarqawi conterebbe un migliaio di elementi, tra cui massimo 500 stranieri (ndr. evidentemente tutti siriani).
16 feb. 2005 - Washington, Il presidente George Bush ha approvato un piano per una politica militare d'aggressione sul confine iraqeno con la Siria. Fonti ufficiali dicono che la Casa Bianca ha approvato un piano che garantirebbe alle forze USA il diritto di perseguire gli "insurgents iraqeni" dentro il territorio siriano. [MENL - MIDDLE EAST NEWS LINE]
17 feb. 2005 - Washington, Gli Stati Uniti non sanno se la Siria sia responsabile dell'attentato nel quale e' morto l'ex premier libanese Rafic Hariri. Lo ha dichiarato il presidente Usa George W. Bush aggiungendo che gli Stati Uniti sostengono l'avvio di un'inchiesta internazionale sull'episodio che lunedi' scorso e' costato la vita a ben 17 persone a Beirut, in Libano. Ai giornalisti Bush ha riferito che la Siria "non e' al passo" con gli altri Paesi del Medioriente, da qui il ritiro dell'ambasciatore americano da Damasco. [Agr]
17 feb. 2005 - Rice: vie diplomatiche con Usa. Per risolvere le divergenze con la Siria, gli Stati Uniti preferiscono le vie diplomatiche, ma non escludono l'uso della forza. Lo ha dichiarato al Senato il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, confermando che il presidente Bush "si riserva tutte le opzioni". Rice ha sottolineato che, dopo le tensioni derivate dall'assassinio del premier libanese Hariri, la Siria deve abbandonare il Libano. [Televideo]

"Cerastes Cerastes" Clinton's email (as simple as that)

UNCLASSIFIED U.S. Department of State Case No. F-2014-20439 Doc No. C05794498 Date: 11/30/2015

«The best way to help Israel deal with Iran's growing nuclear capability is to help the people of Syria overthrow the regime of Bashar Assad.
Negotiations to limit Iran's nuclear program will not solve Israel's security dilemma. Nor will they stop Iran from improving the crucial part of any nuclear weapons program — the capability to enrich uranium. At best, the talks between the world's major powers and Iran that began in Istanbul this April and will continue in Baghdad in May will enable Israel to postpone by a few months a decision whether to launch an attack on Iran that could provoke a major Mideast war.
Iran's nuclear program and Syria's civil war may seem unconnected, but they are. For Israeli leaders, the real threat from a nuclear-armed Iran is not the prospect of an insane Iranian leader launching an unprovoked Iranian nuclear attack on Israel that would lead to the annihilation of both countries. What Israeli military leaders really worry about -- but cannot talk about -- is losing their nuclear monopoly. An Iranian nuclear weapons capability would not only end that nuclear monopoly but could also prompt other adversaries, like Saudi Arabia and Egypt, to go nuclear as well. The result would be a precarious nuclear balance in which Israel could not respond to provocations with conventional military strikes on Syria and Lebanon, as it can today.
If Iran were to reach the threshold of a nuclear weapons state, Tehran would find it much easier to call on its allies in Syria and Hezbollah to strike Israel, knowing that its nuclear weapons would serve as a deterrent to Israel responding against Iran itself» (...)

«Bringing down Assad would not only be a massive boon to Israel's security, it would also ease Israel's understandable fear of losing its nuclear monopoly. Then, Israel and the United States might be able to develop a common view of when the Iranian program is so dangerous that military action could be warranted. Right now, it is the combination of Iran's strategic alliance with Syria and the steady progress in Iran's nuclear enrichment program that has led Israeli leaders to contemplate a surprise attack — if necessary over the objections of Washington. With Assad gone, and Iran no longer able to threaten Israel through its, proxies, it is possible that the United States and Israel can agree on red lines for when Iran's program has crossed an unacceptable threshold. In short, the White House can ease the tension that has developed with Israel over Iran by doing the right thing in Syria».