venerdì, settembre 30, 2005

Il conflitto arabo israeliano palestinese for dummies (prima parte, 1895-1948)

La storia del conflitto in Palestina ha origine nella notte dei tempi, probabilmente con le prime schermaglie fra tribù costituite da poche decine o centinaia di persone (poco più che grandi famiglie allargate), che svariate migliaia di anni fa hanno visto vincitrice la famiglia o il gruppo di famiglie, di volta in volta più forte o più evoluto.
Comunque evidentemente queste tribù hanno sempre trovato particolarmente interessante ottenere il predominio su questa striscia di terra – poco più grande della Sicilia – che si affaccia sul mare Mediterraneo nella parte estrema occidentale della cosiddetta mezzaluna fertile (in inglese: “fertile crescent”). Zona a forma di mezzaluna che parte più o meno dal Quwait, percorre verso nord la Mesopotamia, si allarga fino all’Iraq e poi ricomincia a scendere lungo l’attuale Palestina-Stato di Israele, costeggia il Sinai e arriva al delta del Nilo.
Non è questa la sede per parlare di come e perchè ha luogo una guerra tra famiglie, tribù, popoli contigui. Si può però immaginare che in origine, svariate migliaia di anni addietro, si sia trattato della conquista di piccole fonti di maggior benessere per i propri più vicini parenti e gruppi, quali le sorgenti di acqua potabile, l’approdo al mare, terra più fertile, ove fosse più agevole costruire delle dimore, una posizione morfologicamente vantaggiosa per anticipare le mosse del “nemico” ecc. ecc.
Ma è sicuramente inutile cercare di ripercorrere qui i fatti che si sono avvicendati, veri o presunti tali, nel corso dei millenni, i popoli che vi sono vissuti e i regni che vi sono sorti, vi hanno prosperato, lottato e vi hanno trovato fine.

La zona che ci interessa è sulla parte sopra il Sinai, più o meno, la parte che si affaccia sul mare a sud-sud-ovest di Cipro e confina a destra il Mar Morto e con il fiume Giordano. Dall’altra parte, a destra del Giordano, c’è un altro pezzo di terra di Palestina, che è diventata autonoma abbastanza presto, si chiama oggi Giordania e ....non partecipa più direttamente al conflitto – per qualche verso simile ad una guerra civile – ancora oggi in corso. Come già detto, comunque, l’odierna Palestina è poco più grande della Sicilia (o della Lombardia) ed è diventata nella sua gran parte, nel 1948 e con le occupazioni successive, il neo-nato Stato di Israele. Per secoli e secoli è stata una zona piuttosto povera e malmessa, eppure questa zona – popolata in alcuni suoi punti (Gerico) da centinaia di migliaia di anni – viene considerata da miliardi di persone il “centro” del mondo. In questa terra sono nate e si sono sviluppate verso il resto del mondo, nell’ordine, le tre religioni monoteiste: l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam. Questa terra, piccolissima, sembra essere oggi il punto di partenza, il simbolo o il pretesto dei conflitti tra mondo occidentale (giudaico-cristiano) e mondo islamico.
Siccome da un certo punto della storia bisogna partire, senza risalire alla notte dei secoli, lo scegliamo abbastanza vicino e cerchiamo di fare un grosso lavoro di sintesi, naturalmente a scapito della precisione.

