Trascrivo di seguito una serie di pezzulli sul tema del nucleare iraniano, già sparsi su questo blog tra il 2005 e il 2009. Roba vecchia, si potrebbe dire, se le conclusioni dell'ultimo rapporto dell'International Atomic Energy Agency (IAEA), datato 8 novembre 2011 (GOV/2011/65), non facessero costante ed esplicito riferimento alla medesima anziana paccottiglia informativa agitata nell'ultimo decennio (c.d. "uranium metal document" e "alleged studies"). Roba infatti di cui tuttora si nutre l'attualissimo allegato al rapporto IAEA denominato "Possible Military Dimensions to Iran’s Nuclear Programme". Inutile aggiungere che mezzo mondo occidentale è disposto ad accogliere qualsiasi insipido minestrone informativo di dubbia provenienza come se fosse di sicura fondatezza e stringente attualità, pur di giustificare la paventata sortita iraniana dei soliti noti e relativi sodali, istigatori e valletti internazionali.
Friday, February 25, 2005
TEHERAN - L'Iran "è determinato nel proseguire il
processo per l'arricchimento dell'uranio", una tecnologia che può essere
impiegata anche per costruire ordigni atomici. È stata questa, oggi, la
risposta del ministro degli esteri, Kamal Kharrazi, all'annuncio di una sorta
di 'fronte comune' diplomatico tra Usa e Ue per impedire che la Repubblica
islamica si doti di armi nucleari (...) Non meno dure le parole del presidente
Mohammad Khatami: "Gli europei - ha detto - subirebbero un danno peggiore
dell'Iran se decidessero di piegarsi alle pressioni americane". La loro
"dignità di fronte al mondo", secondo il presidente iraniano, ne
uscirebbe scalfita, così come i loro interessi economici in Medio Oriente. [Swissinfo 23 feb
2005]
Così riferisce Swissinfo, titolando "Nucleare: Iran, dura risposta a fronte comune Usa-Ue".
La risposta di Kharrazi proseguirebbe tuttavia in tono parzialmente diverso. Irib News (Islamic Republic of Iran Broadcasting) riferisce e completa il discorso di Kharrazi: "Il ministro degli esteri Kamal Kharrazi ha detto qui mercoledì che Teheran è determinato nel proseguire il processo per l'arricchimento dell'uranio ma che colloqui sono in corso per rimuovere le preoccupazioni dell'EU sulla possibile produzione di armi nucleari da parte dell'Iran ...". Non più dure del prevedibile, poi, le parole di Khatami che, sempre secondo Irib News, prima di mostrare il suo rammarico per il possibile atteggiamento europeo di condiscendenza alle pressioni USA avrebbe "sottolineato il diritto dell'Iran di avere accesso alle tecnologie nucleari [expressis verbis] per scopi pacifici". Per completezza occorre aggiungere che - secondo le parole dell'IRNA (Islamic Republic News Agency) - Khatami invita esplicitamente l'EU a garantire all'Iran la prosecuzione di applicazioni pacifiche della tecnologia nucleare e che a sua volta l'Iran garantirà di "non deviare dal sentiero di un [suo] pacifico utilizzo". Nel discorso ai giornalisti Khatami ha sottolineato che l'Iran ha volontariamente accettato il trattato di non proliferazione nucleare (NPT) ed intende mantenere gli impegni come immagina faccia l'Europa ed ha espresso la speranza che l'EU non intenda seguire le richieste degli USA consentendo all'Iran di proseguire per la sua strada. Ha inoltre precisato che Teheran sarebbe dispiaciuta di un'azione sugli impianti nucleari ma che i tecnici iraniani a fronte di una simile iniziativa sarebbero rapidamente in grado di ripristinare tali impianti. Khatami ha poi inteso mettere in guardia l'Europa da ogni decisione sotto l'influenza degli USA precisando - come ha riferito Swissinfo - che gli europei ne soffrirebbero maggiormente dell'Iran.
