"Benchè i tributi alla libertà di pensiero diano corpo a manifestazioni di superiorità da parte dell'America e degli altri governi occidentali, essa è messa in pratica a repentaglio con flagranti violazioni dell'integrità accademica e del protocollo. Non è possibile immaginare che un bianco europeo, un capo di stato americano, persino un [leader] autoritario come Putin, vengano descritti nel modo degradante che ha usato il rettore della Columbia University [Bollinger] per presentare Mahmoud Ahmadinejad come un "piccolo crudele dittatore" [...] Non ci sono scusanti per aver invitato un leader eletto a parlare nella vostra università solo per accusarlo di essere carente di "coraggio intellettuale" prima che abbia avuto la possibilità di parlare. Si chiama agguato". [Priyamvada Gopal sul Guardian]
C'è chi ha osservato, in proposito, che, anche nel mondo accademico, l'atteggiamento negli USA è quello dei cowboy. C'è del vero anche in questa affermazione, ma, nel caso, non è tutto. Invitando Ahmadinejad la condotta della Columbia non è stata migliore di quella di chi fa beneficenza perchè - e purchè - si sappia in giro. Il rozzo approccio del rettore, Lee Bollinger, poggiava infatti sul sottinteso che la superiore civiltà americana non ha paura di consentire che anche un imprudente e provocatorio picconatore di inviolabili tabù possa dire la sua, ma era sguaiatamente indirizzato a minarne ogni reale valutazione e riconoscimento. Per fare questo c'erano due sistemi, il primo era quello di battersi sullo stesso piano con il presidente iraniano, rischiando che i propri elementari e ben noti pregiudizi venissero ridicolizzati dalle sottovalutate finezze di un astuto intellettuale mascherato da contadino. Il secondo era atteggiarsi al duello in puro stile vecchio west. Bollinger ha optato per quest'ultimo approccio, vuoi sotto il giogo di ben note interferenze, vuoi probabilmente in funzione della propria limitata capacità di giocare una vera partita dialettica con il presidente della Repubblica Islamica. Senonchè, come alcuni analisti hanno avuto il coraggio (fuori dagli USA) di sottolineare, salendo sul palco della Columbia, Ahmadinejad aveva già vinto la sua partita. Dopo aver pazientemente indicato al pubblico che la condotta osservata nei suoi confronti era stata ineducata, il presidente iraniano ha indicato con poche parole agli studenti della Columbia - ma anche al popolo americano e a tutti - l'incombenza sul mondo di un problema materiale e di una zavorra morale, entrambi di provenienza israeliana. Il resto, comprese alcune singolari osservazioni sulla libertà e sull'omosessualità in Iran, erano sostanzialmente materiale inerte. Ogni vero contadino persiano se ne deve essere accorto, Lee Bollinger probabilmente no.
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