venerdì, agosto 25, 2006
In cauda venenum
Con una faccia di latta (alternative equipollenti: tolla, mota, palta) che trova riscontro e consenso solo in quella, di qualità analoga, ostentata dai lobbysti di Washington e dalle chiassose e moralmente minuscole entità della schiuma metapolitica italiana ed europea, Israele tenta il colpo di coda per cercare di sfruttare a proprio piacimento la missione Unifil in corso di confezione all'ONU. E' infatti delle ultime ore la notizia che i precari dirigenti dello Stato ebraico - sempre più vittima per procura e teppista sotto tutela - intendono mantenere "il blocco aereo e marittimo sul Libano per far fronte al contrabbando di armi". E questo chiedendo che "i soldati dell'Unifil vengano dislocati anche presso l'aeroporto di Beirut, presso i porti e lungo la frontiera con la Siria", strozzando così la sovranità del Libano dopo aver criminalmente annichilito le sue infrastrutture. Come osservato da Issam al-Zaim, ex ministro siriano della pianificazione, "dopo essere stati sconfitti sul campo, americani e israeliani cercano ora, sfruttando le ambiguità della isoluzione n. 1701, di strumentalizzare l'arrivo delle forze multinazionali per strappare alla resistenza quella vittoria loro sfuggita sul campo". Con ciò cercando, evidentemente, in un sol colpo, di salvare il governo agli occhi di una opinione pubblica che a diverso titolo, non sempre commendevole, lo vuole alla gogna e bypassando - questione da sempre sacrificata alla unilaterale ansia di sicurezza conseguente la propria occupazione di suolo altrui - la volontà del popolo e la sovranità del Libano, per il quale (cittadinanze, parti politiche e governo) il disarmo delle sue sin qui uniche forze di difesa è, semmai, un problema interno. Dal punto di vista politico, ma anche morale, le pretese israeliane sfiorano il ridicolo e non si può non sottolineare l'improntitudine e la presunzione di chi ha fatto della forza - vera o presunta tale - il proprio ed unico cavallo di battaglia ed oggi rifiuta la posizione di novello "incudine", che ben gli compete dopo la disfatta ad opera di un movimento di resistenza (che si cerca ancora e da più parti di assimilare ad entità terrorista) e si avvale da decenni del ben più pesante contrabbando di risorse militari di provenienza americana e, purtroppo, ancora oggi, europea, che ne fanno l'unica ed anche per questo pericolosissima spoletta nucleare del vicino oriente. Ma le guerre del terzo millennio non si combattono solo con le armi e dopo essersi giocato il residuo credito, graziosamente concesso da un'Europa colpevole, troppo litigiosa, tentennante ed opportunista per intervenire nell'arena palestinese, ci si rende forse conto che anche il supporto - quello sì terrorista - della propaganda lobbystica neoconservatrice, si scontra sempre di più con la diffusione globale dei fatti e della conoscenza e con la tardiva ma pur sempre benvenuta apertura di occhi troppo a lungo bendati. Le cateratte della storia si sono inesorabilmente aperte su decenni di menzogne e sono forse già lontani i tempi (1993 - 2000) in cui dalla Palestina si mandavano in qualità di negoziatori nella tana della gatto statunitense e in balia della volpe israeliana improbabili personaggi senza munirli delle mappe della regione di cui si andava a trattare. Le stesse mappe rimaste per anni oscure ai più e ignote - per disonestà più che per ignoranza - alla pelosa ipocrisia dei media occidentali. Le medesime inconoscibili mappe che ancora (l'ho personalmente letto su Ha'aretz poche ore fa) fanno parlare i più ostinati, i più ignoranti o i più scorretti, di generosa offerta di Israele quando Ehud Barak tentò, mentendo al mondo e alla sua stessa gente che anelava alla pace, di contrabbandare per buona (proponendola alla primitiva, inconsistente neonata "diplomazia" palestinese) la profferta dl nulla, o peggio del nulla, in cambio, non della pace, ma della boccheggiante ultima pietosa ratifica di mezzo secolo di usurpazione ed ingiustizia, finalizzata alle pretese di sicurezza dei soli illegittimi occupanti. Ora, tanti piccoli indizi dimostrano che la macchina dell'informazione preconfezionata e scorretta è tuttavia in movimento per spargere il suo veleno, mentre il governo israeliano agonizzante dà corso ai suoi crimini abituali nella Striscia dimenticata di Gaza. Sotto entrambi gli aspetti, la prima nei toni e il secondo mettendo nel carniere uno o due cadaveri palestinesi in più prima della fine, ostentano la debolezza di chi sta facendo un disperato tentativo di far quadrare un cerchio che si ostina, finalmente, dopo quarant'anni, a rimanere tondo.
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