Ma leggiamo, infine, Le Monde Diplomatique di febbraio 2005: Israele è convinto che a breve termine il programma nucleare iraniano raggiungerà un punto di non ritorno. «Se non si interviene, tra sei mesi l'iran sarà in grado di produrre uranio arricchito e avrà così la possibilità di fabbricare entro il 2008 la sua prima bomba atomica», ha affermato il 12 gennaio 2005 il generale Abraham Zeevi, capo dell'intelligence militare israeliana; e ha poi sottolineato che l'Iran dispone già di un missile della portata di 1300 km, lo Shihab-3, «in grado di colpire il cuore dello stato di Israele».
Stiamo andando verso il disastro in funzione preventiva?
Così riferisce Swissinfo, titolando "Nucleare: Iran, dura risposta a fronte comune Usa-Ue".
La risposta di Kharrazi proseguirebbe tuttavia in tono parzialmente diverso. Irib News (Islamic Republic of Iran Broadcasting) riferisce e completa il discorso di Kharrazi: "Il ministro degli esteri Kamal Kharrazi ha detto qui mercoledì che Teheran è determinato nel proseguire il processo per l'arricchimento dell'uranio ma che colloqui sono in corso per rimuovere le preoccupazioni dell'EU sulla possibile produzione di armi nucleari da parte dell'Iran ...". Non più dure del prevedibile, poi, le parole di Khatami che, sempre secondo Irib News, prima di mostrare il suo rammarico per il possibile atteggiamento europeo di condiscendenza alle pressioni USA avrebbe "sottolineato il diritto dell'Iran di avere accesso alle tecnologie nucleari [expressis verbis] per scopi pacifici". Per completezza occorre aggiungere che - secondo le parole dell'IRNA (Islamic Republic News Agency) - Khatami invita esplicitamente l'EU a garantire all'Iran la prosecuzione di applicazioni pacifiche della tecnologia nucleare e che a sua volta l'Iran garantirà di "non deviare dal sentiero di un [suo] pacifico utilizzo". Nel discorso ai giornalisti Khatami ha sottolineato che l'Iran ha volontariamente accettato il trattato di non proliferazione nucleare (NPT) ed intende mantenere gli impegni come immagina faccia l'Europa ed ha espresso la speranza che l'EU non intenda seguire le richieste degli USA consentendo all'Iran di proseguire per la sua strada. Ha inoltre precisato che Teheran sarebbe dispiaciuta di un'azione sugli impianti nucleari ma che i tecnici iraniani a fronte di una simile iniziativa sarebbero rapidamente in grado di ripristinare tali impianti. Khatami ha poi inteso mettere in guardia l'Europa da ogni decisione sotto l'influenza degli USA precisando - come ha riferito Swissinfo - che gli europei ne soffrirebbero maggiormente dell'Iran.
Ma leggiamo, infine, Le Monde Diplomatique di febbraio 2005: Israele è convinto che a breve termine il programma nucleare iraniano raggiungerà un punto di non ritorno. «Se non si interviene, tra sei mesi l'iran sarà in grado di produrre uranio arricchito e avrà così la possibilità di fabbricare entro il 2008 la sua prima bomba atomica», ha affermato il 12 gennaio 2005 il generale Abraham Zeevi, capo dell'intelligence militare israeliana; e ha poi sottolineato che l'Iran dispone già di un missile della portata di 1300 km, lo Shihab-3, «in grado di colpire il cuore dello stato di Israele».
Stiamo andando verso il disastro in funzione preventiva?