Nel 1895 la popolazione totale della Palestina è di circa 500 mila persone di cui meno di 50 mila ebrei, in piccoli gruppi giunti o ritornati in Palestina per motivi principalmente religiosi.
Nel 1896 il giornalista Theodore Hertzl, nato a Budapest, fonda in Austria – come reazione all’antisemitismo che sta prendendo sempre più piede in Europa - il movimento sionista (in realtà la cosa è un po’ più complicata, ma lasciamo perdere) e scrive Der Judenstaat (Lo Stato Ebraico).
In questo libro teorizza la possibilità di costituire in Palestina (o in Argentina) una Nazione che accolga gli ebrei, che, secondo la tradizione, dalla Palestina assumono di essersi dispersi per tutto il mondo. La novità dello Stato ebraico è congiungere o ricongiungere e collocare in una stessa terra, un popolo che ha perso, nel corso dei millenni la propria identità etnica, mantenendo una fortissima tradizione comune, identità culturale e religiosa. Di qui l’impossibilità di assimilare l’antisemitismo ad una forma di razzismo, poichè con le “razze” il primo non c’entra comunque più nulla e chiamar antisemitsmo l’avversione agli ebrei è in realtà una pura questione terminologica.
Nel suo Stato Ebraico, tuttavia, Hertzl ipotizza – come abbiamo detto – che questa collocazione possa avvenire non solo in Palestina, ma anche in Argentina. Il termine sionista deriva invece da Sion, una piccola collina di Gerusalemme.

