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Una cosa è certa, non sarà facile, oggi, per le autorità dello stato ebraico, rinnovare l'operazione portata contro un'altra nave e i tre dirigenti dell'OLP nel 1988. In proposito non è inutile ricordare la sorte di quella spedizione abortita. L'operazione di sabotaggio riguardò la nave Sol Phryne, costruita in Giappone quarantuno anni prima, sequestrata a Cipro per debiti e pressochè in disarmo e tre dirigenti palestinesi di Fatah che asseritamente la stavano comprando per 600.000 dollari per indirizzarla ad Haifa. A bordo vi sarebbero saliti 135 palestinesi deportati da Israele, giornalisti e attivisti partiti appositamente dall'aeroporto di Atene e qualche autorità europea. La nave fu sabotata il 15 febbraio 1988. Meno di ventiquattro ore prima i tre ufficiali dell'OLP che si stavano forse occupando dell'acquisto dell'imbarcazione, erano stati massacrati facendo esplodere una bomba comandata a distanza e posta sotto il posto di guida della Volkswagen del Colonnello Marwan Ibrahim Kayyali. Secondo le autorità cipriote la nave era stata acquistata da una sconosciuta compagnia, la Karpathos Shipping, per un prezzo (appunto, 600.000 dollari) considerevolmente più alto di quanto si sarebbe potuto ricavare ad un'asta. L'OLP dichiarò successivamente che avrebbe noleggiato e non acquistato l'imbarcazione e negò che i suoi tre ufficiali fossero stati incaricati di acquistare il vascello. Prima di quel giorno la Sol Phryne, ancorata a Limassol, aveva percorso le isole della Grecia dal 67 al 74, era poi stata utilizzata per trasportare pellegrini ad Haifa e nel 1982 per evacuare milizie palestinesi da Beirut a Tunisi dopo l'invasione israeliana. Il capitano della nave, Cleanthos Vlahopoulos, dichiarò di non conoscere l'identità dei nuovi proprietari del Sol Phryne e di non essere a conoscenza del viaggio imminente. Di fatto alle 5.30 del mattino del 15 febbraio 1988, 18 ore dopo l'esplosione dell'automobile dei tre dirigenti di Fatah, il comandante Vlahopoulos e i 52 membri dell'equipaggio vennero svegliati da un'altra esplosione. Una mina magnetica sottomarina applicata sotto la linea di galleggiamento aprì una falla nel vascello ponendo nel nulla il viaggio e il progettato approdo palestinese - da molti definito teatrale - ad Haifa. Il viaggio era stato chiamato el-awda, il ritorno. Vi fu più di una rivendicazione, ma il Mossad fu ampiamente ed autorevolmente sospettato (Time) dì avere condotto l'intera operazione. Nei fatti prima che l'esplosione venisse resa nota il ministro della difesa israeliano, Yitzhak Rabin, aveva dichiarato in pubblico che Israele si sarebbe opposto al viaggio "in qualsiasi modo possibile" (New York Times).