Tuesday, January 03, 2006
Terrorismo internazionale, asse del male, punto di non
ritorno, parole, luoghi comuni che riempiono la bocca di molti e le tasche di
altri. Attendiamo una definizione di terrorismo senza che qualcuno estragga dal
gonnellino di Eta Beta gli arbitrari elenchi di confezione USA/Israele o la
facile spiegazione del perché tale definizione non esista. Il motivo è infatti
abbastanza semplice: non è possibile imporre una definizione ad hoc secondo le
mire, le aspirazioni e gli interessi degli uni contro gli altri, condannando ma
assolvendo contemporaneamente chi dello strumento terroristico ha fatto e fa
largamente uso. In proposito Luigi Bonanate, professore di relazioni
internazionali all'Università di Torino, nel brevissimo saggio "Terrorismo
Internazionale" definisce sì il terrorismo come l'azione di movimenti
clandestini che hanno di mira solitamente il governo di uno o più Paesi in
vista di un sovvertimento rapido e drastico dell'ordine politico e sociale, ma
lo stesso accademico parla anche di forme di terrore esercitate direttamente o
in modo coperto dagli Stati, così che accanto al terrorismo contro lo Stato si
può proporre anche un altro terrorismo, di Stato, e sottolinea infine che quasi
sempre una guerra è stata necessaria per il successo dei movimenti
indipendentisti e quasi ogni guerra è stata preceduta da una fase di lotta
terroristica. In una intervista ad Antonio Cassese (professore di diritto
internazionale all'Università di Firenze, che ha presieduto per quattro anni,
dal 1993 al 1997, il Tribunale Penale Internazionale dell'Aja) leggiamo poi che
esistono dodici trattati internazionali concernenti diversi tipi specifici di
azioni terroristiche, ma che è stato in effetti impossibile, finora, giungere
ad una definizione generale del terrorismo accettata da tutta la comunità
internazionale. E chissà perché un fatto (o a mio avviso uno strumento, quello
terroristico) deve poggiare la propria essenza su una convenzione, frutto
dell'accordo tra contrapposti interessi. E comunque basta oggi indicare quale
focolaio di terrorismo, con un altro utile escamotage, l'appartenenza al
cosiddetto asse del male e collocarci il paese che di volta in volta fa comodo
o risulta un ostacolo alle mire strategiche o al recupero di nuove risorse da
parte di chi decide - con lo strapotere delle armi e dei media - "quando e
come". Ma sotto questo profilo la globalizzazione e diffusione
dell'informazione è un pericolo. Non sarà infatti tanto facile giustificare -
ad esempio - l'aggressione in itinere nei confronti dell'Iran. Non tanto quanto
lo è stato occupare l'Iraq dietro il paravento delle armi di distruzione di
massa, della dittatura sanguinaria di Saddam e delle fasulle connivenze con una
non meglio identificata multinazionale del terrorismo. Multinazionale tanto
evanescente da evaporare nel giro di pochi mesi dall'Afghanistan all'Iraq, in
compagnia di una sequela di menzogne che, secondo gli affarucci contingenti del
momento, è risultato agevole spostare da una parte all'altra del Medio Oriente,
senza considerare che il vero ed unico "asse del male" è stato da più
tempo identificato nel "pericoloso circuito tra povertà, malattie
infettive, degrado ambientale e crescente competizione per l'accesso al
petrolio ed altre risorse". Questo il chiaro atto d'accusa verso la Casa
Bianca che emerge dallo "State of the World 2005", l'ultimo rapporto
del Worldwatch Institute: la "lotta al terrorismo sta spostando
l'attenzione del mondo dalle reali cause di instabilità" - notano i
curatori del Rapporto - e fa comodo inventarsi e supportare con una escalation
mediatica preordinata secondo le necessità del momento, giorno dopo giorno, le
basi per una nuova aggressione, mentre alcuni esaltati sono liberi di far
credere al mondo che le loro possibilità vadano ben oltre la confezione di
video da lanciare su internet. I proclami si sprecano e il 28 maggio 2003 il
ministro degli esteri russo Ivanov avverte della ripetizione dello schema della
aggressione contro l'Iraq nel caso dell'Iran. E infatti il 31 maggio successivo
Condoleeza Rice minaccia azioni contro l'Iran per il suo supposto appoggio al
terrorismo, al gruppo Al Qaeda e per il suo programma di sviluppo nucleare. E
inizia il balletto dei punti di non ritorno. "Israele è convinto che a
breve termine il programma nucleare iraniano raggiungerà un punto di non
ritorno. «Se non si interviene, tra sei mesi l'iran sarà in grado di produrre
uranio arricchito e avrà così la possibilità di fabbricare entro il 2008 la sua
prima bomba atomica», ha affermato il 12 gennaio 2005 il generale Abraham
Zeevi, capo dell'intelligence militare israeliana; e ha poi sottolineato che
l'Iran dispone già di un missile della portata di 1300 km, lo Shihab-3,
"in grado di colpire il cuore dello stato di Israele" [Le Monde Diplomatique,
febbraio 2005]. E il 12 aprile 2005 [NY Times] "Spargendo delle fotografie
dei siti nucleari iraniani sopra il tavolo da pranzo del ranch di Bush in
Texas, lunedì scorso il PM israeliano Sharon ha sollecitato il presidente Bush
ad aumentare le pressioni sull'Iran perché rinunci a tutti gli elementi del suo
programma nucleare (così riferito da fonti ufficiali americane e israeliane).