Nel frattempo l’impero ottomano (i turchi), che si estendeva anche in Mesopotamia (terra in mezzo ai due fiumi, Tigri ed Eufrate), nella mezzaluna fertile e ovviamente in Palestina, si sta sfaldando.
E viene diviso dopo la prima guerra mondiale tra le potenze vittoriose. O meglio, tra due delle nazioni che risulteranno vincitrici: l’Inghilterra e la Francia. Queste iniziano a spartirsi tutta la zona .....prima che sia effettivamente suddivisa. In particolare, la potentissima Inghilterra promette a destra e a manca larghe zone della Palestina, che non è o non è ancora “roba sua”:
- nel 1915-1916 agli arabi (a cui viene promesso uno stato indipendente mediante scambio di lettere tra Sir Henry Mac Mahon e l’emiro della Mecca);
- nel 1916 alle potenze europee vincitrici in generale, per mantenere sotto la loro sfera di influenza europea la zona sacra alle tre religioni monoteiste, affidata ad una ipotetica amministrazione internazionale (mediante gli accordi segreti Sikes – Picot, con i quali venivano anche attribuite alla Francia le attuali zone di Libano e Siria e all’Inghilterra le zone attuali di Giordania e Iraq);
- nel 1917 agli ebrei (movimento sionista) con la Dichiarazione di Balfour
Questo punto, la Dichiarazione di Balfour è importantissimo e necessiterebbe di essere approfondito ..... In estrema sintesi: è una lettera indirizzata dal ministro degli esteri inglese, Sir Arthur James Balfour a Lord Rothschild, importantissimo e ricchissimo esponente del sionismo europeo, nella quale (lettera) si dichiara che il governo di sua maestà (britannica) vede con favore lo stabilimento in Palestina di un “focolare nazionale” (national home) per il popolo ebraico, fermo restando che nulla possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle popolazioni non ebraiche in Palestina, nè ai diritti ed allo status politico degli ebrei negli altri Paesi.
Invece, nel 1920, in buona sostanza l’Inghilterra riesce a tenersi la Palestina (confidando in una sua importanza strategica che invece verrà meno nel corso del tempo, regalando all’Inghilterra una serie di complicazioni inenarrabili e al mondo l’odierno inesauribile conflitto).
Infatti le potenze alleate vittoriose nella prima guerra mondiale inaugurano, per mezzo della Società delle Nazioni (nata con funzioni in prospettiva poi riprese dall’ONU), il sistema dei “mandati” e affidano per farla breve la Palestina al “mandato” (cioè alla tutela, al controllo e quindi all’ipotetico sfruttamento, anche strategico) britannico, con l’impegno che verrà applicata la Dichiarazione di Balfour.
Gli inglesi si insediano quindi in Palestina per condurre questa terra povera, desolata, priva di strutture e di ricchezze, a quel minimo grado di “civiltà” politica e sociale che, secondo il metro occidentale europeo, potrà consentirle innanzitutto .....di essere utile all’Europa dei vincitori.
Invece lo sfacelo lasciato dall’impero ottomano e le complicazioni causate dall’immigrazione su larghissima scala di ebrei dall’Europa (in terra sostanzialmente islamica e abitata da arabi) in virtù della Dichiarazione di Balfour, fanno presto capire all’Inghilterra che tenersi la Palestina non è stato un buon affare.
Innanzitutto, la Palestina viene presto suddivisa in due zone, a est e ad ovest del Giordano. La parte est verrà resa autonoma e diventerà il regno di Transgiordania (poi Giordania). La parte ovest rimane sotto mandato britannico.
E’ una lotta continua tra palestinesi, nativi, che vogliono ottenere l’indipendenza dall’Inghilterra, ed ebrei, che vogliono ottenere quello che la famosa Dichiarazione di Balfour fa concretamente ed obiettivamente intravedere: la nascita dello stato ebraico. L’Inghilterra (che, sicura di guadagnarci si era comportata con una ambiguità internazionale difficilmente superabile) fa buon viso a cattivo gioco, da “un colpo al cerchio e un colpo alla botte” e cerca di galleggiare al meglio per ...... 28 anni.
Andiamo avanti:
- nei dieci anni successivi (siamo ormai al 1930) emigrano in Palestina circa 100 mila ebrei e le persecuzioni degli ebrei in Europa ad opera dei nazisti ne incrementa il flusso (legale o fuori controllo e quindi illegale) verso la Palestina;
- si formano – sia tra gli arabi-palestinesi, sia tra gli ebrei – gruppi politici e sociali, sindacati e gruppi militarizzati (p. es. l’Haganah, che diventerà poi l’esercito israeliano);
- entrambe le fazioni danno corso – attraverso i gruppi più oltranzisti – a manifestazioni terroristiche;
- si formano gruppi ebraici la cui unica funzione è quella di favorire l’immigrazione clandestina; (il Mossad – che attualmente è il servizio segreto “estero” israeliano - nasce così, quale ente per l’immigrazione parallela)
- nasce (nel 1929 a Zurigo) l’Agenzia Ebraica, formazione politica “propedeutica” al governo del futuro Stato Ebraico, con il compito di rappresentare il movimento indipendentista ebraico, che naturalmente gli arabi non riconoscono.
Nel 1937 viene istituita una Commissione Reale Britannica, la Commissione Peel, per investigare e
trovare una soluzione ai problemi. Il rapporto Peel (udite! udite!) raccomanda la ....spartizione della Palestina. Invece, nel 1939, dopo una serie di conferenze separate anglo-ebraiche ed anglo-arabe, viene stilata una “carta” (Mc Donald White Paper) – cosiddetto “libro bianco” che prevede la fine del mandato britannico per il 1949 e la formazione di uno stato arabo indipendente, dotato di un incomprensibile ed infattibile governo congiunto palestinese-ebraico, con limiti all’immigrazione ebraica (quella legale) per cinque anni e limiti alla vendita di terre arabo-palestinesi (che invece gli ebrei cominciano a comprare, con soldi provenienti da fondi ebraici occidentali, dai latifondisti arabi che non hanno nessun interesse, se non economico, per questa terra affidata al lavoro degli altri, e che vivono in Libano e altrove). Risultato: nel 1940 la popolazione ebraica in Palestina è di circa 450 mila persone su un totale di un milione e mezzo. Il 30%. Il conflitto tra diverse culture, economie, religioni, tradizioni, interessi, è alle stelle. E le azioni terroristiche, principalmente contro gli inglesi, ma naturalmente anche tra opposte fazioni arabe ed ebraiche, si sprecano.

