Alan Dershowitz, in questi giorni in visita in Israele, sostiene che le 'regole del diritto' devono adattarsi alla lotta contro la minaccia terroristica. Si lamenta poi della mancanza di relazioni tra la comunità ebraica USA e Israele e chiede agli ebrei d'America di visitare Israele. Il rinomato avvocato difensore di Klaus von Bulow e OJ Simpson, già acclamato alfiere dei diritti umani, nonché Felix Frankfurter Professor of Law all'Università di Harvard, viene qualificato correttamente - su Arutz Sheva - quale "franco difensore di Israele nei suoi libri, articoli, conferenze e dibattiti". E infatti risulta evidente come il potentissimo prof. di Harvard non riesca a dismettere le vesti dell'avvocato difensore e tutto il relativo armamentario in ogni sua manifestazione. Soprattutto - va da sé - nel perorare la causa di un cliente. Non senza ricorrere alle più discutibili arti del mestiere.
Di esempi ce ne sono a bizzeffe, dalla faziosa confezione del suo "The Case for Israel" all'intervento (infruttuoso) per impedire, prima, la pubblicazione del saggio critico che lo ha smascherato, "Beyond Chutzpah" e, poi (stavolta riuscendo nel suo intento), intervenendo con tutto il peso di un presunto nulla osta di Harvard (sulla genuinità del proprio Case for Israel) e con ogni altro riprovevole attacco personale, perchè fosse negata all'autore della suprema offesa, Norman Finkelstein, una cattedra alla cattolica Università DePaul di Chicago.
Proclamando ripetutamente il suo impegno e la sua equidistante bonomia verso una soluzione binazionale del conflitto israelo palestinese, Dersh non perde occasione per raccogliere tanto gli strali della più accesa destra israeliana - che evidentemente gli crede (v. commenti su Arutz Sheva) - quanto quelli di ogni altro osservatore, più o meno imparziale, dei fatti. Ma non bisogna lasciarsi ingannare, in realtà è tutta e solo strategia difensiva.
Nessuno può dimenticare l'appassionata difesa di Dersh delle indifendibili sortite di Barak e del suo entourage a Camp David, allorché affrontò ad Harvard [ndr. JFK School of Government - JFK Jr. Forum, 29 novembre 2005, nella foto] un Noam Chomsky forse più disattento del solito. Gli è che contro i fatti e la storia, visti, rivisti, documentati e riportati da più parti, nulla puote salvo l'arringa di un professionista. E poco importa, allora, se Chomsky colloca Ron Pundak - dal 2001 membro del Peres Center for Peace - a Camp David, anzicchè a Oslo, quando tutti i resoconti degli incontri di luglio-dicembre 2000 risultano storicamente, consapevolmente - e in parte dolosamente - orientati dalla delegazione israeliana capeggiata da Barak verso l'insuccesso (v. in particolare Charles Enderlin, Shattered Dreams e il saggio di Norman Finkelstein sull'atteggiamento di Dennis Ross).
Così Dersh, da buon avvocato, al JFK Jr. Forum agita in lontananza le tardive mappe virtuali presentate forse a Taba nel 2001 e in qualche modo relative alle indegne (e mitizzate come "generose") proposte di Barak ben sapendo che nessuno le analizzerà da vicino, né le discuterà. E si giova del malizioso attacco di uno spettatore per talune imprecisioni di Chomsky per segnare il punto davanti al suo giudice, in questo caso il pubblico di Harvard.
E allora se il suo cliente delinque, cioè contravviene alle regole del diritto (internazionale, umanitario) e i fatti sono fatti, sono chiari e sono di fronte a tutti, cosa si fa? Ovvio, si cambia la legge [ndr. in Italia siamo esperti in materia].
Così sembra che il professore abbia stabilito due obiettivi riguardo la sua visita allo Stato ebraico. Primo, manifestare il doveroso sostegno agli abitanti di Sderot e Ashkelon. Secondo, fare lezioni e tenere conferenze su come combattere la guerra al terrorismo, semplicemente ... 'aggiornando' le regole del diritto.
Sempre Arutz Sheva ci racconta che, parlando con Yishai Fleisher di IsraelNationalRadio, Dershowitz dichiara, senza neppure vergognarsi: "insegnerò come devono cambiare le regole del diritto per essere adatte alla nuova realtà dei terroristi suicidi che usano gli scudi umani e mettono le democrazie in una situazione difficile. Traggono vantaggio dalla nostra maggiore moralità forzando le democrazie a scegliere tra non fare nulla e uccidere inevitabilmente dei civili. Le regole attualmente favoriscono i terroristi contro le democrazie e le regole devono cambiare".
Perfetto, avvocato! Di diritto, di rovescio o anche aggredendo l'arbitro, ogni sistema è buono pur di fare il punto.
martedì, marzo 18, 2008
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