Le stesse fonti hanno riferito che il signor Sharon ha detto che i servizi di
intelligence israeliani hanno dimostrato che l'Iran è vicino a "un punto
di non ritorno" nell'apprendere come sviluppare un'arma (nucleare). DebkaFile del 13
dicembre 2005: "Ahmadinejad’s previous calls to wipe Israel off the map
and "cleanse Palestine" by relocating the Jewish state in Europe were
roundly condemned by the UN Security Council and world leaders. IDF chief of
staff Dan Halutz repeated: "Within three months Iran will reach the point
of no-return in terms of its capability to manufacture a nuclear bomb, although
it still has problems to overcome". Quanti
punti di non ritorno eh? Finisce che poi qualcuno ci crede.
Wednesday, February 01, 2006
Nella sua prima intervista da quando l'Iran ha rotto i
sigilli degli impianti di ricerca nucleare, ElBaradei, direttore generale della IAEA, ha parlato con
Newsweek della sua frustrazione con Tehran e delle sue idee per evitare una
ulteriore escalation. Negli ultimi tre anni - ha dichiarato ElBaradei a
Newsweek - abbiamo fatto intense verifiche in Iran e ancora io non sono nelle
condizioni di dare un giudizio sulla natura pacifica del programma [nucleare].
Abbiamo ancora bisogno di assicurarci attraverso l'accesso a documenti, persone
[e] posti, che abbiamo visto tutto quello che dobbiamo vedere e che non c'è nulla
di sospetto in merito al programma. ElBaradei ha poi detto che che non ci sono
indicazioni di un programma iraniano completamente separato di armamento
nucleare ma che non ne esclude la possibilità, aggiungendo ancora che se gli
iraniani hanno materiale nucleare e un programma di armamento nucleare
potrebbero non essere molto lontani - un po' di mesi - dalla possibilità di
costruire un'arma. Questa la situazione, possibilista, che traspare dal
resoconto fornito da ElBaradei. In un comunicato stampa della IAEA e in relazione alla conferenza che avrà luogo il 2
febbraio a Vienna sulla situazione degli impianti nucleari iraniani, leggiamo
che la riunione sarà interdetta alla stampa e che verrà rilasciata una
dichiarazione del Dr. ElBaradei ai giornalisti, che verrà pubblicata sul sito
web della IAEA alle 11 circa di giovedì 2 febbraio. Leggiamo tuttavia sin d'ora
su Haaretz (del 1° febbraio) che secondo la stessa Agenzia
Internazionale sull'Energia Atomica l'Iran avrebbe ottenuto sul mercato nero
del nucleare un documento completo che non serve ad altro che a costruire una
testata atomica. La scoperta risulterebbe da un rapporto che sta per essere
presentato al meeting di 35 nazioni che inizierà giovedì e in cui si tratterà
della opportunità di deferire l'Iran al Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Lo
stesso rapporto sarebbe stato rivelato per intero all'Associated Press.
Contemporaneamente l'IRNA (Islamic Republic News Agency) comunica che un
gruppo di accademici iraniani si è riunito il 31 gennaio per manifestare il
proprio supporto al programma nucleare iraniano e mandare un appello alla IAEA
perchè non lasci che le superpotenze danneggino le procedure delle obbligazioni
internazionali contenute nel Non Proliferation Treaty (NPT) e le garanzie che
l'Iran ha dato con la firma del Protocollo Addizionale del 2003, per il quale
il programma nucleare iraniano non sarà distolto dall'uso civile.
