Lo Stato Islamico è un accidente di derivazione occidentale originariamente indirizzato ad agevolare la riedizione degli equilibri in Medio Oriente, in particolar modo in Siria contro il governo di Assad e nei confronti dell'Iran e del potente movimento libanese degli Hezbollah. Ne ha favorito la nascita l'intensa attività statunitense di supporto all'egemonia israeliana nell'area mediorientale e di controllo sulle condotte di petrolio iraqeno. La metastasi è stata nutrita in un primo tempo con uomini e mezzi residui dell'invasione in Iraq per opera degli USA, che hanno inteso sfruttare la situazione di fermento popolare sunnita in Siria, poi con forniture indiscriminate a tutti i gruppi jihadisti anti Assad. L'operazione si è inserita nella seconda fase ritardata della scomposizione degli equilibri internazionali elaborata ad opera del neoconservatorismo guerrafondaio israelo-americano, inaugurata a New York nel settembre 2001.
Istituzionale beneficiario del sorgere dell'infezione, in un ruolo parassitario, il regime israeliano ne ha favorito la crescita e lo sviluppo, sia tramite legami con il gruppo salafita di Al-Nusra (violenta formazione jihadista ostile al governo di Assad), sia verosimilmente fornendo mezzi e addestramento o come anello di congiunzione per lo smercio del petrolio proveniente dallo Stato Islamico.
La prima linea di Isis, a fianco del nocciolo originario costituito da frange iraqene e siriane, è costituita da basi virtuali nei paesi del Golfo, che, sempre con le armi e il benestare dell'amico americano ai loro governi, hanno potuto attingere alle sacche di fanatismo wahhabita di casa loro. Contemporaneamente sono stati stimolati e gratificati del marchio Isis, accrocchi periferici anche più lontani e in particolare i disagiati prodotti del passato coloniale europeo.
In Europa i foreign fighters, essenzialmente autodidatti, si sono dimostrati presto disponibili ad aderire con pochissima o nessuna capacità critica alle pretese anche suicide di un'entità fumosa ma nominalmente islamista. Il mostro, creato a tavolino e diffuso quasi fosse un marchio, si è infatti dimostrato naturalmente fluido e come tale ha potuto incollarsi a qualsiasi approssimativa pulsione religiosa, ai centri del malcontento e ad ogni contingente spirito di rivalsa. Nei fatti è risultato elemento catalizzatore della rabbia suscitata dalle sciagurate imprese americane del terzo millennio, capitanate da un incapace come George W. Bush e dai criminali che lo hanno diretto, indirizzato e coadiuvato.
Tant'è, il risultato concreto dell'operazione Isis nel breve periodo è stato quello di agevolare una guerra civile in Siria e resuscitare l'odio di ogni balordo psicopatico armato di bombe, Kalashnikov, camion o coltello, in primo luogo verso gli avversari dell'Islam sciita, poi verso gli oppositori contingenti e infine verso i più vicini europei, visti come clienti del Grande Satana, e i colonizzatori istituzionali. Ovvero, in concreto, andando a colpire laddove si presume faccia più male, pur con qualche significativa eccezione.
L'atteggiamento pragmatico della Russia e la resistenza curda hanno sparigliato un po' le carte andando la prima a colpire e resistendo i secondi al focolaio dello Stato Islamico in Siria. Gli appoggi occidentali alle fazioni di resistenza pseudo popolare al regime di Assad hanno viceversa consentito ad Isis di rafforzarsi, sfruttando il più ampio malessere stabilito in Nord Africa e in Medio Oriente verso un sistema, quello europeo, già provato dalla crisi finanziaria e migratoria, oltre che fisiologicamente incapace di riconoscere i segni della strategia della tensione e le tracce di chi se ne avvantaggia.
Alla delicatezza della situazione si è aggiunta l'opportunistica connivenza petrolifera del governo turco, che ha spiegato i suoi effetti nell'aggressione contro curdi e oppositori, nella apparente stipula di un patto di disinteresse con Israele e in qualche non incidentale ricatto nei confronti dell'Europa.
Manco a dirlo, il burattinesco conato islamista - che non condivide con l'Islam altro che le cinque lettere iniziali - ha favorito l'incipiente deriva destrorsa conseguente alla recessione economica e al liberismo finanziario imposti alla vecchia Europa, oggi facilmente infarcita del razzismo di una minoranza fascistoide allo sbando, ingrassata dalla colpevole ignoranza di larghe fette della popolazione depauperata, incattivita, rimbambita dal culto della sicurezza e della prevenzione e angosciata da ogni ulteriore flusso di migranti in fuga dalla guerra. Flusso che è andato ad aggiungersi a quello convogliato nel Mediterraneo grazie ai sordidi maneggi della Francia e dei suoi mezzani in Libia cinque anni fa.
Non è difficile immaginare chi si giova di questa situazione, visto che il depauperamento economico dell'Europa, derivato dagli artifici politico finanziari mediante redistribuzione di risorse a danno della generalità della gente comune, specularmente avvantaggia i potentati legati alla guerra e al danaro che se ne può ricavare, ovunque esso sia.
Qui intanto si vive alla giornata. In Italia non è evidente una particolare e contingente infiltrazione di fanatici pseudo islamisti e mine vaganti che possa paragonarsi a quella francese e belga. Se poi altri paesi europei godono di condizioni più favorevoli dal punto di vista logistico, ambientale e sociale, di solito elaborate con capacità e lungimiranza, qui viceversa si tira a campare, magari confidando che la delinquenza locale o gli apparati dello stato facciano da argine ad uno spirito islamista vago e poco convincente per qualsiasi detentore di un Q.I. superiore a 40.
Da noi i politici, i balordi e i boiardi raccolgono le briciole e da buoni ladri di polli si accontentano di rubacchiare qui e là e svendere le terga al miglior offerente. E nel frattempo, certamente diretta dallo staterello che ha interesse ad auto definirsi ebraico esplode la colonizzazione politica dove più e meglio si riescono ad ungere ruote, seminare zizzania e infiltrare sicari. Il tutto nella consapevolezza che il mercato americano, per quanto babbeo, minaccia di non durare in eterno nonostante il collaudato sistema di investimenti incrociati tra Israele, la lobby ebraica, una politica cialtrona, avida e approssimativa, i disinvolti piazzisti di forniture e logistica militare e i venditori di petrolio e danaro.
Nella prospettiva di un cambiamento difficilmente valutabile dell'atteggiamento americano e del trend internazionale, la logica israeliana è tradizionalmente quella di portarsi avanti usufruendo della confusione, iniettando una sorta di infezione pseudo-sionista e alimentando qualunque specchietto per le allodole mentre si appropria en passant di quel che resta della Palestina. Così, tramite la lobby europea, annaspa dispiegando tutto il possibile armamentario retorico e una disperata aggressività. Sa che potrebbe essere l'ultima occasione, visto che ben difficilmente lo staterello teppista, malgrado l'abbondanza dei suoi tentacoli, potrà contare su una politica tanto miope, brutale e squilibrata, quanto quella che si immagina venga perseguita dalla attuale indecorosa candidata alla Casa Bianca.
domenica, agosto 07, 2016
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