giovedì, luglio 13, 2006
Libano, venti di guerra
Libano sotto attacco, 13 luglio 2006. I caccia F 16 israeliani hanno attaccato l'aeroporto di Beirut e l'autostrada tra Beirut e Damasco. Minacciano di attaccare quartieri residenziali della capitale libanese. Più di cinquanta vittime civili, finora. Esistono parole come "sdegno" e "condanna" che le diplomazie occidentali disconoscono qualora implichino un giudizio deteriore sul comportamento dello Stato ebraico. Anche in virtù di questo atteggiamento l'establishment israeliano ha potuto costruire nel tempo, pressochè indisturbato, un muro di odio tra la sua gente - priva di colpa se non per l'acritico allineamento, generale miopia verso la propaganda e le menzogne - e il mondo arabo. Un muro assai più alto di quello imposto all'interno dei territori di Palestina illegittimamente occupati. Perpetuando anche sotto questo profilo la pluridecennale umiliazione di un popolo spossessato della propria terra. Esaurito da tempo il credito morale derivato dalla malattia occidentale che diede origine e fornì nutrimento alla Shoah, con piccole e grandi connivenze e nel silenzio omertoso dei governi europei, Israele ha costruito la propria prigione e come una belva ferita ha restituito infine violenza, sofferenza e prevaricazione. E lo fa ancora oggi a fronte della propria agonia demografica. Un piccolo stato che disconosce il diritto internazionale e trascura la sofferenza quotidiana che impone al popolo di Palestina e alla sua stessa gente. Un piccolo stato fondato sull'apartheid e dotato di una democrazia nominale che sulla propria macchina bellica, ma sui danari d'oltreoceano, ha fondato l'idea di poter imporre la propria "pax israeliana", la pace alle condizioni dettate dal più forte. Le condizioni che pretendono di guadagnare sicurezza senza passare per la giustizia. Un piccolo stato che sta seduto su centinaia di testate nucleari, si è dotato di un potenziale bellico imponente, di un esecutivo dalla retorica arrogante e irresponsabile e non perde occasione per rappresentare la propria natura di mina vagante, una spada di Damocle sospesa sul medioriente e sul mondo, oltre che una minaccia per la difficile esistenza dei suoi stessi cittadini. Non è più Davide - non lo è stato neppure nel 1948 (si legga la consistenza e distribuzione di uomini, mezzi e armamenti in "Vittime" di Benny Morris) - e minaccia di essere Sansone. Ma chi sono i filistei?
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2 commenti:
Beirut 1981-2001
Di seguito è la descrizione dell'attacco israeliano sul Libano, su Beirut, del luglio 1981. I presupposti sono parzialmente diversi e il motivo, o il pretesto, che scatena l'odierna pioggia di fuoco, distruzione e morte sul Paese dei cedri è forse incidentale, ma la base è la stessa. Il che induce ad una amara riflessione. Dal 1981, prima attraverso le assurdità programmatiche di Oslo (che pure avevano acceso le speranze di due popoli sofferenti), poi con la tentata truffa di Camp David e i collaterali ripensamenti di Taba, infine con la irrealizzabile Road Map, nata già morta, il presunto percorso di pacificazione della Regione non ha fatto un passo. E non sembra verosimile che lo scenario del conflitto si sia spostato a caso sul fronte libanese esattamente 25 anni dopo quel luglio del 1981. Quasi fosse una celebrazione nel sangue di promesse non mantenute, di ambiguità, di incapacità, di arroganza.
"Il mese di luglio del 1981 è caratterizzato da importanti operazioni militari israeliane contro i palestinesi. Il 10, i caccia dell'aviazione bombardano obiettivi dell'Olp nel Libano meridionale e a sud di Beirut. Arafat, che teme rappresaglie, ordina di non rispondere. Gli attacchi proseguono per sei giorni, raggiungendo l'apice il 16 luglio, giorno in cui decine di località libanesi vengono duramente bombardate. Quando l'Olp replica, lanciando alcuni razzi contro la città di Nahariyya, nel nord di Israele, l'esercito israeliano bombarda settori civili molto popolati di Beirut, Fakahani in particolare, dove si trovano gli uffici dell'Olp e i campi profughi di Sabra e Shatila, veri e propri quartieri palestino-libanesi. Il «venerdì nero» di Beirut causerà 200 morti - oltre a 600 feriti -, un centinaio dei quali restano sotto le macerie del palazzo che ospita la sede principale dell'Olp, completamente abbattuta. La maggior parte delle vittime è libanese, tra cui molti giovani, perchè nel quartiere è ubicata l'università araba di Beirut". (Amnon Kapeliouk - Arafat L'irriducibile - pag. 170)
ti ho trovato!
un bacio da
biancaneve
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