venerdì, giugno 27, 2008
Mordechai Vanunu, l'ultimo appello
«Cari Editori, sono Mordechai Vanunu, quello che ha detto la verità sul programma nucleare israeliano nel 1986 e ha pagato con 18 anni della propria vita in una prigione israeliana. Sono stato rilasciato nell'aprile del 2004, ma Israele mi ha negato i diritti umani della libertà di parola e della libertà nei movimenti. Non mi è stato permesso di lasciare Israele dal 1986. E siamo ora nel 2008. L'8 luglio 2008 ritornerò davanti al giudice perchè ho proposto appello contro una sentenza che mi ha condannato ad altri 6 mesi di prigione per aver parlato con i media stranieri dopo il mio rilascio nel 2004. Chiedo ai media di riferire il mio caso e che sostengano gli sforzi dei miei avvocati in Norvegia per procurarmi l'asilo politico. Israele sostiene che dispongo ancora di segreti sul loro impianto nucleare sotterraneo, un posto che non vedo da ventitrè anni e che gli ispettori dell'AIEA non hanno mai visitato. Ho detto tutto quello che sapevo sul programma di armamento nucleare israeliano, nel 1986, perchè ho seguito la voce della mia coscienza e volevo evitare guerre nucleari. Dal 2004 ho parlato con migliaia di turisti e pellegrini a Gerusalemme Est e ho registrato ore di video ora disponibili in rete. La fondazione di Israele avvenne in conformità con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Chiedo al mondo che si pretenda [da Israele] che la rispetti in questo caso. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese. (Art. 13.2) Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. (Art. 19)» VANUNU MORDECHAI J. C. (4 giugno 2008)
mercoledì, giugno 18, 2008
Ancora sul "Nuclear Ring"
Il 15 giugno annotavo che Abdul Qadeer Khan non parlava e supponevo che non lo potesse fare. La BBC riferisce invece che ieri (martedì 17 giugno) lo scienziato pakistano ha nuovamente negato di aver venduto progetti per un evoluto ordigno nucleare alla rete svizzera di contrabbando che in questi giorni è ascesa agli onori della iperattiva cronaca occidentale del terrore o presunto tale sulla base di quanto argomentato dall'ex ispettore ONU agli armamenti David Albright. L'AFP riferisce le parole di Khan alla notizia. Dalla sua casa di Islamabad - dove è agli arresti domiciliari dal 2004 - lo scienziato non ha usato mezzi termini dichiarando che "è tutta una menzogna, non c'è nulla di vero. E' una totale stronzata" ed ha precisato di non aver mai lavorato con il suo team ad armamenti avanzati. Su quanto confessato in passato - cioè di aver venduto piani nucleari all'Iran, alla Corea del Nord e alla Libia - Khan ha aggiunto che le sue dichiarazioni non corrispondevano al vero e furono indotte da non specificate garanzie offerte dal governo pakistano che lo aveva incriminato. Ma visti i legami del Pakistan di Musharraf non è difficile immaginare chi e perchè abbia potuto allora veicolare le dichiarazioni del padre della bomba pakistana. Né oggi è possibile fare a meno di sottolineare la singolarità di un fatto. In Svizzera, dopo anni di esami sul materiale rinvenuto nei computer della famiglia Tinner ed anni di presunte indagini (le tracce della pista svizzera risalgono, infatti, perlomeno all'ottobre 2003, allorché venne sequestrata nel Mediterraneo e condotta a Taranto per mano italiana la nave battente bandiera tedesca BBC China, diretta in Libia con un carico di elementi per la costruzione di centrifughe per l'arricchimento dell'uranio) ci si sarebbe indotti solo in questi ultimi mesi, per motivi di sicurezza, a distruggere 30 mila documenti elettronici nella disponibilità di Urs Tinner e di chissà chi altri da almeno un quinquennio. Tinner collaborava inoltre, a quanto sembra, sia con il team di A.Q. Khan che con la CIA, ma pur essendo stato arrestato nell'ottobre 2004 non è stato mai processato. La Confederazione Elvetica avrebbe quindi distrutto oggi (inutilmente, trattandosi di documentazione virtuale e pertanto sicuramente già copiata e/o diffusa, se utile) tutto il materiale sensibile e le fonti di prova a carico del presunto trafficante di bombe, nonché spione per l'agenzia americana. A questo punto non è difficile ipotizzare che il governo elvetico si sia acconciato ad una operazione inefficace, tardiva e controproducente quantomeno per la giustizia svizzera ma con le caratteristiche evidenti di una inverosimile baggianata, per motivi diversi dalla sottrazione al "mercato clandestino del nucleare" di una serie di volatili tracce elettroniche. Certo, nessuno può prendere per oro colato le parole di Khan, né quelle di chiunque altro in tema di sicurezza, guerra, terrore, petrolio, risorse, danaro, programmi e progetti nucleari, alleanze ed egemonia e nessuno può immaginare che uno stato sovrano sotto pressione (economica, militare, interna ed esterna) non cerchi di dotarsi almeno in teoria di un deterrente nucleare, ma a nessuno può sfuggire che la propaganda svolta in proprio o per conto terzi (oggi) dagli USA della deriva neocon approdata al terzo millennio e dai suoi sicari a buon mercato in mezzo mondo, oltre che un insulto alle capacità critiche di chicchessia, si sia assestata ormai ben oltre i limiti della decenza. Del resto nessuno avrebbe potuto prendere per buone - per esempio - le allarmanti dichiarazioni sull'Iraq di Saddam (armi di distruzione di massa, legami con al-Qaida), ma qualcuno, tanti, lo hanno fatto. Con ciò confermando che le capacità critiche generali sono obnubilate dalla ripetizione ossessiva delle stesse menzogne, per quanto apodittiche e/o inverosimili, purchè siano accompagnate da sufficiente virulenza, o presunta autorevolezza, o da un evento traumatico, o anche solo dalla loro reiterazione per un periodo di tempo abbastanza lungo. Sotto questo ultimo aspetto (il tempo) però non ci si illuda. Mentre noi per lo più si sonnecchia c'è chi invece su questo lavora con gaia alacrità.