Thursday, June 08, 2006
«Lo
Shah dell'Iran sta seduto sopra una delle più vaste riserve di petrolio del
mondo. Eppure sta costruendo due impianti nucleari e ne ha in programma altri
due per fornire elettricità al suo paese. Lui sa che il petrolio sta finendo e
con esso il tempo. Ma non costruirebbe le centrali se dubitasse della loro
sicurezza. Aspetterebbe. Come molti americani vogliono. Lo Shah sa che
l'energia nucleare non è solo economica, ma ha raggiunto in trent'anni
considerevoli risultati di sicurezza. Risultati che sono stati sufficientemente
buoni pure per i cittadini di Plymouth, in Massachussetts. Loro hanno approvato
il secondo impianto nucleare con una maggioranza di quattro a uno. Il che
dimostra che non dovete andare fino in Iran per trovare approvazione
all'energia nucleare».
E' un inserto pubblicitario utilizzato negli anni 70 da molte compagnie petrolifere USA per convincere gli americani della necessità di dotarsi di impianti nucleari e della sicurezza raggiunta dalle centrali e pubblicato oggi su iranian.com (Guess who's building nuclear power plants?) e sul Manifesto (7 giugno 2006, pag. 4). Il regime dello Shah forniva infatti in quel periodo, prima della rivoluzione islamica al seguito di Khomeini, che avrebbe precipitato la Persia in un diverso tipo di padella (o brace), garanzie di vassallaggio perfettamente accettabili dal punto di vista degli USA, che parteciparono infatti alacremente - e non da soli - alla corsa iraniana per dotarsi di centrali e tecnologie nucleari. Oggi lo scenario è notoriamente cambiato anche senza riguardo alle ondivaghe, estemporanee e comunque largamente enfatizzate accuse di partecipazione alla schiera dei cattivi rivolte alla Persia e al suo regime, che sconta inoltre, per non farsi mancar nulla, il fatto di essere obiettivamente opprimente, antidemocratico e percorso trasversalmente da problemi di sviluppo in odore occidentale, acceso nazionalismo e legislazione confessionale islamica (Sharia). Ma oggi, sebbene sia più convincente il piano economico che consentirebbe all'Iran di risparmiare poco meno di 30 miliardi di dollari (dotandosi di nuovi ed efficienti impianti nucleari per far fronte al crescente consumo interno e rivitalizzando le risorse petrolifere anche per l'esportazione - cfr. Limes 4/2006, appendice all'articolo "Così si gioca al tavolo nucleare", pag. 99-100) rispetto agli scenari apocalittici iniettati in occidente su iniziativa prevalentemente americana e israeliana, in sostanza l'Iran sconta assai più il fatto di essere capace di recare non poco disturbo sotto il profilo economico e geostrategico al cancerogeno progetto di egemonia pianificato nel Project for a New American Century dagli USA ed avallato dai suoi clienti o aspiranti tali.
E' un inserto pubblicitario utilizzato negli anni 70 da molte compagnie petrolifere USA per convincere gli americani della necessità di dotarsi di impianti nucleari e della sicurezza raggiunta dalle centrali e pubblicato oggi su iranian.com (Guess who's building nuclear power plants?) e sul Manifesto (7 giugno 2006, pag. 4). Il regime dello Shah forniva infatti in quel periodo, prima della rivoluzione islamica al seguito di Khomeini, che avrebbe precipitato la Persia in un diverso tipo di padella (o brace), garanzie di vassallaggio perfettamente accettabili dal punto di vista degli USA, che parteciparono infatti alacremente - e non da soli - alla corsa iraniana per dotarsi di centrali e tecnologie nucleari. Oggi lo scenario è notoriamente cambiato anche senza riguardo alle ondivaghe, estemporanee e comunque largamente enfatizzate accuse di partecipazione alla schiera dei cattivi rivolte alla Persia e al suo regime, che sconta inoltre, per non farsi mancar nulla, il fatto di essere obiettivamente opprimente, antidemocratico e percorso trasversalmente da problemi di sviluppo in odore occidentale, acceso nazionalismo e legislazione confessionale islamica (Sharia). Ma oggi, sebbene sia più convincente il piano economico che consentirebbe all'Iran di risparmiare poco meno di 30 miliardi di dollari (dotandosi di nuovi ed efficienti impianti nucleari per far fronte al crescente consumo interno e rivitalizzando le risorse petrolifere anche per l'esportazione - cfr. Limes 4/2006, appendice all'articolo "Così si gioca al tavolo nucleare", pag. 99-100) rispetto agli scenari apocalittici iniettati in occidente su iniziativa prevalentemente americana e israeliana, in sostanza l'Iran sconta assai più il fatto di essere capace di recare non poco disturbo sotto il profilo economico e geostrategico al cancerogeno progetto di egemonia pianificato nel Project for a New American Century dagli USA ed avallato dai suoi clienti o aspiranti tali.
