giovedì, gennaio 05, 2006

Ghareeb, un ricordo

Mohammed Hussein Ramadan, detto Ghareeb, straniero, nel ricordo della sua amica Jessica Anderson di Seattle. "Mercoledì, 6 ottobre 2004, 18:01 - Messaggio inoltrato da Jessica Anderson di Another World is Possible: Molti di voi hanno ricevuto una email da me in merito alla morte di un buon amico in Iraq e/o del servizio funebre che sto organizzando in sua memoria qui a Seattle. Sotto ci sono le informazioni sulla cerimonia e sotto un tributo che ho scritto per lui dopo la sua morte. Spero che vorrete prendere in considerazione il fatto di partecipare ad un funerale non solo per Ghareeb, ma per tutti i civili Iraqeni uccisi. Pace. Jessica Anderson - Another World is Possible - Cerimonia funebre per Ghareeb Mohammed Ramadan, ucciso a Najaf il 19 agosto 2004 e per tutti i civili iracheni che sono morti sotto la Guerra e l'Occupazione. Venerdì 9 ottobre alle 7:00 PM, riunione alle 6:00 PM davanti alla Lowell Elementari 11 ed E. Mercer Street per una processione funebre lungo Broadway, che finirà a SCCC per un breve servizio funebre alle 8 PM. Questo evento è una processione commemorativa soprattutto. Faremo una marcia lenta sui marciapiedi lungo Broadway trasportando una bara simbolica in luogo del corpo. Ci fermeremo per brevi intervalli lungo la via per legger poesie e racconti di Ghareeb e altri civili iraqeni uccisi, prima di procedere. Per favore vestitevi di nero a lutto e portate candele. Al SCCC ci sarà una cerimonia di 15 minuti in cui copriremo la bara e inviteremo tutti a lasciare fiori, lettere, articoli di giornale, fotografie o altri simboli del dolore che portiamo per questa guerra e per l'occupazione. Per quello di voi che vorranno fare da lettori, portatori di tamburo o portatori della bara (e ne abbiamo bisogno!!!) per favore arrivate alle 6:00 per apprendere i particolari. Domande: per favore sentitevi liberi di chiamare o mandare email. Grazie a tutti per avermi aiutato a condividere la bellezza che era quest'uomo. Pace. Jessica