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Riassunto e aggiornamenti su Le Temps (CH) 19 giugno 2008.
«...En Suisse, l'affaire Tinner est encore loin d'avoir révélé tous ses secrets. Il reste par exemple à expliquer pourquoi la justice a mis autant de temps à lancer des poursuites contre les trois ingénieurs. Le rapport de la police de Malaisie révélait beaucoup de choses. Les quelques éléments de l'enquête suisse qu'on peut lire dans les diverses décisions du Tribunal fédéral et du Tribunal pénal fédéral ne font le plus souvent que confirmer des faits que l'on trouve déjà dans le rapport des enquêteurs de Kuala Lumpur. Leur document est public depuis février 2004. Or les Tinner n'ont été arrêtés qu'en octobre 2004, et les deux frères sont maintenus en détention, aujourd'hui encore, au motif notamment qu'ils risqueraient de faire disparaître des preuves ou d'influencer des témoins. Pourquoi cette lenteur de la justice helvétique? Les Tinner auraient-ils aussi travaillé pour les services secrets suisses?»
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Riassunto e aggiornamenti su Le Temps (CH) 19 giugno 2008.
«...En Suisse, l'affaire Tinner est encore loin d'avoir révélé tous ses secrets. Il reste par exemple à expliquer pourquoi la justice a mis autant de temps à lancer des poursuites contre les trois ingénieurs. Le rapport de la police de Malaisie révélait beaucoup de choses. Les quelques éléments de l'enquête suisse qu'on peut lire dans les diverses décisions du Tribunal fédéral et du Tribunal pénal fédéral ne font le plus souvent que confirmer des faits que l'on trouve déjà dans le rapport des enquêteurs de Kuala Lumpur. Leur document est public depuis février 2004. Or les Tinner n'ont été arrêtés qu'en octobre 2004, et les deux frères sont maintenus en détention, aujourd'hui encore, au motif notamment qu'ils risqueraient de faire disparaître des preuves ou d'influencer des témoins. Pourquoi cette lenteur de la justice helvétique? Les Tinner auraient-ils aussi travaillé pour les services secrets suisses?»
