sabato, gennaio 14, 2006

Incubi

«Immagini confuse: una collutazione, il colpo che lo avrebbe soltanto immobilizzato, infine la lama che infierisce sul collo. Enzo Baldoni ha provato a difendersi dalla morte. Nel video che ha registrato la sua fine si vede una colluttazione. Un gesto di disperazione e di orgoglio simile a quello che segnò gli ultimi istanti di vita di Fabrizio Quattrocchi, l'altra vittima della ferocia dei terroristi che non rispettano nemmeno chi va in Iraq sognando la pace. Enzo come Fabrizio. I passi trascinati verso il momento della fine. Il fiato corto di chi sa che non può più chiedere prestiti al futuro. E infine un colpo d’arma da fuoco e gli occhi che si chiudono su qualche particolare, immagini confuse riprese dai registi dell’orrore». Inizia con questo racconto un articolo del Corriere della Sera del 27 agosto 2004 (1). Ma quel racconto non è vero. E svapora nello spazio di un giorno.
Perchè la particolareggiata, terribile descrizione di quella colluttazione, quel video così enfaticamente descritto verrà convogliato nell’unico fotogramma che lo smentisce e che riprende il corpo senza vita di Enzo Baldoni diffuso una dozzina di giorni dopo. Un fotogramma di qualità assai scadente, forse manipolato, che sostituirà per tutti la descrizione di una scena spaventosa, nata da chissà cosa, negata perche dichiarata troppo cruenta della tv satellitare Al Jazeera agli utenti e diventata presto una leggenda, il nulla, perchè quello che oggi non è immagine riprodotta del mondo, quello che non è visibile, non esiste.
Una scena inventata di sana pianta? Forse, ma certamente inaspettata dopo che Enzo Baldoni, ripreso tre giorni prima, in un video di pregevole fattura, non manifestava – caso più unico che raro tra i sequestrati - alcuna particolare emozione. Anzi dimostrava disinvoltura e sufficienza nel riferire, forse leggere, il suo messaggio alla telecamera. Un atteggiamento incredibile, perso nel tempo e attribuito alla sua convinzione o alla consapevolezza che tutto è un gioco. Anche la morte. Un atteggiamento lontano anni luce da quella che sarebbe stata la prima violenta e macabra rappresentazione, poi rinnegata e dimenticata, di una morte assurda. Ma quella scena qualcuno l'ha descritta e qualcuno anche molto autorevolmente l'ha diffusa. Quel primo racconto non si dimentica facilmente, ma scompare dal mondo del vero e resta un incubo. Uno dei tanti.
Del resto rischiano di diluirsi fino all'inesistenza tutte le incongruenze che hanno avviluppato gli ultimi giorni e la fine crudele in Mesopotamia di Enzo Baldoni e di cui forse presto non vi sarà traccia sui media a larga diffusione.
Incongruenze, strane idee che balzano in mente anche in questi giorni leggendo, in occasione del sequestro di Jill Carroll, giornalista free lance americana rapita a Baghdad il 7 gennaio 2006, che dei trentuno operatori dei media rapiti in Iraq dall'inizio della guerra, solo cinque sono stati uccisi dai loro sequestratori, quattro iraqeni ed Enzo Baldoni. Gli altri sono stati rilasciati incolumi (2).
E' infatti naturale pensare in proposito e come logica conseguenza che solo Enzo, tra i 26 giornalisti non iraqeni sequestrati, è stato considerato una spia o un uomo pericoloso. Un uomo da uccidere prima della scadenza di un ultimatum fasullo e palesemente inaccettabile. Ma pericoloso perchè? E per chi? Abbiamo le vaghe parole riportate il 24 Dicembre 2004 su Libération, poi riprese ed ampliate nel libro di Chesnot e Malbrunot. E’ in quella occasione che Chesnot afferma: "ce qui leur a sauvé la vie «c'est d'être français et d'être en règle». Il a raconté que les ravisseurs ont vérifié qu'ils étaient «des vrais journalistes» et «sont allés chercher sur Internet» les articles qu'ils avaient écrits". Chesnot insiste quindi sul fatto che lui e Malbrunot si sarebbero salvati perchè erano francesi e "in regola", quasi a sottolineare la differenza con altri sequestrati, sicuramente meno francesi ma soprattutto ed evidentemente considerati meno "in regola". Ma perchè? Visto che i sequestratori, esperti del mezzo informatico e capaci di elaborare un filmato di gusto quasi occidentale, navigavano agevolmente per internet in cerca di notizie, come hanno riferito i giornalisti francesi? Risulta allora assai oscuro il fatto che si siano "sbarazzati" tanto rapidamente di Enzo Baldoni. La diffusione in rete della sua attività in Iraq e il suo blog, aggiornato di giorno in giorno con i suoi movimenti, non avrebbero potuto essere più chiari.
E Ghareeb? Lo straordinario profugo palestinese che accompagnava Enzo Baldoni, ammazzato in mezzo alla strada per Baghdad, era a sua volta persona nota e da molto tempo nella regione proprio per le sue operazioni umanitarie, riferite sin nei particolari dalla blogger Helen Williams (ma non solo) proprio su internet. Straordinario davvero. Tanto straordinario da suscitare più di qualche dubbio mai approfondito. Dubbio per la disinvoltura con cui Ghareeb riusciva ad entrare ed uscire da uno dei posti chiave della resistenza iraqena, la città di Fallujah, la tana del mitico al Zarqawi. Dubbio per le peculiari capacità che tutti gli attribuivano. Ingegnere, pilota di elicotteri, informatico, poliglotta, agiato, conosciuto e accreditato in ambienti sunniti e sciiti. Ma anche noto in ambienti della resistenza e forse del giornalismo di resistenza, sempre a Fallujah. Noto ed apprezzato in ambienti della Mezzaluna Rossa a Baghdad. Una grande anima, capace di organizzare in due giorni un convoglio umanitario diretto nel posto più pericoloso del mondo. Di lui Maurizio Scelli, allora Commissario straordinario della Croce Rossa ha avanzato il dubbio che lavorasse per gli israeliani e fosse incluso in una lista di spie in possesso dei rapitori di Simona Pari e Simona Torretta. Illazioni discioltesi nel calderone dei "sentito dire da persona mai più reperibile" una volta focalizzata l'enormità della faccenda.
Ma a proposito di enormità – e ce ne sono tante – tornano in mente anche le parole di padre Benjamin, parole pesantissime, precise, cadute immediatamente nel dimenticatoio. Nel corso di una intervista il religioso dichiarava che "durante le primissime fasi del rapimento di Enzo Baldoni è intercorso un fatto nuovo che nulla aveva a che vedere con i suoi sequestratori ...diciamo che la responsabiltà della sua morte non è attribuibile solo ai suoi rapitori…sono intevenuti personaggi vicini all’intelligence ...la responsabiltà della morte di Baldoni deve essere almeno condivisa tra coloro che lo hanno sequestrato e qualcun altro…diciamo così". Ma prima di tutto Benjamin diceva che "questo del rapimento di Enzo Baldoni è stato un capitolo molto misterioso dove troppi hanno giocato un ruolo sporco. Enzo Baldoni conosceva molto bene cosa era la resistenza irachena e da chi era formata. Sapeva qualcosa di troppo e questo “troppo” decisamente non è piaciuto a qualcuno". (3)
Che fine hanno fatto queste parole? Forse troppi hanno giocato a più riprese e per motivi affatto diversi un ruolo sporco nella vicenda di Enzo Baldoni. Un ruolo che dall'Iraq prosegue fino al Qatar e all’Italia e da qui riparte con una sanguinosa descrizione che diventa subito invendibile. E scompare.