Commemorando Ghareeb
Ucciso il 19 agosto 2004

Amici miei, sto scrivendovi ora con il cuore a pezzi e con una richiesta personale. Molti di voi hanno ricevuto email l'altra primavera nelle quali scrivevo del mio amico Ghareeb e della sua esperienza nella città assediata di Fallujah. Vi chiedevo allora per favore di rispondere alla richiesta di aiuto di Ghareeb, poichè era l'unico responsabile di portare Anya e me a casa sane e salve. Spero ora che vorrete accogliere un'altra chiamata per ricordare ques'uomo straordinario in ogni modo che potete.
Mohammed Ghareeb Ramadan è stato ucciso il 19 agosto 2004 mentre cercava di ostacolare il sequestro di un giornalista italiano, Enzo Baldoni, che veniva in seguito decapitato da un gruppo di resistenti chiamato Esercito Islamico. Ghareeb è stato apparentemente colpito tre volte nel petto e in testa e il suo corpo è stato lasciato nell'aria calda del deserto per un giorno e una notte prima di essere trovato dai vicini e trasportato al locale obitorio, dove il suo corpo è stato probabilmente buttato in una fossa comune.
Senza il suo corpo un funerale è difficile. Non c'è un corpo da lavare con le nostre lacrime, da portare alla moschea concordemente alla sua tradizione, sul quale pregare o da abbracciare. Non c'è un corpo da seppellire nel posto che aveva indicato, tra sua madre e la sua figlioletta morta alla nascita. Senza un corpo non possiamo onorare la sua ultima volontà di essere sepolto lì.
Mi sono chiesta per molti giorni che cosa fare e se tutto quello che posso fare è condividere la storia di questo amico, di questo uomo di pace, di questo principe, e ora spero che presentando a tutti Ghareeb, egli possa vivere per sempre nei cuori e nelle menti di tutta la sua famiglia nel mondo.
Il nome di Ghareeb significa "straniero" ed è il soprannome che gli venne dato da sua madre. Quando la sua famiglia cercò di ritornare alle terre della tribù, nella Striscia di Gaza, vennero negati i documenti a Ghareeb e la sua famiglia, sapendo che non avrebbe mai avuto un'altra possibilità, andò senza di lui e Ghareeb dovette ritornare da una terra occupata ad un'altra.
Non so neppure se la sua famiglia sa della sua morte.
Ghareeb era un ingegnere informatico prima della guerra. Guidava una Nissan. Indossava magliette polo. Voleva andare in Canada. Era solo il vostro uomo medio di ogni giorno che cercava di vivere la sua vita a Baghdad. Tutto il tempo che siamo stati con lui ha sempre rifiutato pagamenti di ogni tipo, invece ci ringraziava sempre per essere il suo passatempo, per dargli un motivo per usare il suo buon inglese, per raccontargli dell'America e del mondo, anche solo per essere là.
Per quanto ne so quando lo incontrammo Ghareeb non era coinvolto in alcun gruppo umanitario o politico. Era solo un uomo ordinario che voleva aiutare il suo Paese e fare il meglio in ogni modo e comunque potesse. Alla fine la sua bontà lo ha fatto diventare tutto tranne che regolare o ordinario.
All'epoca della sua morte, un anno dopo, Ghareeb era diventato guardia e amico di viaggiatori dagli USA, dall'Italia, dalla Germania, dall'Inghilterra, per nominarne alcune. Era andato a Fallujah in un momento in cui tutti fuggivano, così che potè portare aiuto medico e trasportare donne e bambini verso la salvezza. Quando lui ed altri furono attaccati dagli snipers USA e la loro ambulanza venne distrutta, non si fermò ma ritornò ancora e ancora con la sua auto semidistrutta infilando nel sedile posteriore un bambino dopo l'altro. Chiamava periodicamente per riferire i danni, pagando ore di chiamate telefoniche e rimanendo in piedi fino alle ore piccole, anche nei giorni in cui era esausto, per riferire quello che stava succedendo ad altri centri internazionali. E' solo per quelle telefonate e per la relativa massa di email che molti di noi hanno un'idea di quello che è realmente accaduto a Fallujah.
Nel sentire della morte di Ghareeb mi sono trovata seduta vicino agli ultimi resti che ho potuto trovare della sua presenza: una foto del suo allegro sorriso, una piccola collezione di vecchie monete iraqene che sono ora fuori corso e che era riuscito a trovare per me e un biglietto per Babilonia. Da queste memorie disegno una sua immagine: Ghareeb che ride con i suoi amici, i cui bambini gli saltano in grembo come se fosse una versione iraqena di Babbo Natale, Ghareeb che ferma la sua auto per accarezzare le pecore o sentire la brezza sulla nostra pelle, Ghareeb che ci porta fuori pericolo e nel tramonto, mostrandoci la bellezza della sua terra ed insegnandoci la bellezza della sua casa, la Palestina.
