E' ora di credere alle dichiarazioni sui crimini di guerra commessi a Gaza, titola Haaretz del 24 marzo 2009. Amira Hass ci racconta che il Capo di stato maggiore Gabi Ashkenazi ha difficoltà a credere alle testimonianze rese dai soldati che hanno partecipato al massacro di Gaza, ai racconti di chi afferma di avere deliberatamente colpito civili palestinesi del tutto inermi. E si rifiuta di crederlo perchè - ha dichiarato due giorni fa - l'IDF è un esercito morale. Ma dovendo aggiungere che i suoi soldati "non hanno ragioni per mentire", la conseguenza è stata per Ashkenazi quella di rito: se non mentono si tratta di incidenti isolati. E' la solita storia, quella di Abu Ghraib e di mille altre volte, quella di sempre, la favola delle mele marce. E non fa niente se questi racconti già filtravano da Gaza nel mese della strage dei civili assediati, se un gran numero di attivisti e di medici, se i giornalisti presenti sul campo ce lo raccontavano giorno per giorno e se, poi, le stesse denunce sono arrivate dalla Croce Rossa, da Amnesty, da Human Rights Watch, dalle agenzie dell'ONU.
Certamente le normali concubine aggregate alle milizie dell'esercito di occupazione israeliano scatenato contro una massa di civili non ne hanno parlato, né avrebbero potuto parlarne se avessero voluto. Ma non vi è dubbio che non hanno voluto. Quindi la favola di Ashkenazi, quella delle mele marce, è pronta per le apologie delle poco dignitose badanti di Tsahal, per gli inviati da albergo di lusso e giubbotto imbottito, per i pennivendoli e per gli affiliati. Cioè per quelli che hanno disegnato come se si trattasse di una guerra un massacro unilaterale e possono ben omettere, ora, i particolari della rabbia militare israeliana senza darsi pena del fatto che i loro racconti e le loro omissioni vengano sbugiardati dai maggiori quotidiani dello Stato ebraico (Ha'aretz nella versione in lingua originale, ma, forse con qualche ritaglio, anche in quella inglese, ha pubblicato ampi ed inconfessabili resoconti di militi dell'IDF più o meno consapevoli delle atrocità testimoniate), o possono deviare rapidamente l'attenzione ed alzare la mira, ritornando alle collaudate "veline" sulle minacce esistenziali e sulla bomba iraniana per annacquare il quadro dei crimini compiuti e della morte regalata a beneficio della permanenza in Palestina di un ingiustificato ed illegittimo status quo.
Ma tra le righe delle notizie di questi giorni, quelle dei più ampi bilanci e dei postumi della folle "punizione" di Gaza, non ci viene risparmiato l'affronto assoluto all'umanità e alla storia. Dal cappello della vergogna si estrae l'ultima giustificazione, quella che non avrebbe più dovuto essere presentata, per lo meno non al mondo che ha vissuto Norimberga. A colorare la fiaba degli episodi isolati, stemperando contemporaneamente le relative responsabilità verso chi appare un probabile quanto irraggiungibile - e quindi teorico - capro espiatorio, si è detto che questi soldati eseguivano gli ordini ricevuti. Ordini che diventeranno poi errori, malintesi ed effetti collaterali ("born of war, not by design").
E le mele marce, piagnucolando da un cestino che appare corrotto nelle sue intime fibre, avranno infine ed ancora una volta dato la colpa al verme, che non c'è.
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http://www.haaretz.com/hasen/objects/pages/PrintArticleEn.jhtml?itemNo=1073469
http://www.richardsilverstein.com/tikun_olam/2009/03/20/idf-testimony-of-possible-war-crimes/
http://www.richardsilverstein.com/tikun_olam/2009/03/18/idf-soldiers-admit-shoot-to-kill-orders-against-gaza-civilians/
http://www.guardian.co.uk/world/2009/mar/23/israel-gaza-war-crimes-guardian
http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/middle_east/article5601177.ece
mercoledì, marzo 25, 2009
martedì, marzo 17, 2009
Durban II, le torbide acque del negoziato
Prefazione. Il 19 febbraio 2004 compariva su Ha'aretz un articolo intitolato significativamente "Una lobby ebraica americana all'Unione Europea". Raccogliamo qualche riga di quella illuminante presentazione.
