lunedì, febbraio 18, 2008

Finkelstein v. Dershowitz (continua)

Frank J. Menetrez (PhD presso l'Università di Los Angeles - California) aveva a suo tempo analizzato la diatriba accademica tra Norman Finkelstein e Alan Dershowitz, aveva pubblicato i risultati della sua analisi su Counterpunch con il titolo "Dershowitz v. Finkelstein: chi ha ragione e chi ha torto?" e suscitato più di un sospetto che il rinomato avvocato Dershowitz, cattedratico di Harvard, fosse - per così dire - uscito ben oltre le righe nel tentativo di difendere la sostanza e la confezione della sua opera "The Case for Israel". Il libro di Dershowitz era stato infatti aspramente denunciato da Finkelstein come scolasticamente povero e per di più infarcito di scopiazzature tratte da un altro prodotto ("From Time Immemorial" di Joan Peters) a suo tempo autorevolmente qualificato opera assai scadente e passato al dimenticatoio. In proposito i due accademici americani - Finkelstein e Dershowitz - non se le erano certo "mandate a dire" e avevano esposto le rispettive accuse e giustificazioni nel corso di un acceso dibattito su Democracy Now! (qui i video: parte prima e seconda).

La vicenda aveva poi avuto un seguito. Punto sul vivo, Alan Dershowitz aveva riversato tutto il proprio peso nella vicenda, cercando prima di impedire la pubblicazione del libro "Beyond Chutzpah" (letteralmente: "Oltre l'arroganza") - in cui Finkelstein esponeva nel dettaglio le proprie critiche al lavoro di Dershowitz - e chiamando poi in causa l'autorevolezza dell'Università di Harvard a propria difesa e affinché venissero negati cattedra e impiego al medesimo Finkelstein, allora assistente presso la facoltà di Scienze Politiche della cattolica Università DePaul di Chicago.

Nonostante gli interventi presso la casa editrice di "Beyond Chutzpah" e presso il Governatore della California, Arnold Schwarzenegger, l'avvocato Dershowitz non era riuscito a bloccare la pubblicazione del volume di Finkelstein, ma aveva ottenuto, di fatto, nonostante la asserita resistenza dei vertici della DePaul alle sue documentate pressioni, il diniego e il licenziamento anzitempo del professore di Chicago contro il parere del Dipartimento di scienze politiche e del college-level committee. (Come ha scritto Menetrez: «In June 2007, DePaul University denied tenure to Norman Finkelstein, an assistant professor of political science. The decision ignited a firestorm of protest from DePaul students and faculty, as well as from faculty across the country and abroad. Finkelstein’s department had voted 9-3 in favor of tenure, and a college-level committee unanimously joined that recommendation, 5-0. But the University Board on Promotion and Tenure (UBPT) voted 4-3 against tenure, and DePaul’s president claimed to “find no compelling reasons to overturn the UBPT’s decision»).

L'istituto cattolico che lo aveva accolto per sei anni, quindi, pur celebrando la sua competenza e capacità sotto ogni profilo si era liberato dello scomodo prof. Finkelstein nel giugno del 2007, mediante un accordo di cui non sono stati resi noti i particolari.

Ma torniamo a Frank J. Menetrez. Lo studioso ha pubblicato nei giorni scorsi un seguito all'analisi della vicenda che ha visto contrapposti i due accademici e ha stilato una lista di venti identici errori contenuti sia in "The Case for Israel" di Dershowitz, sia in "From Time Immemorial" di Joan Peters, a riprova della pedissequa scopiazzatura, con relativa omissione nelle citazioni della fonte diretta (secondaria). Questione a suo tempo pubblicamente denunciata da Norman Finkelstein. L'appendice di Menetrez, intitolata "The Case against Alan Dershowitz", è stata pubblicata su Counterpunch e costituirà, con parti del precedente articolo di Menetrez, l'epilogo all'edizione economica (paperback) di "Beyond Chutzpah".

L'edificante vicenda, che rispecchia la sofferenza del mondo accademico USA rispetto all'arroganza ed alle pressioni lobbystiche, ha - secondo Menetrez - un risvolto ancora più inquietante. Dershowitz ha infatti proclamato a gran voce, nel corso della diatriba, che una commissione indipendente di Harvard lo avrebbe mandato esente da colpe accademiche, omettendo tuttavia di precisare che - sempre secondo Menetrez - questa presunta commissione non ha mai investigato sul punto, basilare, degli identici errori contenuti nel suo lavoro e nel libro della Peters. Con questo atteggiamento il rinomato avvocato americano avrebbe quindi millantato l'esistenza di un autorevolissimo nulla osta di Harvard circa la bontà della sua opera, utilizzandolo a proprio discarico (rispetto all'accusa di plagio) e quale arma per influire a fondo sulla decisione dei vertici della DePaul di negare l'assegnazione della cattedra e dell'impiego a Norman Finkelstein. Di conseguenza, sotto questo profilo - precisa Menetrez - l'Università di Harvard sarebbe stata utilizzata come inconsapevole complice del disegno di Dershowitz e forse non è troppo aspettarsi oggi, quanto meno, il riconoscimento e le scuse di quella istituzione (Cfr. in "The Case against Dershowitz": «...because of Dershowitz’s repeated but apparently false claim that Harvard “completely cleared” him of Finkelstein’s charges, Harvard has been made an unwitting accomplice in Dershowitz’s wrongdoing. If my analysis is sound, then Dershowitz deliberately deceived DePaul not only about the plagiarism itself but also about the investigation that Harvard allegedly conducted [...] As of this writing, Dershowitz appears to have succeeded in protecting his own career by destroying Finkelstein’s. It is now probably too late to remedy all of the harm that Dershowitz’s conduct has caused, both to the review of Finkelstein’s tenure application and to public perceptions of Finkelstein and his work. But some sort of acknowledgement or apology by Harvard concerning Dershowitz’s wrongdoing might go some distance toward clearing the air and making amends»).

1 commento:

Anonimo ha detto...

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