venerdì, ottobre 13, 2006
Pericolo di pace
«Bashar al-Assad lo ha fatto di nuovo. E' riuscito a mettere in imbarazzo il governo israeliano. Fino a quando diffonderà le minacce rituali di liberare le Alture del Golan con la forza non disturberà nessuno. Dopo tutto, questo conferma solo ciò che molti vogliono sentire: che non c'è modo di raggiungere la pace con la Siria, che presto o tardi ci troveremo in guerra con loro. Perchè questo è un bene? Semplice: la pace con la Siria significherebbe restituire le Alture del Golan (territorio siriano sotto qualsiasi aspetto). Niente pace significa nessuna necessità di restituirle. Ma quando Bashar comincia a parlare di pace siamo nei guai. Quello è un disegno sinistro. Potrebbe - Dio non voglia - creare una situazione tale da costringerci a restituire quei territori [...] Perchè non facciamo la pace con la Siria? In questo momento ci sono due ragioni: una interna, l'altra internazionale. La ragione interna è l'esistenza di ventimila coloni sulle alture del Golan, che sono molto più popolari di quelli del West Bank. Non sono fanatici religiosi e i loro insediamenti sono stati costruiti sotto gli auspici del partito del Labor. Tutti i governi israeliani hanno avuto timore di toccarli [...] La seconda ragione per rifiutare la pace con la Siria è connessa con gli USA. La Siria appartiene all'"asse del male" di George Bush. Il presidente americano se ne frega degli interessi di Israele nel lungo periodo, quello che è importante per lui è raggiungere una specie di vittoria in Medio Oriente. La distruzione del regime siriano ("una vittoria per la democrazia") lo compenserà per il fiasco iraqeno. Nessun governo israeliano - e certamente non quello di Olmert - oserebbe disobbedire al presidente americano». (Uri Avnery, 11 ottobre 2006) Curioso, queste parole mi ricordano qualcosa. «I siriani vennero a Shepherdstown con una disposizione d'animo positiva e flessibile, ansiosi di raggiungere un accordo. Al contrario, Barak, che aveva spinto pesantemente per l'incontro, decise - apparentemente sulla base dei dati dei sondaggi - che aveva bisogno di rallentare il processo per alcuni giorni per convincere l'opinione pubblica israeliana di essere un negoziatore duro. Voleva che io usassi le mie buone relazioni con Shara [ndr. il ministro degli esteri siriano] e con [Hafez al] Assad, per tenerli buoni mentre lui si esponeva il meno possibile durante il periodo di attesa che si era imposto. Fui deluso, per dirla con un eufemismo ...». E' un piccolo assaggio dell'atteggiamento di Ehud Barak caparbiamente finalizzato a mandare a monte i colloqui di pace con la SIria nel gennaio 2000, v. Bill Clinton, My Life, L'ex presidente americano nella sua autobiografia sfata un altro spicchio del mito largamente diffuso dai media occidentali secondo cui furono Assad, prima e Arafat, poi, ad annichilire il percorso di pace subito prima della provocazione di Sharon (poi andato al governo) e della seconda intifada. Piccole cose, piccole persone hanno perpetuato gli insuccessi di ogni presunto tentativo di pacificazione della regione, almeno da Oslo in poi. Mancanza di coraggio e di volontà che devono essere attribuite più alle mezze figure espresse nei Governi israeliani e nell'Autorità palestinese che alla volontà viziata, convogliata, obnubilata e volutamente intorbidita della gente comune. Gente che soffre a causa di gente da poco.
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