Lo ricorderò sempre salendo su un autocarro ribaltato, un giorno, lungo una strada. Un gruppo di uomini si erano riuniti per fare quello che avrebbero dovuto sapere che non potevano fare e in qualche modo ribaltare questa massa imponente per liberare il giovane intrappolato al di sotto. Anche se salvato sarebbe probabilmente morto il giorno dopo, perchè non c'erano ambulanze, nè polizia, nè 911 da chiamare, solo il deserto e i corpi sudati dei suoi compagni che spingevano.
Passavamo, Ghareeb si fermò e quasi balzò fuori dall'automobile dicendo, io DEVO fermarmi, io DEVO. Uno del nostro gruppo stava per mettersi a discutere, non c'è nulla che possiamo fare ora, dovremmo andarcene, un altro cominciò a piangere alla scena, per la tristezza e la disperazione di tutto quello. Io sentivo l'aria calda sulla faccia, sentivo la sabbia penetrare nell'auto. Guardai Ghareeb che ritornava dall'autocarro, scuotendo la testa. Si fermò e rimase a guardare brevemente da lontano, si asciugò la fronte e ritornò verso la macchina, accese una sigaretta e ci portò avanti. Quel suo sguardo allora, quanto dolore sentiva, vero dolore per tutti, per ogni singola persona, il suo dire "DEVO", e la sua capacità di affrontare tragedia dopo tragedia e ancora vedere la bellezza e la speranza, quello era Ghareeb, chiaramente come posso dipingerlo.
Ghareeb era famoso in Iraq. Ci aveva presentato ad amici di ogni sorta, che ci invitavano nelle loro case e condividevano con noi i loro racconti, il loro pasto e le loro risate. E non aveva importanza se era d'accordo con loro o no, Ghareeb portava comprensione e compassione in ogni amicizia. Era una delle persone meno propense a giudicare che io abbia mai incontrato in vita mia.
L'ultima volta che parlai con Ghareeb fu la scorsa estate. La sua esperienza vicino alla morte a Fallujah mi aveva spaventato abbastanza per dirgli come mi sentivo, quanto lo amavo, quanto lo amavamo, per chiedergli di mettersi in salvo alla fine di ogni chiamata. "Naturalmente Jessica, naturalmente. Ti chiamerò presto" mi disse. Non lo sentii più.
Cercai di chiamarlo alla fine di agosto ma il telefono era disconnesso. Sara stato un mese prima che io sapessi perchè. Ma anche ora mi trovo preda di pensieri irrazionali durante la notte, sgattaiolando giù dalle scale per fare il numero del sul cellulare e sussurrando "per favore rispondi, per favore rispondi, QUALCUNO risponda".
Trovo conforto nel sapere che la vita di Ghareeb è stata così piena ed egli è stato tanto amato alla fine. Ma ancora piango per quello che avrebbe potuto essere. Con la sua morte non solo abbiamo perso quest'uomo unico ma tutto quello che questo unico uomo avrebbe potuto mostrarci.
Per me la pena più grande viene dal sapere che alla fine sono stati iraqeni che hanno ucciso Ghareeb. Perchè questo è quello che fa l'occupazione, ingabbia le persone fino al punto in cui si rodono tra di loro, per distruggersi, una persona alla volta, un sogno alla volta. Abbiamo visto nella terra di Ghareeb in Palestina che l'Occupazione crea terrorismo. Abbiamo visto in Iraq che l'Occupazione crea terrorismo. Abbiamo visto, abbiamo visto ...
E tutte le volte che sento di un altro giovane iraqeno o un altro giovane americano che è morto per questa guerra senza senso e senza fine devo chiedermi cosa abbiamo perso con la loro morte, quali risultati, quali sogni, quali speranze, quali opportunità per la società e per questo mondo sono andati nella tomba con loro? Quanti futuri premi Nobel per la pace abbiamo ucciso? Quanti futuri scienziati o capi di domani abbiamo perso? E quanti ancora ne perderemo? Quanto sangue ci vorrà per vedere l'errore in cui siamo e fermare questa guerra?
Per Ghareeb, amico mio, non ho più parole per esprimere il mio amore, la mia gratitudine, la benedetta esperienza di averti conosciuto. Quali parole ci sono rimaste per parlare la lingua del cuore?"