Saturday, September 09, 2006
Nel 1991 l'amministrazione Bush (quella di George
senior, naturalmente) formulò un piano di rinuncia alle armi chimiche in Medio
Oriente. Subito si osservò che questo avrebbe costituito un ostacolo alla
produzione di armi nucleari da parte di Israele. Si disse tuttavia, in
proposito, che il piano costituiva uno sforzo per agevolare il controllo della
armi nella regione e non fosse naturalmente destinato solo ad Israele, l'unica
nazione in Medio Oriente di cui si ipotizzava il possesso di armi nucleari. Secondo
il piano, quindi, Israele avrebbe dovuto disfarsi del proprio arsenale nucleare
a fronte della rinuncia degli altri paesi ai rispettivi arsenali chimici.
Il 14 maggio 1991 Bush sperava di poter annunciare il piano ufficialmente al più presto, benchè si fosse consapevoli che ciò avrebbe causato problemi con Israele. Il 3 giugno 1991, secondo Associated Press (in Rocky Mountain News) il segretario alla difesa Cheney - sì, proprio lo stesso Cheney - annunciò che gli USA non avrebbero cercato di sollecitare Israele o gli stati arabi ad intraprendere negoziati di pace in medio oriente tagliando la fornitura di armi. "Penso che per noi - precisò Cheney - l'idea di minacciare i nostri amici israeliani con un taglio alle forniture, per esempio per ottenere che facciano qualcosa sul piano diplomatico, possa essere controproducente".
Per parte sua il presidente egiziano Mubarak, il 12 giugno (1991) successivo, suggeriva senza mezzi termini al primo ministro israeliano Shamir che sarebbe stato impossibile per Israele mantenere l'occupazione ed aspettarsi la pace in Medio Oriente, e lo sollecitava ad una certa "flessibilità", se veramente interessato alla pace. Questo dopo aver sottolineato, il 5 giugno precedente, che quello che preoccupava i paesi arabi in merito al piano di Bush sulle armi era proprio la capacità nucleare di Israele, non senza aver manifestato qualche preoccupazione sul fatto che gli USA stessi ignorassero la reale entità dell'arsenale nucleare israeliano. Questo - si disse - cioè il potenziale israeliano era il problema "centrale all'intero processo" e rendeva non realistico il piano di Bush (così il ministro degli esteri Amr Mussa). Pochi mesi più tardi, nell'ottobre 1991, un libro di Seymour M. Hersh, riferiva infatti che l'arsenale nucleare di Israele era assai più ampio di quanto previsto dal governo USA e che uno dei principali bersagli potenziali delle armi nucleari israeliane era stata a suo tempo l'Unione Sovietica. Il libro ("The Samson Option") precisava che Israele era in possesso di oltre 300 ordigni nucleari e che vi era stato un pieno allarme nucleare per ben tre volte in passato.
Solo nel novembre 1994 l'ipotetico potenziale bellico nucleare israeliano veniva approssimativamente indicato in circa 200 ordigni e sette installazioni nucleari sulla base delle indicazioni fornite da un analisi di foto dal satellite ad alta risoluzione fornita alla rivista di intelligence Jane's, realizzate nei cinque anni precedenti, osservazioni che, si potè leggere (Miami Herald, 19 novembre 1994), avevano reso possibile seguire il percorso degli ipotetici armamenti dal reattore nucleare al prodotto finale. Ma nel frattempo (fine 1991) cominciavano, guarda caso, a trapelare informazioni della CIA sull'esistenza di "una forte probabilità che l'Iran avesse acquisito tutte, o virtualmente tutte, le componenti per la fabbricazione di due o tre bombe atomiche". Un rapporto del febbraio 1992 alla Camera dei rappresentanti aveva poi ipotizzato che questi (due o tre) ordigni avrebbero potuto essere operativi tra il febbraio e l'aprile del medesimo 1992, ma ancora nel febbraio 1993 il direttore della CIA, James Woolsey, affermava che l'Iran necessitava di otto, dieci anni per produrre la sua bomba.