"Bruxelles - Lo scorso giovedì si è tenuta una serata di gala per celebrare l'apertura del Transatlantic Insitute, un istituto ebraico di ricerca, il cui scopo dichiarato è niente altro che quello di rafforzare i legami tra gli Stati Uniti e i paesi dell'Unione Europea (lo scopo non dichiarato è di essere utilizzato come lobby)". E via dicendo ...nulla di nuovo, come testimoniano analoghe iniziative degli ultimi anni dell'Europa dell'Unione (cfr. su questo blog Lobbytuaries e Tentacolando).
Più interessanti, in quel pezzo, le disinvolte istruzioni utili per far presa sui burocrati del vecchio continente, apparentemente - dicono - meno naïf dei loro omologhi americani.
"Bruxelles è la capitale dell'Europa (sic) e il suo potere cresce di giorno in giorno" dice Maram Stern, che dirige l'ufficio del World Jewish Congress nella UE. L'ufficio è personalmente sovvenzionato dal multi milionario ebreo Edgar Bronfman e Stern lo ha diretto dalla sua apertura, quasi venti anni fa. Se Washington è la città dei rappresentanti pubblicamente eletti - dice Stern - "Bruxelles è la capitale dei burocrati e la chiave del successo nelle attività di lobbying sta qui nel capire la loro mentalità. Nessuno qui si preoccupa troppo su chi ti manda o chi ti sovvenziona. A Washington ti presenti come lobbyista filo israeliano e chiedi un incontro di 45 minuti con un senatore per spiegargli perchè dovrebbe sostenere gli interessi di Israele. A Bruxelles non puoi presentare le cose in modo così diretto. Devono venire fuori alla fine di una cena e verso la fine della conversazione dopo che hai offerto il tuo aiuto all'interlocutore su una varietà di altre questioni".
Orrore! Non è stupefacente che lo si pensi (e che lo si faccia), è stupefacente che lo si metta nero su bianco e che nessuno si dia pena di notarlo.
Ma forse è una nuance. In Europa nessuno si sogna di dare diffusione alle pubbliche dichiarazioni di personaggi come John Bolton, ex ambasciatore degli Stati Uniti all'ONU, ben noto per le sue intemperanze filo israeliane, che può ancora oggi estrapolare dal suo repertorio a beneficio dei media perle di inusitato valore, dicendo - per esempio - che la fissazione dell'amministrazione Obama di risolvere il conflitto tra Israele e i palestinesi come mezzo per raggiungere pace e stabilità in Medio Oriente costituisce "una cattiva notizia per Israele e per l'America". Per noi la cattiva notizia è che Bolton possa rilasciare interviste.
Transeat (diciamo così) e passiamo oltre.
Italia, Corriere della Sera on line, 16 marzo 2009. Due stralci sull'intervento italiano per sottrarre dal documento di Durban prossimo venturo i riferimenti ad Israele e alla politica israeliana nei territori palestinesi.
Il titolo, che sembra voler essere autoreferenziale quasi a porre il bel paese come faro per altri e più riottosi partecipanti all'Unione, già dice molto: "Altri Paesi hanno seguito l'Italia. La prima bozza accusava Israele di fare apartheid. Razzismo, la Ue trova un fronte comune. L'Unione potrebbe ritirarsi dalla conferenza Onu di Ginevra se non verrà modificato il testo sul razzismo".
Ma il cuore dell'articolo è più interessante.