domenica, giugno 15, 2008
Nucleare iraniano, ogni occasione è buona
Una rete del contrabbando internazionale "potrebbe" avere fornito all'Iran progetti per la costruzione di ordigni nucleari avanzati. Questo il succo della notizia che impazza in queste ore in rete e sui media e viene immediatamente ripresa dai circoli neocon del pianeta. Senza vergogna e senza neppure darsi la pena di riassumerla correttamente - cioè, almeno letteralmente - anche i fogli nostrani legati alla giostra dell'informazione governativa italiana e americana spargono a piene mani le loro colorite illazioni. Ma nessuno si sofferma sulla particella più significativa nelle poche righe sopra riportate, cioè il verbo al condizionale, potrebbe. Qualsiasi mediocre leguleio conosce perfettamente il senso di quel condizionale e la sua debolezza. Lo scadente circo mediatico nostrano evidentemente no. E quindi il dove, il come, il quando e il perchè questi benedetti progetti potrebbero essere filtrati nelle avide mani persiane, come al solito, restano particolari di poco conto. Il sassolino, per quanto ridicolo, è lanciato e coglierà nel segno colpendo il disinvolto subconscio nazionale in tema di politica internazionale. Il mainstream italiano, ormai impantanato nelle maglie appiccicose della riedizione in chiave europea del mostro lobbystico d'oltreoceano, si adegua infatti con volonterosa alacrità alla campagna di disinformazione "ziocon", nel patetico tentativo di giustificare la follia di un'azione militare contro la Repubblica Islamica. Viceversa Haaretz, forse nel timore di perdere la faccia enfatizzando fuori misura le direttive nazionali che sovrintendono al tam tam americano ed europeo, si limita a riportare senza calcar la penna le più vaghe agenzie. Riprendiamo allora anche noi la notiziola dandole il peso che merita. Innanzitutto non è nuova, come non è nuova la rete planetaria di forniture nucleari, non proprio trasparenti, dello scienziato pakistano Abdul Qadeer Khan. Per altro verso la fonte primaria di questa minestra riscaldata sembra essere quanto emerso già nel novembre 2007 dalla distruzione da parte del governo elvetico del materiale informatico riferibile alla famiglia svizzera Tinner, legata agli affari dello stesso A.Q. Khan e un esponente della quale, Urs Tinner, è stato arrestato sin dall'ottobre 2004 e - come autorevolmente affermato - è stato per tanto tempo sui libri paga della CIA. All'atto della distruzione di questo materiale in formato elettronico, costituito da una trentina di migliaia di file per circa un terabyte, l'intelligence americano e la IAEA (che sovrintendeva all'operazione) sarebbero stati tanto vicini ai progetti sensibili rinvenuti nei computer svizzeri, da individuare in essi allarmanti riferimenti ad attrezzature nucleari che si assumono di tipo pakistano. In più essi avrebbero ipotizzato che tali progetti potrebbero (di nuovo il condizionale) essere filtrati chissà dove prima della loro distruzione ("But U.N. officials cannot rule out the possibility that the blueprints were shared with others before their discovery" - Washington Post). Tutto qui. Di Iran neppure l'ombra, salvo un improbabile accenno giornalistico al fatto che alcuni disegni, anch'essi di presunta provenienza pakistana, sarebbero stati forniti alla medesima Repubblica Islamica nel 1987, cioè 21 anni fa. Inutile dire che Abdul Qadeer Khan - perdonato in Pakistan per la sua non commendevole attività, ma sottoposto a blandi arresti domiciliari al suo paese - non parla, né sembra lo possa fare. E il governo di Musharraf non concede, né concederà alcuna precisazione al riguardo. Ma nulla vieta oggi e per qualche giorno ad una rete mediatica ipocrita ed eccitata in funzione anti iraniana di vendere i "potrebbe" come se fossero notizie allo svagato pubblico occidentale, senza aggiungere che la rete di Abdul Qadeer Khan potrebbe di recente aver venduto progetti all'Iran, così come il Pentagono potrebbe ospitare - è difficile ipotizzarlo ma il condizionale e alcuni fatti lo consentono - una rampa di atterraggio per astronavi aliene.
lunedì, giugno 09, 2008
Project for the New Italian Century
«I servizi segreti militari italiani, conosciuti come Sismi, hanno ospitato un incontro segreto tra autorità USA e rappresentanti di forze anti iraniane a Roma sette anni fa per promuovere un colpo di stato in Iran». L'Iran Daily dell'8 giugno 2008, riporta quanto rilanciato dall'IRNA: un particolareggiato servizio di Repubblica del 7 giugno scorso. Il meeting di tre giorni prevedeva un investimento americano di molti milioni di dollari e il quotidiano iraniano, come La Repubblica, fa riferimento ad un rapporto di 52 pagine presentato di recente al Senato americano dal comitato investigativo sui servizi USA (il "Select Committee on Intelligence", commissione di controllo del Parlamento americano sulle attività dei servizi). L'articolo di Repubblica è esaustivo e ci fa intuire a che sorta di risiko amano giocare, sulle penne degli italiani e non solo, il premier eletto e i suoi volonterosi sodali. Per intenderci, quelli che all'insegna del detto umoristico "armiamoci e partite", programmano di cambiare le regole di ingaggio nei siti di intervento militare italiano onde sottolineare - sembra - un progressivo maggior asservimento all'amico americano e alle politiche neocon che nel terzo millennio condiscono i suoi programmi di egemonia planetaria. Ma se da noi la lettura del pezzullo di Repubblica implicava uno sforzo superiore alla normale italica attenzione, così non si può dire di quanto succederà ai lettori del quotidiano iraniano. Questo, con poche righe accessibili anche al lettore più disinvolto, in prima pagina, lascia intendere che la nostra politica internazionale è caratterizzata dalle improbabili amicizie di un primo ministro le cui parole pubbliche più ricorrenti ("sono stato frainteso") delineano meglio di qualsiasi altra osservazione natura e limiti delle sue iniziative. Di fatto veniamo dipinti in pochi cenni (non per la prima volta e non solo da parte iraniana) come disponibili ad una politica internazionale immatura, vassalla e, all'occasione, guerrafondaia.
venerdì, giugno 06, 2008
Benedetto Cipriani, chi l'ha visto?
