giovedì, giugno 08, 2006

Persia per persa


«Lo Shah dell'Iran sta seduto sopra una delle più vaste riserve di petrolio del mondo. Eppure sta costruendo due impianti nucleari e ne ha in programma altri due per fornire elettricità al suo paese. Lui sa che il petrolio sta finendo e con esso il tempo. Ma non costruirebbe le centrali se dubitasse della loro sicurezza. Aspetterebbe. Come molti americani vogliono. Lo Shah sa che l'energia nucleare non è solo economica, ma ha raggiunto in trent'anni considerevoli risultati di sicurezza. Risultati che sono stati sufficientemente buoni pure per i cittadini di Plymouth, in Massachussetts. Loro hanno approvato il secondo impianto nucleare con una maggioranza di quattro a uno. Il che dimostra che non dovete andare fino in Iran per trovare approvazione all'energia nucleare».
E' un inserto pubblicitario utilizzato negli anni 70 da molte compagnie petrolifere USA per convincere gli americani della necessità di dotarsi di impianti nucleari e della sicurezza raggiunta dalle centrali e pubblicato oggi su iranian.com (Guess who's building nuclear power plants?) e sul Manifesto (7 giugno 2006, pag. 4). Il regime dello Shah forniva infatti in quel periodo, prima della rivoluzione islamica al seguito di Khomeini, che avrebbe precipitato la Persia in un diverso tipo di padella (o brace), garanzie di vassallaggio perfettamente accettabili dal punto di vista degli USA, che parteciparono infatti alacremente - e non da soli - alla corsa iraniana per dotarsi di centrali e tecnologie nucleari. Oggi lo scenario è notoriamente cambiato anche senza riguardo alle ondivaghe, estemporanee e comunque largamente enfatizzate accuse di partecipazione alla schiera dei cattivi rivolte alla Persia e al suo regime, che sconta inoltre, per non farsi mancar nulla, il fatto di essere obiettivamente opprimente, antidemocratico e percorso trasversalmente da problemi di sviluppo in odore occidentale, acceso nazionalismo e legislazione confessionale islamica (Sharia). Ma oggi, sebbene sia più convincente il piano economico che consentirebbe all'Iran di risparmiare poco meno di 30 miliardi di dollari (dotandosi di nuovi ed efficienti impianti nucleari per far fronte al crescente consumo interno e rivitalizzando le risorse petrolifere anche per l'esportazione - cfr. Limes 4/2006, appendice all'articolo "Così si gioca al tavolo nucleare", pag. 99-100) rispetto agli scenari apocalittici iniettati in occidente su iniziativa prevalentemente americana e israeliana, in sostanza l'Iran sconta assai più il fatto di essere capace di recare non poco disturbo sotto il profilo economico e geostrategico al cancerogeno progetto di egemonia pianificato nel Project for a New American Century dagli USA ed avallato dai suoi clienti o aspiranti tali.

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