"...L'Unione Europea presenterà a Ginevra un nuovo testo, messo a punto dall'Olanda, per la conferenza dell'Onu Durban II. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a margine del consiglio europeo che ha chiamato a raccolta i ministri degli esteri dei 27 Stati della Ue, rilevando che questa iniziativa potrebbe modificare la posizione italiana che aveva deciso di abbandonare i lavori preparatori della conferenza per alcune frasi «antisemite» contenute nella bozza. In particolare, non erano piaciuti i riferimenti ad Israele e alla politica che Gerusalemme conduce nei territori palestinesi, definita nel testo originario «una violazione dei diritti umani internazionali, un crimine contro l'umanità e una forma contemporanea di apartheid» [...] "Il nuovo testo, ha spiegato ancora il ministro Frattini, «non menziona temi offensivi e controversi come approcci antisemiti o limitativi della libertà di espressione». Frattini a Bruxelles ha spiegato che «i colleghi Ue hanno concordato su quel testo, e se diverrà il testo negoziale della conferenza l'Italia sarà pronta a rientrare» nei preparativi della conferenza. Il ministro comunque ha spiegato di non essere «nè sicuro nè ottimista», ma si è detto soddisfatto che «il gesto dell'Italia è quello che più ha smosso le torbide acque del negoziato».".
Abbiamo una mezza idea di quanto hanno detto sull'argomento, fra una pletora di politici, studiosi ed intellettuali di ogni continente, personaggi del calibro di Desmond Tutu e Jimmy Carter. Ça suffit.
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http://www.haaretz.com/hasen/pages/ShArt.jhtml?itemNo=395916&contrassID=13
http://pipistro.blogspot.com/2006/11/lobbytuaries.html
http://pipistro.blogspot.com/2007/05/tentacolando.html
http://www.haaretz.com/hasen/spages/1070961.html
lunedì, marzo 16, 2009
Israele, destra ed estrema destra al governo
In Israele il partito di destra Likud, capeggiato da Benyamin Netanyahu, premier designato dal presidente Peres, ha raggiunto un accordo di coalizione con la formazione di estrema destra Yisrael Beitenu (guidata da Avigdor Lieberman, qualificato razzista e fascista all'interno della stessa Knesset, il parlamento israeliano). In base a questo accordo sarebbero affidati all'estrema destra di Yisrael Beitenu il ministero degli Esteri, della Sicurezza interna, delle Infrastrutture, del Turismo e dell'Integrazione.
Richiesto di un commento su questo patto preliminare di Netanyahu con l'estrema destra, Javier Solana ha dichiarato oggi che l'Unione Europea è disposta a collaborare come di consueto con il governo israeliano se questo rimarrà impegnato nel processo di pace per raggiungere una "soluzione a due stati" con i palestinesi. In generale, infatti, le autorità della UE hanno espresso preoccupazione sulla genuinità dell'impegno di Netanyahu a proseguire le trattative di pace.
Ancora più netta la reazione egiziana. Il ministro degli esteri Ahmed Aboul Gheit ha dichiarato senza mezzi termini che un governo di destra in Israele è un pericolo per il processo di pace.
Quanto all'ingresso di Lieberman e del suo movimento al potere, sembra utile ricordare le parole del leader laborista dimissionario, Ophir Pines-Paz, che ha a suo tempo affermato che il passato di Avigdor Lieberman - oggi candidato ministro degli esteri - è contaminato da "dichiarazioni razziste e da dichiarazioni che minano il carattere democratico di Israele".
Più tiepida, naturalmente, la reazione di chi nell'apologia di un processo di pace più volte negato e tradito e di una soluzione a due stati, forse anacronistica, non vede altro che l'incapacità della dirigenza israeliana di scegliere tra l'adempimento degli obblighi derivanti allo Stato ebraico dal diritto internazionale e la pervicacia con cui sono state sabotate tutte le possibili ipotesi di ragionevole - se non giusta - composizione del conflitto israelo palestinese.
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