Da mesi è caduto il silenzio su Benedetto Cipriani, il nostro connazionale estradato negli USA il 12 luglio 2007 (nel fotomontaggio). In una nota del 5 maggio scorso, il Journal Inquirer (un giornale del Connecticut centro e nord), trattando del diverso processo a Jose Guzman, riferiva che quello contro Cipriani ...continua.
Affidato alle incerte condizioni di un decreto di estradizione firmato dal ministro Castelli ed eseguito dal ministro Mastella, per cui - se condannato a pena detentiva - dovrebbe essere concesso al nostro connazionale di scontare la pena in Italia, sappiamo solo che all'udienza di probable cause del 12 dicembre 2007 (una specie di udienza preliminare) il giudice Joseph Q. Koletsky ha deciso che lo Stato del Connecticut disponeva di prove sufficienti per procedere contro Cipriani, gravato di tre imputazioni di omicidio ed una di cospirazione per commettere omicidio, ed ha fissato l'udienza del 24 gennaio 2008 per il dibattimento. Da allora, a parte il laconico accenno del 5 maggio di cui si è detto sopra, più nulla. Né là, né qui.
Qui la storia (e anche su La Torre di Babele - blog Tg1), ma ricordiamo brevemente che il 16 luglio 2007 la Corte Superiore di Enfield, nel Connecticut, si era riunita per procedere nei confronti di Cipriani, accusato di essere stato il mandante, nel 2003, dell'omicidio di Robert "Bobby" Stears, marito di Shelly, una donna con cui Cipriani aveva avuto tempo prima una relazione amorosa. Il presunto incarico criminale, conferito secondo l'accusa a tre giovani balordi (Erik Martinez, Michael Castillo e Jose Guzman) per poche migliaia di dollari, era poi asseritamente degenerato in un allucinante triplice omicidio. Erano infatti caduti sotto i colpi di uno dei presunti sicari, oltre a Bobby Stears, anche un socio d'affari del primo (Barry Rossi) e un loro impiegato (il meccanico Lorne Stevens). Nel dettaglio - secondo l'accusa - Michael Castillo aveva guidato la propria auto per trasportare Jose Guzman sul luogo dell'omicidio. Erik Martinez aveva confessato di aver procurato l'arma usata per i delitti ed in seguito aveva testimoniato contro Cipriani raccontando che "una sera, mentre tornava da una cena con sua madre e il suo nuovo fidanzato, Benedetto Cipriani, questi gli chiese se era interessato ad un lavoro, 'far fuori' un tizio che - egli disse - aveva stuprato la figlia di un compagno di lavoro". Jose Guzman aveva confessato di aver sparato (uccidendo Stears, Rossi e Stevens) e di aver ricevuto alcune migliaia di dollari da Cipriani.
Su questi presupposti il giudice Richard W. Dyer della Corte di Enfield aveva fissato una cauzione di 7,5 milioni di dollari per il nostro connazionale, aderendo alla tesi del pubblico ministero sul pericolo che Cipriani volesse fuggire (nuovamente, secondo l'accusa) dallo Stato. L'ormai lontano 15 ottobre 2007 è stato emesso il verdetto di colpevolezza per Michael Castillo. Ma quindici giorni prima - il 1° ottobre - nello stesso processo contro Michael Castillo, Jose Guzman, che aveva confessato gli omicidi concordando con l'accusa una pena diversa dalla pena di morte (due ergastoli) con la promessa di testimoniare contro gli altri coimputati, ha invece rifiutato di testimoniare annullando di fatto l'accordo con la pubblica accusa.
Nel sintetico articolo del 5 maggio scorso, il Journal Inquirer ci comunica che per il processo contro Guzman (che dovrebbe affrontare, a questo punto, la possibilità di una condanna a morte) è prevista un'udienza per il 4 settembre prossimo. E il processo a Benedetto Cipriani? Come detto, continua. Così come il rigoroso silenzio delle autorità e l'apparente disinteresse della stampa italiana.
Affidato alle incerte condizioni di un decreto di estradizione firmato dal ministro Castelli ed eseguito dal ministro Mastella, per cui - se condannato a pena detentiva - dovrebbe essere concesso al nostro connazionale di scontare la pena in Italia, sappiamo solo che all'udienza di probable cause del 12 dicembre 2007 (una specie di udienza preliminare) il giudice Joseph Q. Koletsky ha deciso che lo Stato del Connecticut disponeva di prove sufficienti per procedere contro Cipriani, gravato di tre imputazioni di omicidio ed una di cospirazione per commettere omicidio, ed ha fissato l'udienza del 24 gennaio 2008 per il dibattimento. Da allora, a parte il laconico accenno del 5 maggio di cui si è detto sopra, più nulla. Né là, né qui.