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Però. Molte parole sottintese di condanna per i soliti americani e niente sui criminali che l'hanno ucciso con il povero pacifista Baldoni, giustiziato dalla beneamata resistenza irachena. Beh dai, forse il gruppo di resistenti era stato finanziato dai nostri pacifisti con la campagna "10 euro per la resistenza irachena".

pipistro ha detto...

E' il ricordo di un uomo da parte di una americana di Seattle. Li lascerei in pace e penserei più ai miliardi di dollari spesi per fare 35.000 morti - secondo la poco credibile stima di Bush - ed assistere alla guerra civile in Iraq, più che ai 10 euro dei pacifisti. Fra l'altro la "beneamata resistenza iraqena" (parole tue, facile generalizzare eh?) non risulta aver mai operato con la mafiosa preordinazione adoperata per l'assassinio di Enzo Baldoni e Ghareeb.

Anonimo ha detto...

Mafiosa preordinazione adoperata per l'assassinio di Enzo Baldoni e Ghareeb? Spiegati meglio, se hai tempo e voglia.

Anonimo ha detto...

10 euro dei PACIFISTI? I pacifisti che finanziano ed appoggiano una fazione in una guerra non possono essere più chiamati pacifisti, tuttalpiù pacifinti. Comunque se vuoi anche tu sei ancora in tempo, visita:

- http://www.iraqlibero.at

E nella sezione apposita dai il tuo contributo. Questo sì che è appoggiare l'Iraq nella sua ricostruzione, altro che i progetti dei contractors delle multinazionali.

pipistro ha detto...

La resistenza (qualsiasi essa sia) non ha bisogno dei "10 euro dei pacifisti" (idea e parole tue, non mie). Tranquillo, è propaganda anche quella, come l'esportazione di democrazia.

pipistro ha detto...

Solo due parole sulle ambigue circostanze del sequestro e omicidio di Baldoni e Ghareeb.
1) Si trattava di un nutrito convoglio della Croce Rossa, con le relative insegne, non di uno sparuto gruppetto.
2) Il convoglio è stato attaccato anche all'andata.
3) Il convoglio non è stato attaccato da un altrettanto sparuto gruppetto (resoconto di Helen Williams).
4) I presunti rapitori e/o assassini non erano sprovveduti ma erano ben addentro all'uso di mezzi informatici (resoconto di Chesnot e Malbrunot) anche per quello che riguardava la ricerca sui rapiti.
5) Ghareeb era persona arcinota per la sua attività nella zona, facilmente rintracciabile su internet almeno dall'aprile precedente. Aveva entrature sia con i seguaci di al Sadr, sia con gruppi sunniti.
6) Ghareeb era verosimilmente disarmato ed è stato comunque ucciso subito(questione pacifica).
6) Il suo corpo è scomparso (idem).
7) La sua auto è stata bruciata dall'interno.
8) Baldoni è stato ucciso prima della scadenza dell'ultimatum (osservazioni sulla foto ricevuta e rammostrata il 26 agosto da Al Jazeera al ns. ambasciatore ed altri e l'8 settembre sul web).

Anonimo ha detto...

Suppongo che da tutto ciò dobbiamo dedurre che si sia trattato di un complotto della CIA o del Mossad per screditare la resistenza, o no? Come anche gli indiscriminati attentati suicidi contro obiettivi non militari.

pipistro ha detto...

Non attribuirmi banali scivoloni nella dietrologia, non generalizzando e buttando nello stesso calderone un ventaglio di fatti assai diversi, quali gli "attentati suicidi con obiettivi non militari". Nel caso di Ghareeb e Baldoni si è trattato di un duplice assassinio in circostanze, e con presupposti piuttosto singolari. L'unico risultato di questa operazione, agevolmente deducibile da fatti noti, è che Ghareeb e Baldoni, in una azione mirata all'uno, all'altro o a tutti e due, sono stati fermati. Se sia stata la resistenza, il Mossad, la CIA, banditi da strada o la zia Peppina e per quali motivi, io non lo so, nè ho elementi sufficienti per avanzare ipotesi (che si accostino a quelle già semplicisticamente accettate o a quelle alternative) di qualche consistenza.