venerdì, gennaio 27, 2006

Elezioni in Palestina


«Israele non potrà accettare una situazione in cui il movimento Hamas, nella sua attuale struttura di organizzazione terroristica che vuole la distruzione dello Stato d'Israele, diventi parte dell'Autorità nazionale palestinese e non sia disarmato. Lo ha detto il premier ad interim israeliano, Olmert, il 25 gennaio 2006. Nel comunicato emesso, Olmert sottolinea che "Israele non condurrà negoziati con il governo palestinese se questo non onorerà l'obbligo fondamentale di combattere contro il terrorismo"». Ha detto la parola magica. In possesso dei risultati elettorali e al di là di quello che in concreto si possa pensare e delle strategie da seguire, è una dichiarazione volutamente umiliante, prematura, inopportuna. Gli integralisti di Hamas non attirano simpatie, anzi sono stati e sono una micidiale e strumentalizzata sciagura, un alibi imbattibile. Ma con un altissima affluenza alle urne, vanno oggi verso il 44% (dato incerto fino all'ultmo) dei consensi. Pochi per suo merito, molti per volontà di Israele e per colpa di Fatah e della corrotta dirigenza palestinese. Il che dovrebbe far pensare. Se questa è la strada per galleggiare politicamente in Israele, non lo è per ottenere un risultato sbandierato e diverso. Ma è funzionale per tenere in vita fino alle estreme conseguenze e costi quel che costi una specie di frontiera a senso unico sul carcere a cielo aperto di Gaza e considerare ancora i confini aperti sino a dove riusciranno a portare le rappresaglie, il muro, l'incremento delle colonie, la miseria e la sottrazione di terra occupata nei confronti di una popolazione compressa sino all'esplosione, miserabile ed umiliata. Finchè i numeri lo consentiranno.
«Una replica indiretta è arrivata dal portavoce di Hamas nella Striscia di Gaza, Sami Abu Zuhri ... "Quando Israele, l’occupante, riconoscerà i nostri diritti e si ritirerà dai nostri Territori - ha detto - , allora saremo disposti a riconoscerne il diritto all’esistenza e togliere dal nostro statuto l’articolo che ne chiede la distruzione"». Con le maggioranze in gioco è fatale l'annacquamento politico di Hamas. Israele può sempre cercare di metterci una pezza per rimanere sul piano del conflitto a oltranza. Basta urlare abbastanza forte che pur con una percentuale di votanti che si aggira forse sul 50% i fiancheggiatori di Hamas siano tutti terroristi. Non credo sia il caso di dare una mano a questo tipo di propaganda.
L'OLP si era già avvicinato al tavolo delle trattative quando Israele ritenne di appoggiare i "fratelli musulmani" (sovvenzionati dall'arabia saudita) che già disponevano di una parte armata (Jihad Islamica) e diedero poi vita, nel dicembre 1987, al movimento (islamico) di Hamas. Il "giochino", partito per delegittimare l'OLP, andò poi fuori controllo, visto che da una parte si moltiplicarono le operazioni del braccio armato di Hamas (Brigate Ezzedin al Qassam) e dall'altra il movimento acquistò una forte presa sulla popolazione da un punto di vista sociale e religioso. Gridare al "terrorismo" da parte della dirigenza israeliana in un momento di generalizzata (e accesa) partecipazione politica palestinese è inqualificabile e poco lungimirante è - a mio avviso - farsi portavoce di propaganda populista in un momento in cui il tifo da stadio non può essere sostituito al ragionamento. Tanto più che Fatah starebbe avanzando opposizioni (di facciata?) all'ipotesi di un governo con Hamas.
«Il movimento islamico Hamas, vincitore delle elezioni legislative palestinesi, si è detto pronto a cooperare con al Fatah e ha affermato che presto cominceranno le consultazioni col presidente Abu Mazen per la formazione di un nuovo governo palestinese.Lo afferma il capolista di Hamas alle elezioni, Haniyeh. Al Fatah ha respinto l'offerta di cooperazione da parte di Hamas: "Fatah non andrà al governo con Hamas". Lo ha annunciato una fonte del partito del presidente Abu Mazen». Questa la reazione dell'Unione Europea. «I risultati definitivi del voto palestinese potrebbero portare l'Ue a confrontarsi «con una situazione completamente nuova che dovrà essere analizzata» dal Consiglio dei ministri degli Esteri, che si terrà lunedì prossimo a Bruxelles. Lo ha rilevato l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Ue Javier Solana, il quale ha accolto positivamente che i palestinesi abbiano votato «democraticamente e pacificamente», sottolineando che «l'Unione europea ha sostenuto il tranquillo svolgimento di queste elezioni». «La posizione dell'Ue a sostegno del riconoscimento di Israele e di una soluzione pacifica negoziale che porti a due Stati è ben nota», ha aggiunto Solana, secondo il quale l'Ue attende «una conferma» dei risultati elettorali palestinesi. «L'Ue - ha osservato - esprimerà le sue opinioni e le prospettive di cooperazione col futuro governo palestinese alla luce della discussione e degli sviluppo in loco». Prevedibile la replica del governo israeliano: 18:12 Haaretz News Flashes - Israele sollecita l'Unione Europea ad opporsi al "governo terrorista" dopo la vittoria di Hamas. Alle 19:18 Haaretz News Flashes riferisce i risultati finali alle elezioni in Palestina: Hamas ottiene 76 seggi, Fatah 43.
Leggevo questo breve flash di agenzia su Haaretz di stasera 22:53 «Il deputato Eitam suggerisce che Israele assassini i membri della lista di Hamas (Israel Radio)» e che Olmert (primo ministro f.f. e rappresentante del Kadima) ignorerà un governo retto da Hamas e lo considererà irrilevante. Alla proposta sugli assassini non potevo credere e invece ne ho avuto conferma leggendo poche righe su Yediot Ahronot. Sono posizioni che risultano uno schiaffo al voto di metà della popolazione palestinese. Certo, il Presidente Moshe Katsav è possibilista in ordine ad una negoziazione con l'autorità palestinese purchè Hamas rinunci alla resistenza armata e riconosca il diritto di Israele ad esistere. In altri termini, se anche Hamas deporrà le armi per accettare al buio la pax USA/israeliana sotto il giogo dell'esercito occupante. Ci si dovrebbe chiedere cosa possa portare Hamas a perseguire la strada già fatta a pezzi da Barak a Camp David e triturata da Sharon prima del suo tardivo pragmatismo. E ci si chiede, oltre alle parole, cosa metta sul piatto della bilancia in questo momento di relativa calma il governo israeliano. Questo ben potrebbe approfittare - se volesse (ma sarebbe una novità) - della neonata presa di posizione politica del movimento e soprattutto dell'ampio consenso, che ben altri problemi potrebbe comportare qualora lo scarso substrato confessionale sottostante l'ascesa di Hamas si trasformasse in affamata rassegnazione alla logica fondamentalista.
Il 26 gennaio 2006 si chiude sulla vittoria di Hamas alle elezioni in Palestina. Alle 22:42 sappiamo che: «Una bambina palestinese di nove anni è stata uccisa, raggiunta da colpi di arma da fuoco sparati da soldati israeliani vicino alla frontiera con lo stato ebraico, nel sud della Striscia di Gaza. Lo si apprende da fonti ospedaliere e della sicurezza palestinese. L'esercito israeliano ha comunicato che i soldati hanno aperto il fuoco e ucciso un palestinese che portava una borsa (nel quale si sospettava portasse esplosivi) e che non si era fermato dopo l'alt intimato dai militari». Alle 22:59 italiane Haaretz comunica che «l'enclave ebraico di Hebron sarà dichiarato area militare chiusa domani». Hebron è una città della parte sud del West Bank, all'interno della quale vivono circa 130,000 palestinesi e circa 500 coloni ebrei. Alle 11:48 italiane Reuters riferisce che il primo ministro palestinese Abbas intende chiedere ad Hamas di formare il nuovo governo. Alle 00:23 italiane del 27.1.06 viene sparato un razzo Qassam nella parte ovest del Negev, in territorio israeliano, non si riportano feriti o danni. Il primo ministro vicario Ehud Olmert dice che «una Autorità Nazionale Palestinese condotta da Hamas non è un partner di pace. Se un governo condotto da Hamas o un governo in cui Hamas è partner verrà composto, l'Autorità diventerà un'Autorità che supporta il terrore, Israele e il mondo lo ignoreranno e lo considereranno irrilevante». Quasi fuori dal coro, Benjamin Ben Eliezer, del Labor, che dichiara «Noi non abbiamo motivo di parlare con Hamas. Ma se Hamas riconosce il nostro diritto di esistere, rivaluteremo la questione». Ma aggiunge che «Hamas, come è oggi, non è preparata a cambiare una parola della sua piattaforma».