Qui la storia (e anche su La Torre di Babele - blog Tg1), ma ricordiamo brevemente che il 16 luglio 2007 la Corte Superiore di Enfield, nel Connecticut, si era riunita per procedere nei confronti di Cipriani, accusato di essere stato il mandante, nel 2003, dell'omicidio di Robert "Bobby" Stears, marito di Shelly, una donna con cui Cipriani aveva avuto tempo prima una relazione amorosa. Il presunto incarico criminale, conferito secondo l'accusa a tre giovani balordi (Erik Martinez, Michael Castillo e Jose Guzman) per poche migliaia di dollari, era poi asseritamente degenerato in un allucinante triplice omicidio. Erano infatti caduti sotto i colpi di uno dei presunti sicari, oltre a Bobby Stears, anche un socio d'affari del primo (Barry Rossi) e un loro impiegato (il meccanico Lorne Stevens). Nel dettaglio - secondo l'accusa - Michael Castillo aveva guidato la propria auto per trasportare Jose Guzman sul luogo dell'omicidio. Erik Martinez aveva confessato di aver procurato l'arma usata per i delitti ed in seguito aveva testimoniato contro Cipriani raccontando che "una sera, mentre tornava da una cena con sua madre e il suo nuovo fidanzato, Benedetto Cipriani, questi gli chiese se era interessato ad un lavoro, 'far fuori' un tizio che - egli disse - aveva stuprato la figlia di un compagno di lavoro". Jose Guzman aveva confessato di aver sparato (uccidendo Stears, Rossi e Stevens) e di aver ricevuto alcune migliaia di dollari da Cipriani.
Su questi presupposti il giudice Richard W. Dyer della Corte di Enfield aveva fissato una cauzione di 7,5 milioni di dollari per il nostro connazionale, aderendo alla tesi del pubblico ministero sul pericolo che Cipriani volesse fuggire (nuovamente, secondo l'accusa) dallo Stato. L'ormai lontano 15 ottobre 2007 è stato emesso il verdetto di colpevolezza per Michael Castillo. Ma quindici giorni prima - il 1° ottobre - nello stesso processo contro Michael Castillo, Jose Guzman, che aveva confessato gli omicidi concordando con l'accusa una pena diversa dalla pena di morte (due ergastoli) con la promessa di testimoniare contro gli altri coimputati, ha invece rifiutato di testimoniare annullando di fatto l'accordo con la pubblica accusa.
Nel sintetico articolo del 5 maggio scorso, il Journal Inquirer ci comunica che per il processo contro Guzman (che dovrebbe affrontare, a questo punto, la possibilità di una condanna a morte) è prevista un'udienza per il 4 settembre prossimo. E il processo a Benedetto Cipriani? Come detto, continua. Così come il rigoroso silenzio delle autorità e l'apparente disinteresse della stampa italiana.
martedì, giugno 03, 2008
Nuclear clowning
In breve. L'AIEA, il comitato di controllo dell'ONU sul nucleare, esige che l'Iran chiarisca in proposito il suo passato lavoro, reso sospetto da rapporti di intelligence che suggeriscono che la Repubblica Islamica sia stata impegnata in studi sugli armamenti nucleari, i cosiddetti studi allegati. E ciò - occorre sottolineare - in passato. L'Occidente - cioè gli USA, i suoi clienti e i suoi valletti - temono che l'Iran possa usare il proprio programma nucleare per costruire ordigni nucleari. Tehran ha ripetutamente contestato queste informazioni definendole "costruite" e ha definito apodittica l'allegazione per cui starebbe cercando di costruire una bomba. Le nazioni occidentali, tra le quali gli Stati Uniti, insistono sul fatto che Tehran debba fornire prove contrarie a questa allegazione. E' facile aggiungere, a questo riguardo, che fornire la prova della non esistenza di qualcosa che non esiste - se non esiste - è semplicemente impossibile. Ma, ahimé, su pesanti pressioni di Washington, abbiamo già visto la stessa pretestuosa richiesta in merito alle presunte armi di distruzione di massa iraqene.
E' però ancora più facile sospettare oggi che tutta la questione sia rivolta a frustrare la minaccia economica costituita dall'Iran, per gli USA & Co. in Medio Oriente. Stiamo parlando di circa settanta miioni di giovani istruiti, che siedono su una considerevole quantità di petrolio (e di gas naturale), che guardano al mercato asiatico e sono attratti da neonati bisogni in stile occidentale. Tutto qui. Sulla via aperta dai fatti dell'11 settembre, l'Iran è già stato sottoposto a tre serie di sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (su ispirazione USA) in merito al suo rifiuto di sospendere le operazioni di arricchimento del'uranio, utili per ricavare combustibile nucleare come per costruire il nucleo fissile di una bomba atomica. A questo proposito l'Iran ribadisce che il suo programma nuclare è rivolto a scopi pacifici e alla produzione di energia ed ha finora rifiutato di interrompere le operazioni di arricchimento come precondizione per i negoziati, sottolineando di avere il diritto di svolgere quella attività secondo il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT). In più la Repubblica Islamica ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a negoziare con le potenze mondiali per 'alleviare le preoccupazioni' dell'occidente sulla propria attività nucleare.