Nel frattempo la seconda guerra mondiale e la sua fine farà conoscere - meglio: confermerà - al mondo gli orrori della Shoah (tragedia, distruzione) e tutto il fardello di sofferenza inflitto dalla Germania nazista al popolo ebraico.
L’Agenzia Ebraica cerca intanto di ottenere supporto dai movimenti sionisti negli Stati Uniti e ci riesce nel 1945 coinvolgendo uomini del Congresso ed ottenendo che il Presidente Harry Truman eserciti pressioni sul governo inglese per consentire un incremento dell’immigrazione ebraica. Il governo britannico resiste alle pressioni.
Il 22 luglio 1946 una accesa fazione terroristica sionista (Lehi o banda Stern, altri dicono Irgun, probabilmente entrambi) fa saltare in aria il King David Hotel a Gerusalemme, dove hanno sede gli uffici del governo britannico e parte del quartier generale: 86 morti.
Tra il settembre 1946 e il febbraio 1947 il governo britannico propone la suddivisione della Palestina in due autonome province sotto il proprio “Alto Commissariato”. Entrambe le parti (ebrei e arabi) respingono la proposta.
Nel 1947 l’Inghilterra, ormai decisa a svincolarsi di questa ingombrante ed infruttuosa colonia, decide di rimettere il mandato ricevuto dalla Società delle Nazioni e restituire il “problema Palestina” alle Nazioni Unite (ONU). Le azioni di sabotaggio e le azioni terroristiche continuano.
Viene istituita una apposita Speciale Commissione dell’ONU sulla Palestina (UNSCOP).
Viene adottata la Risoluzione ONU n. 181 (piano di ripartizione della Palestina in due stati, arabo ed ebraico, con amministrazione economica congiunta e amministrazione internazionale da parte dell’ONU per Gerusalemme).
L’Inghilterra fissa la data per la fine del suo mandato per il 15 maggio 1948. Il movimento sionista si muove per stabilire il controllo su maggior territorio. Il 9 aprile 1948 vengono massacrate principalmente ad opera della banda Stern 254 persone nel villaggio arabo di Deir Yassin, vicino a Gerusalemme.
Gli stati arabi, impreparati ad una qualsiasi azione comune, tanto meno in favore di un “popolo” palestinese (che ancora non ha una propria identità se non per il fatto di essere nato in una zona araba chiamata Palestina), dotati di incapaci dirigenze, prospettano il loro ambiguo ed interessato intervento militare a sostegno dei propri interessi sulla zona. E 750 mila palestinesi abbandonano intanto le proprie case in un esodo di massa (Nakba, tragedia) che è stato spiegato con il terrore indotto dalla violenza delle iniziative delle più accese fazioni ebraiche. Queste 750 mila persone, che hanno abbandonato – come detto - le proprie case, le proprie terre e i propri averi, costituiscono oggi il problema dei profughi, confinati da 56 anni in “campi profughi”, in territorio palestinese (striscia di Gaza o West Bank, occupati dagli israeliani nel 1967) ovvero ai margini, in tutti i sensi, di altri stati arabi.

Il 14 maggio 1948, un giorno prima dello spirare del mandato britannico viene proclamata la nascita dello Stato di Israele, asseritamente per favorire ed accelerare il piano di spartizione dell’ONU. Qui la questione diventa complicata: Secondo le fonti: a) per parte ebraica si sostiene che il piccolo stato appena nato, privo di mezzi e di strutture militari, venne letteralmente aggredito da una coalizione di armate arabe. b) per parte arabo-palestinese si sostiene che le fazioni ebraiche, foraggiate in armi e mezzi dal movimento sionista in occidente, si sono, per così dire, “portati avanti”, invadendo le maggiori città e villaggi palestinesi, terrorizzandoli o massacrandoli per recuperare territorio destinato allo stato arabo. Le cose non sono mai bianche o nere, ma difficilmente la verità sta in mezzo. Inizia quindi, il 15 maggio 1948 il primo conflitto arabo-israeliano in Palestina.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Quando mio figlio doveva laurearsi, per risparmiargli tempo ho scaricato da internet pressochè tutti i trattati a partire dalla lettera di McMahon allo Sharif Hussein del 24 ottobre 1915 fino al Rapporto Mitchel del 2001. E stato un lavoraccio molto interessante. Peccato che tanti anni e tanti sforzi non siano ancora riusciti a portare un pò di pace in quella terra.
Complimenti ottimo lavoro.
Barba
www.meridiana.splinder.com

Roberto Iza Valdés ha detto...
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