lunedì, giugno 19, 2006
L'anello più debole
Un delitto politico. Così la nostra magistratura avrebbe qualificato l'omicidio di Nicola Calipari, trovando il grimaldello per processare, tramite il terrorizzato riservista Lozano di New York, il sistema di ipocrisia diplomatica e connivenza che ci ha dipinti ancora una volta come vassalli, più che alleati, dello straordinario amico americano. Sì, perchè l'americano è straordinario ed è amico. E lo è ad onta di quell'occhio schiacciato ai personaggi più improbabili e peggiori rappresentanti di quel popolo e di quel grande Paese. Ed è comunque amico quel Paese che con comprensibile stupore, ma con asprezza ben superiore alla più accesa critica di casa nostra, si scontra ormai quotidianamente con tutti i dubbi suscitati da una amministrazione invasata, fallimentare, disonesta e interessata, indegna dell'entusiasmo, dell'ingenuità e del sacrificio della sua stessa gente. Rileggo un pezzo di Newsday dell'anno scorso, parole semplici ed anch'esse un po' ingenue a dipingere il soldato Lozano, spaventato ultimo debole anello di una catena che lo ha addestrato per farne all'occasione una macchina criminale. Ma lui forse non lo sa. «Washington, 6 maggio 2005 - Il soldato speciale Mario Lozano era appollaiato sulla torretta del suo Humvee, tenendo d'occhio con difficoltà la distesa stradale più insanguinata dell'Iraq, quando per primo avvistò l'auto. Tutti gli altri conducenti, quella notte, una dozzinao o due nel conto dei soldati, erano tornate indietro appena avevano visto un paio di Humvee del 69° Regimento di Fanteria di Manhattan che bloccava la strada. Questa non si fermava, neppure rallentava. Dentro la Toyota Corolla l'umore era festoso e insieme ansioso. Due agenti dell'intelligence italiana avevano appena liberato una giornalista presa in ostaggio, ma dovevano ancora raggiungere sani e salvi l'aeroporto. L'autista, Andrea Carpani, aveva il cellulare in una mano e il volante nell'altra, il finestrino mezzo aperto per ascoltare rumori sospetti. Man mano che l'automobile si fece vicina a Lozano più che ad altri - 150 yarde, 100 yarde - il riservista di New York City si alzò per rispondere. Diede un colpetto alla torcia con la mano sinistra e sparò una serie di colpi di avvertimento di mitragliatrice con la destra. Ma in quei momenti di paura - Lozano ha detto agli investigatori americani - un altro pensiero gli è balenato in mente - le sue figlie, la ragione per cui ha detto agli amici che aveva bisogno di tornare vivo dall'Iraq. Lozano "si sentì minacciato e stava pensando alle sue giovani figliole mentre contava freneticamente i secondi, guardando la distanza coperta dall'autovettura, facendo i calcoli per determinare la velocità della macchina ...gridando con tutto il fiato che aveva", secondo un rapporto italiano sulla sparatoria. Novanta yarde, 80 yarde e ad un certo punto Lozano ha aperto il fuoco, tagliando l'aria con una sventagliata di pallottole traccianti rosse. Dentro l'auto l'autista Carpani schiacciò il freno e gridò "ci stanno attaccando!" [...] Non è stato rivelato molto su Lozano, addetto alla mitragliatrice qulla notte sul Humvee. E' iscritto in registrazioni ufficiali come trentacinquenne che vive nel Bronx. La sorella della ex moglie di Lozano, Connie Gutierrez, dice che era appena arrivato a casa per una licenza di due settimane, il mese scorso e che mostrava le fotografie del suo periodo in Iraq, della campagna iraqena e dei bambini. Se parlasse del ruolo della sua unità nella sparatoria al posto di blocco, lei non ricordava e non è stato possibile raggiungere la ex moglie di Lozano, Carolyn, per un commento. Connie Gutierrez ha detto che sua sorella e Lozano hanno divorziato in anni recenti, ma hanno due figlie di 12 e 15 anni, e lui parla di loro come dell'unica cosa che lo sta aiutando a venir fuori dalle sue difficoltà in Iraq ...». (Newsday)
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