Tre giorni fa qualcuno ha detto, come se si trattasse di una grossa notizia, che gli ispettori del comitato di controllo dell'ONU (AIEA) erano allarmati perchè l'Iran è in possesso di un documento che descrive il processo per costruire quello che potrebbe essere il "core" di un ordigno nucleare. Nulla che non si sapesse già. Si tratta del cosiddetto "uranium metal document", un documento di 15 pagine che descrive il processo di riduzione dell'UF6 (uranio esafluoride) per ricavarne uranio metallico in due emisferi, del tipo usato nelle testate nucleari. Iran ha dichiarato all'AIEA che il documento è stato ricevuto sin dal 1987 (incidentalmente, nel 1987 l'Iran era ancora in guerra contro l'Iraq) insieme alle specifiche per costruire le cosiddette centrifughe P1 usate per arricchire l'uranio, ed ha ribadito di non averlo richiesto. E' da sottolineare che l'AIEA ha riferito dell'esistenza di tale documento sin dal 2006 ed ha ricevuto, l'8 novembre 2007, una copia delle 15 pagine che lo costituiscono, ma ha di seguito dichiarato di "non aver rinvenuto indicazione di alcuna attività relativa al processo di riconversione dell'UF6 in Iran" (Rapporto del Direttore Generale dall'AIEA al Consiglio dei Governatori, GOV/2007/58) [1]. Tanto rumore per nulla.
Ciò detto, nella "Dichiarazione introduttiva al Consiglio dei Governatori" presentata il 2 giugno 2008 dal Direttore Generale dell'AIEA, Dr. Mohamed ElBaradei, possiamo leggere che "per mettere le cose nell'ottica giusta [deve essere sottolineato che] l'Agenzia allo stato non ha informazioni - a parte l'uranium metal document - su attuali progetti o costruzione da parte dell'Iran di componenti nucleari o di altri componenti chiave per un ordigno nucleare. Allo stesso modo l'Agenzia non ha avuto indicazioni dell'uso attuale di materiale nucleare connesso con gli studi allegati". E sembra allora ridicola l'ulteriore dichiarazione svolta per indebolire questi risultati, forse sotto pressione di qualche clown occidentale, per cui "benché l'Agenzia possa verificare e fornire assicurazioni sulle attività iraniane passate e presenti, le preoccupazioni sulle future intenzioni dell'Iran vanno ben al di là delle verifiche" dell'Agenzia.
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[1] Board of Governors - GOV/2007/58 - Date: 15 November 2007
"A.3. Uranium Metal Document - 25. On 8 November 2007, the Agency received a copy of the 15-page document describing the procedures for the reduction of UF6 to uranium metal and casting it into hemispheres. Iran has reiterated that this document was received along with the P-1 centrifuge documentation in 1987. The Agency has shared this document with Pakistan, the purported country of origin, and is seeking more information. Iran stated that the reconversion unit with casting equipment mentioned in the one-page1987 offer was not pursued with the supply network. Apart from the conversion experiments of UF4 to uranium metal at the Tehran Nuclear Research Centre (GOV/2004/60 Annex, para. 2), the Agency has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran. It should be noted, however,that a small UF6 to uranium metal conversion line in the Uranium Conversion Facility (UCF) was declared by Iran in the design information questionnaire for the UCF (GOV/2003/75, Annex 1, para.3). This line has not been built, as verified by the Agency’s inspectors".
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Short, IAEA, the UN nuclear watchdog, demands that Iran come clean over its past atomic work, suspected on the base of intelligence suggesting Iran was engaged in weaponization studies, the so called alleged studies. Namely, we must stress, in the past. The West - that is US, its clients and valets - fears Iran could use its nuclear programme to make atomic weapons. Tehran has repeatedly dismissed the intelligence as fabricated, and the allegations that it was seeking to build a bomb as baseless. Western countries such as the United States insist that Tehran should actively disprove the allegations rather than simply dismiss them as untrue. Easy to say, in this respect, that providing the evidence of non existence of something that does not exist is simply impossible. Alas, we got to see the same preposterous claim about alleged Iraqi WMD under heavy pressure from Washington.
It’s easier to suspect that the whole stuff is aimed at frustrating Iranian economic threat to the US & Co. egemony in the Middle East. We’re talking about 70 million young learned people, sitting over a remarkable lot of oil, looking at the Asia market and attracted by newly born western style needs. That’s it. On the path of the after 911, Iran is already under three sets of (US inspired) UN Security Council sanctions over its refusal to suspend uranium enrichment work, which can be used to make nuclear fuel as well as the fissile core of an atom bomb. In this respect Iran maintains that its nuclear programme is aimed at peaceful ends and energy production and has so far rejected halting uranium enrichment as a pre-condition to talks, stressing it has a right to the activity under the nuclear Non-proliferation Treaty (NPT). Moreover the Islamic Republic repeatedly said it is ready to negotiate with world powers to ‘alleviate concerns’ over its nuclear activity.