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Almeno ora si conosce qual è l'orientamento dei palestinesi. A grande maggioranza hanno indicato qual è la loro opinione sul dialogo con Israele, sulle politiche tese al compromesso con gli ebrei, sulla roadmap etc. Speriamo che il potere raffreddi un po' gli impeti di Hamas, dato che essendo rappresentante dello "stato palestinese" dovrà in qualche modo avere relazioni diplomatiche e venire a patti anche con chi sostiene il diritto ad esistere d'Israele, ma non so quanto questa cosa funzionerà. Ora l'ideale sarebbe che alle prossime elezioni israeliane vincesse l'estrema destra. Allora la frittata sarà totale.

pipistro ha detto...

I risultati definitivi e ufficiali delle elezioni palestinesi assegnano 74 seggi ad Hamas (che conserva la maggioranza assoluta) e 45 ad al Fatah. Per le elezioni israeliane si può solo confidare nella tenuta di Kadima. Ma le differenze negli schieramenti non sono importanti quanto lo saranno le persone. Ci vorrà comunque, da entrambe le parti, molto coraggio, per passare dalla demagogia alla politica con un minimo di realismo. Non bisogna dimenticare la bomba demografica insostenibile, nel lungo periodo, per lo stato ebraico. Quella terra necessita di tutto, ma, prima di ogni altra cosa, di veri confini.