lunedì, marzo 31, 2008

Da Oslo ad Annapolis, percorsi senza pace

Grandi notizie su Haaretz. E' detto naturalmente in senso ironico, ci si stupisce che questi appunti di quotidiana attualità abbiano meritato la prima pagina: "Il primo ministro Ehud Olmert ha promesso lunedì al leader spirituale del partito Shas, Rabbi Ovadiah Yosef, che autorizzerà le costruzioni sulla terra della "sacca di Gerusalemme" che finora erano state congelate. Fonti del partito ultra-ortodosso Shas hanno riferito che "il primo ministro ha promesso ...inequivocabilmente che le costruzioni riguardanti le comunità di tutta la "sacca di Gerusalemme" non saranno intralciate e verranno scongelate senza indugio" [...] Nel frattempo il Consiglio Yesha per gli Insediamenti ha dichiarato che continuerà a costruire negli insediamenti del West Bank anche senza le necessarie autorizzazioni del governo [...] Peace Now, in un rapporto rilasciato lunedì, ha accusato il governo di procedere con le costruzioni ebraiche a Gerusalemme Est ad un ritmo senza precedenti".

Facciamo un passo indietro, di quindici anni. Oslo, Dichiarazione di principi (settembre 1993) e poi Interim Agreement (settembre 1995) con sette "Annexes", oltre a mappe, accordi atomizzati per singole questioni (Gaza e Jerico, Hebron), ecc. In realtà nulla poteva indurre ottimismo alla luce di quanto immediatamente dichiarato da Rabin sin dalla cerimonia tenuta in occasione della firma della Dichiarazione di principi, primo atto dei c.d. accordi di Oslo, il 13.9.1993. " We have come from Jerusalem, the ancient and eternal capital of the Jewish people". [ndr. period]

Come "confessato" da Shlomo Ben-Ami (dibattito vs Norman Finkelstein su Democracy Now!) Israele si diede subito da fare per tradire lo spirito degli accordi di Oslo e - a mio avviso - anche la lettera. Nella Dichiarazione di principi: (Articolo I, scopo dei negoziati) leggiamo: ("It is understood that the interim arrangements are an integral part of the whole peace process and that the negotiations on the permanent status will lead to the implementation of Security Council Resolutions 242 and 338"). Cioè: "E' inteso che gli accordi ad interim sono parte integrante dell'intero processo di pace e che le negoziazioni sullo status permanente condurranno all'attuazione delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 242 e 338". Nell'art. IV, Giurisdizione, leggiamo: "Le due parti vedono il West Bank e la Striscia di Gaza come una singola unità territoriale, la cui unità sarà preservata nel corso degli accordi ad interim" (questione poi riproposta negli accordi all'art. XXXI, n. 8). Gli Interim Agreements (Art. XXXI n. 7) furono ancora più chiari: "Nessuna delle parti inizierà o farà alcun passo che possa cambiare lo status del West Bank e della Striscia di Gaza nel corso delle negoziazioni sullo status permanente". Anche un riferimento alla risoluzione 194 (dell'Assemblea dell'ONU) quanto alla sorte dei profughi sarebbe rimasto lettera morta.

Cosa può indurre a pensare, oggi, che l'happening di Annapolis, con allegata Road Map (già contestata in 14 punti da Israele), 15 anni dopo gli "accordi" di Oslo rinnegati formalmente da Sharon e poi in pratica da tutti, possa avere miglior fortuna?

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Big news on Haaretz, ironically speaking of course. One marvels at the fact that the following daily feature deserved first page: “The municipality of Jerusalem on Monday approved the construction of 600 new homes in Pisgat Zeev, east of the Green Line.” [...] “Prime Minister Ehud Olmert promised the spiritual leader of the Shas Party, Rabbi Ovadiah Yosef, that he would authorize construction on “Jerusalem envelope” lands which have been thus far frozen, sources from the ultra-Orthodox Party said.” [...] “Meanwhile, the Yesha Council of Settlements said Monday it would continue to build in West Bank settlements, even without the necessary government authorizations.” [...] “Peace Now accused the government of stepping up Jewish construction in East Jerusalem at an unprecedented rate, in a report released Monday.”

Just a step back to fifteen years ago, to the so called
Declaration of Principles of 1993, then to the Interim Agreement(s) of 1995, with its seven “annexes”, plus maps, plus atomized deals (Gaza and Jericho, Hebron), etc. Nothing could really lead the world to optimism in the light of Yitzhak Rabin’s speech at the ceremony for the signing of the Declaration of principles, first act of the Oslo accords on September 13, 1993. “We have come from Jerusalem, the ancient and eternal capital of the Jewish people.” [Editor’s note: period]

According to Shlomo Ben-Ami’s confession (debating Norman Finkelstein on
Democracy Now!) Israel got moving without delay against the spirit of Oslo - I’d say also the letter (e.g. art. I of the Declaration: “It is understood that the interim arrangements are an integral part of the whole peace process and that the negotiations on the permanent status will lead to the implementation of Security Council Resolutions 242 and 338.” Art. IV: “The two sides view the West Bank and the Gaza Strip as a single territorial unit, whose integrity will be preserved during the interim period.” Art. XXXI n. 7 of the Interim Agreement: “Neither side shall initiate or take any step that will change the status of the West Bank and the Gaza Strip pending the outcome of the permanent status negotiations.”)

What make us feel that the Annapolis show & Road Map enclosed (denied since its birth in 14 points by Israel), fifteen years after the Oslo Accords that were officially repudiated by Ariel Sharon and, practically, by everybody, should have a better chance?

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