Three days ago some said, as if it were big news, that inspectors from the UN atomic watchdog were alarmed that Iran has in its possession a document describing the process for making what could be the core of a nuclear weapon. Nothing we did not hear of before, it is the so called uranium metal document, a 15-page document describing process for the reduction of UF6 (Uranium hexafluoride) to uranium metal and machining uranium metal into two hemispheres of the kind used in nuclear warheads. Iran has told the IAEA that the document was received back in 1987 (by the way in 1987 Iran was still at war with Iraq) along with design information for the so-called P1 centrifuges used to enrich uranium, and insists it did not request it. It must be underlined that IAEA reported the existence of such a document since 2006, and received on November 8, 2007, a copy of the relevant 15-page evidence, but later declared that “has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran” (Report by the Director General of IAEA to the Board of Governors, GOV/2007/58). Much ado about nothing.
This said, in the “Introductory Statement to the Board of Governors” made on June 2, 2008, by IAEA Director General, Dr. Mohamed ElBaradei, we can read that “To put things into perspective [it must be emphasized] that the Agency currently has no information - apart from the uranium metal document - on the actual design or manufacture by Iran of nuclear material components, or of other key components, of a nuclear weapon. Likewise, the Agency has not seen indications of the actual use of nuclear material in connection with the alleged studies”. And it seems then ludicrous a further worried statement made in order to soften those outcomes, maybe under pressure from some western clowns, that “while the Agency can verify and provide assurances about Iran´s past and present nuclear activities, concerns about Iran´s future intentions go well beyond verification” of the Agency. (pipistro/eng) (iraqwar)
E' però ancora più facile sospettare oggi che tutta la questione sia rivolta a frustrare la minaccia economica costituita dall'Iran, per gli USA & Co. in Medio Oriente. Stiamo parlando di circa settanta miioni di giovani istruiti, che siedono su una considerevole quantità di petrolio (e di gas naturale), che guardano al mercato asiatico e sono attratti da neonati bisogni in stile occidentale. Tutto qui. Sulla via aperta dai fatti dell'11 settembre, l'Iran è già stato sottoposto a tre serie di sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (su ispirazione USA) in merito al suo rifiuto di sospendere le operazioni di arricchimento del'uranio, utili per ricavare combustibile nucleare come per costruire il nucleo fissile di una bomba atomica. A questo proposito l'Iran ribadisce che il suo programma nuclare è rivolto a scopi pacifici e alla produzione di energia ed ha finora rifiutato di interrompere le operazioni di arricchimento come precondizione per i negoziati, sottolineando di avere il diritto di svolgere quella attività secondo il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT). In più la Repubblica Islamica ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a negoziare con le potenze mondiali per 'alleviare le preoccupazioni' dell'occidente sulla propria attività nucleare.
Tre giorni fa qualcuno ha detto, come se si trattasse di una grossa notizia, che gli ispettori del comitato di controllo dell'ONU (AIEA) erano allarmati perchè l'Iran è in possesso di un documento che descrive il processo per costruire quello che potrebbe essere il "core" di un ordigno nucleare. Nulla che non si sapesse già. Si tratta del cosiddetto "uranium metal document", un documento di 15 pagine che descrive il processo di riduzione dell'UF6 (uranio esafluoride) per ricavarne uranio metallico in due emisferi, del tipo usato nelle testate nucleari. Iran ha dichiarato all'AIEA che il documento è stato ricevuto sin dal 1987 (incidentalmente, nel 1987 l'Iran era ancora in guerra contro l'Iraq) insieme alle specifiche per costruire le cosiddette centrifughe P1 usate per arricchire l'uranio, ed ha ribadito di non averlo richiesto. E' da sottolineare che l'AIEA ha riferito dell'esistenza di tale documento sin dal 2006 ed ha ricevuto, l'8 novembre 2007, una copia delle 15 pagine che lo costituiscono, ma ha di seguito dichiarato di "non aver rinvenuto indicazione di alcuna attività relativa al processo di riconversione dell'UF6 in Iran" (Rapporto del Direttore Generale dall'AIEA al Consiglio dei Governatori, GOV/2007/58) [1]. Tanto rumore per nulla.
