giovedì, febbraio 23, 2006

Nessuno è innocente

"Un addetto del Direttorato della Salute ci prese e ci portò ad intervistare l'autista, Sabah Khazal Kareem, nella sua casa di Nassiriya. Lui fu sorpreso del fatto che un giornalista occidentale mostrasse interesse per quella storia. Essendo sopravvissuto con ferite non gravi alle gambe, era amareggiato per quel che era successo. La sua era stata la prima ambulanza giunta sulla scena per soccorrere i sopravvissuti all'attacco al quartier generale italiano del novembre passato, facendo cinque viaggi all'ospedale con soldati italiani feriti. Si considerava un amico degli italiani. Per una sorprendente coincidenza, era lui il celebre autista che aveva soccorso Jessica Lynch, sempre nell'ambulanza numero dodici, trasportandola dal Mukhabarat, la sede della polizia segreta irachena, all'ospedale di Nassiriya. Ci mostrò molte lettere di ringraziamento del pfc (private first class - caporale scelto) Lynch, che aveva ricevuto per il suo buon lavoro. [...] Amir ed io ci dirigemmo verso Nassiriya per intervistare il direttore dell'ospedale, ma lui non era in sede. Invece il capo della sorveglianza dell'ospedale ci condusse a riprendere i corpi dei componenti della famiglia che era stata sterminata. Erano conservati in un locale frigorifero dietro l'ospedale. In Islam si usa seppellire il morto entro ventiquattrore, ma dal momento che l'intera famiglia era stata sterminata, l'ospedale aveva difficoltà a rintracciare un parente che reclamasse i corpi. Mi coprii la bocca con un fazzoletto e tentai varie volte di effettuare la ripresa all'interno del locale frigorifero. Il fetore era così violento che potevo girare solo pochi secondi alla volta. I corpi avevano subito severe ustioni, un ammasso scuro di carne carbonizzata e maciullata avvolta dagli indumenti [...] «Il baby», disse la guardia in inglese, indicando qualcosa [...] Il direttore dell'ospedale incappò in noi mentre attraversavamo il cortile. Tirò Amir [ndr l'interprete di Micah Garen] da parte e gli parlò con aria severa, in arabo. Amir si dette da fare per placarlo, e lui ritornò al suo ufficio in nostra compagnia. «E' tutto a posto», mi rassicurò Amir. E poi a voce bassa continuò: «Dice che saremmo dovuti passare da lui, prima di riprendere i corpi. Non vuole grattacapi di alcun tipo. Non vuole guastare le sue relazioni con gli italiani»." Sono solo alcuni brevi passi del libro "American Hostage" di Micah Garen e Marie-Hélène Carleton, Ed. Simon & Schuster, New York 2006 pubblicati sul Manifesto di oggi, pag. 11. Nella foto, scattata da Micah Garen e tratta dal libro originale, vediamo i resti dell'ambulanza. Su blogfriends l'autista Sabah Khazal Kareem che mostra una lettera di ringraziamento di Jessica Lynch. (Discussione sulla Torre di Babele)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ci risiamo. Facciamo un caso gigantesco su un episodio isolato riguardante i nostri militari, mentre si glissa sui quotidiani e voluti massacri perpetrati dalla cosiddetta resistenza irachena.
Nel giudicare questo brutto episodio deve tener conto delle circostanze, ovvero l'autoambulanza s'è infilata in un ponte su cui fino a poca prima si combatteva ed ha puntato a grande velocità verso le postazioni italiane (e purtroppo non poteva essere altrimenti, dato l'urgenza del parto). Considerato che autoambulanze sono già state usate in alcune occasioni come autobombe, e ancor più spesso come mezzi di trasporto di guerriglieri o per evacuare miliziani feriti, penso che i nostri soldati che si sono visti spuntare dall'oscurità questo mezzo a tutta velocità non avevano molte opzioni.

pipistro ha detto...

Ci risiamo e ci risaremo sempre. Una intera famiglia massacrata dai nostri militari in un'ambulanza è un "episodio gigantesco" (per quanto si voglia credere isolato). Abbiamo visto e ascoltato la disinteressata sufficienza con cui si faceva il tiro al bersaglio proprio da quelle parti. E quello è affar nostro. Sarà invece la storia a fare giustizia della resistenza all'occupazione, tributando con pari ipocrisia, come è sempre stato, medaglie ai vincitori e patibolo ai vinti.

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