(1) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2004/08_Agosto/27/video.shtml
(2)
http://www.rsf.org/print.php3?id_article=16113
(3) http://www.uonna.it/vivi-reporter-francesi.htm

4 commenti:

Anonimo ha detto...

... (grazie!)

Pino Scaccia ha detto...

Io penso invece che quella descrizione sia vera. Intanto, certi particolari si ritrovano in maniera drammatica in quell'unico fotogramma che tutti noi abbiamo visto. Poi corrisponde esattamente alle primissime notizie uscite da al Jazeera, subito "rimangiate". La giornalista del Corriere riprende una scena che qualcuno ha visto e le ha raccontato. Ricordo a memoria che quel filmato qualcuno lo aveva visto, mi sembra l'ambasciatore italiano in Qatar. Il giorno dopo al Jazeera fa marcia indietro, non parla piu' di filmato ma di fotogramma. Ed e' evidente che quello che e' uscito non e' una foto ma un fermo-immagine, cioe' un fotogramma tratto da un filmato. Ricordo benissimo che si parlo' di "colluttazione" fin dal primo momento. Una definizione che poi spari'. Bisogna capire il perche' della retromarcia. E forse rileggere padre Benjamin puo' essere utile. Anche se personalmente ho da sempre un'altra versione. Un'ipotesi. Ghareeb non e' stato ucciso subito, non vicino all'auto. Allora, a Enzo fanno fare quel video: lo stesso giorno (sono stati rapiti di mattina). Poi gli uccidono Ghareeb davanti. Enzo, su questo sono pronto a giurare, reagisce, si scaglia contro i terroristi, anche per il legame che aveva con Ghareeb. Uccidono anche lui. Fanno il filmato. Di pomeriggio. La luce e' quella.

pipistro ha detto...

"Perchè quello che oggi non è immagine riprodotta del mondo, quello che non è visibile, non esiste" ... "una sanguinosa descrizione che diventa subito invendibile. E scompare".

Anonimo ha detto...

comunque sembra che sia svanito tutto...mai esistito. nessuno ricorda più, come sempre. grazie per essere memoria