Ciò detto, nella "Dichiarazione introduttiva al Consiglio dei Governatori" presentata il 2 giugno 2008 dal Direttore Generale dell'AIEA, Dr. Mohamed ElBaradei, possiamo leggere che "per mettere le cose nell'ottica giusta [deve essere sottolineato che] l'Agenzia allo stato non ha informazioni - a parte l'uranium metal document - su attuali progetti o costruzione da parte dell'Iran di componenti nucleari o di altri componenti chiave per un ordigno nucleare. Allo stesso modo l'Agenzia non ha avuto indicazioni dell'uso attuale di materiale nucleare connesso con gli studi allegati". E sembra allora ridicola l'ulteriore dichiarazione svolta per indebolire questi risultati, forse sotto pressione di qualche clown occidentale, per cui "benché l'Agenzia possa verificare e fornire assicurazioni sulle attività iraniane passate e presenti, le preoccupazioni sulle future intenzioni dell'Iran vanno ben al di là delle verifiche" dell'Agenzia.
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[1] Board of Governors - GOV/2007/58 - Date: 15 November 2007
"A.3. Uranium Metal Document - 25. On 8 November 2007, the Agency received a copy of the 15-page document describing the procedures for the reduction of UF6 to uranium metal and casting it into hemispheres. Iran has reiterated that this document was received along with the P-1 centrifuge documentation in 1987. The Agency has shared this document with Pakistan, the purported country of origin, and is seeking more information. Iran stated that the reconversion unit with casting equipment mentioned in the one-page1987 offer was not pursued with the supply network. Apart from the conversion experiments of UF4 to uranium metal at the Tehran Nuclear Research Centre (GOV/2004/60 Annex, para. 2), the Agency has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran. It should be noted, however,that a small UF6 to uranium metal conversion line in the Uranium Conversion Facility (UCF) was declared by Iran in the design information questionnaire for the UCF (GOV/2003/75, Annex 1, para.3). This line has not been built, as verified by the Agency’s inspectors".
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Short, IAEA, the UN nuclear watchdog, demands that Iran come clean over its past atomic work, suspected on the base of intelligence suggesting Iran was engaged in weaponization studies, the so called alleged studies. Namely, we must stress, in the past. The West - that is US, its clients and valets - fears Iran could use its nuclear programme to make atomic weapons. Tehran has repeatedly dismissed the intelligence as fabricated, and the allegations that it was seeking to build a bomb as baseless. Western countries such as the United States insist that Tehran should actively disprove the allegations rather than simply dismiss them as untrue. Easy to say, in this respect, that providing the evidence of non existence of something that does not exist is simply impossible. Alas, we got to see the same preposterous claim about alleged Iraqi WMD under heavy pressure from Washington.
It’s easier to suspect that the whole stuff is aimed at frustrating Iranian economic threat to the US & Co. egemony in the Middle East. We’re talking about 70 million young learned people, sitting over a remarkable lot of oil, looking at the Asia market and attracted by newly born western style needs. That’s it. On the path of the after 911, Iran is already under three sets of (US inspired) UN Security Council sanctions over its refusal to suspend uranium enrichment work, which can be used to make nuclear fuel as well as the fissile core of an atom bomb. In this respect Iran maintains that its nuclear programme is aimed at peaceful ends and energy production and has so far rejected halting uranium enrichment as a pre-condition to talks, stressing it has a right to the activity under the nuclear Non-proliferation Treaty (NPT). Moreover the Islamic Republic repeatedly said it is ready to negotiate with world powers to ‘alleviate concerns’ over its nuclear activity.
Three days ago some said, as if it were big news, that inspectors from the UN atomic watchdog were alarmed that Iran has in its possession a document describing the process for making what could be the core of a nuclear weapon. Nothing we did not hear of before, it is the so called uranium metal document, a 15-page document describing process for the reduction of UF6 (Uranium hexafluoride) to uranium metal and machining uranium metal into two hemispheres of the kind used in nuclear warheads. Iran has told the IAEA that the document was received back in 1987 (by the way in 1987 Iran was still at war with Iraq) along with design information for the so-called P1 centrifuges used to enrich uranium, and insists it did not request it. It must be underlined that IAEA reported the existence of such a document since 2006, and received on November 8, 2007, a copy of the relevant 15-page evidence, but later declared that “has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran” (Report by the Director General of IAEA to the Board of Governors, GOV/2007/58). Much ado about nothing.
This said, in the “Introductory Statement to the Board of Governors” made on June 2, 2008, by IAEA Director General, Dr. Mohamed ElBaradei, we can read that “To put things into perspective [it must be emphasized] that the Agency currently has no information - apart from the uranium metal document - on the actual design or manufacture by Iran of nuclear material components, or of other key components, of a nuclear weapon. Likewise, the Agency has not seen indications of the actual use of nuclear material in connection with the alleged studies”. And it seems then ludicrous a further worried statement made in order to soften those outcomes, maybe under pressure from some western clowns, that “while the Agency can verify and provide assurances about Iran´s past and present nuclear activities, concerns about Iran´s future intentions go well beyond verification” of the Agency. (pipistro/eng) (iraqwar)
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