Nel gennaio 1995, in pieno periodo Clinton, "nuove informazioni" indicavano che l'Iran avrebbe potuto ottenere armi nucleari in cinque anni o meno. Si precisava che le autorità israeliane consideravano questa possibilità in cima alla lista delle loro preoccupazioni e alcuni iniziarono addirittura ad ipotizzare che Israele stesse valutando l'ipotesi di un attacco militare preventivo ai reattori iraniani. A Gerusalemme, il 6 gennaio 1995, si immaginava infatti che le autorità israeliane avrebbero sottolineato al segretario della difesa americano William Perry, in occasione della sua visita della settimana seguente, che necessitavano nuovi sforzi per impedire all'Iran e all'Iraq lo sviluppo di armi nucleari. Stiamo parlando di undici anni fa. Gli esperti israeliani dichiararono allora che l'Iran si stava muovendo velocemente per ottenere un'arma nucleare e ci si aspettava la potesse ottenere in un periodo di cinque anni e potesse munirsi di un sistema di lancio in un periodo tra i sette e i dieci anni "se l'Iran avesse mantenuto lo stesso sforzo intensivo per ottenere tutto ciò che gli serviva". Il 16 marzo 1995, Shimon Peres, durante una visita con il principe Hassan in Giordania, disse che era preoccupato delle nuove informazioni per cui l'Iran potesse dotarsi di un'arma nucleare in cinque anni grazie ad una sofisticata rete di contrabbando, via Pakistan e Siria, che asseritamente consentiva a Tehran di aggirare l'embargo occidentali sulle armi. Peres sottolineava in proposito che "il contrabbando del materiale nucleare era molto pericoloso", dimostrando di essere dotato di un acuto senso dell'umorismo e di una ipocrisia fuori dal comune. Nell'aprile successivo, durante l'amministrazione Clinton, si osservava che nessuno avrebbe potuto dormire tranquillo - o dormire del tutto - se "i mullah" si fossero dotati della bomba atomica. La questione era se fosse possibile prevenirlo e, se sì, come. Quell'amministrazione pensò possibile ostacolare Tehran, dissuadendo il governo russo dalla fornitura di due reattori all'Iran. Qualcuno pensò, in quel periodo, che successivamente alla fine della guerra fredda "il problema della proliferazione nucleare non stava migliorando ma peggiorando" (Michael Krapon, direttore di un think tank sulla sicurezza nucleare a Washington). E sarebbe potuto anche peggiorare considerevolmente anche solo perché l'attenzione pubblica si era allontanata dal soggetto nucleare. Fino agli anni 80, si disse, l'Unione Sovietica e gli USA tenevano entrambi il grilletto nucleare nelle loro mani. Ognuno aveva ragioni per costruire un arsenale nucleare ma anche buoni motivi per non servirsene. (*)
In una inconsueta intervista di due ore dal suo ufficio di Tehran, intorno agli inizi di luglio 1995, il presidente iraniano Rafsanjani parlò di tutte le questioni cruciali del momento e in merito all'impasse tra Iran e USA dichiarò che l'embargo operato dal presidente americano Clinton avrebbe danneggiato solo l'America, negando che l'Iran stesse acquisendo armi nucleari ed accusando gli USA di ignorare i diritti umani. Dichiarò inoltre che benché non credesse all'equità nella conduzione del processo di pace in Medio oriente, l'Iran non l'avrebbe ostacolato. "Crediamo che questa nuova misura sia in parte per la pressione esercitata dai circoli sionisti, ma parlando in generale, dall'inizio della rivoluzione (iraniana) l'amministrazione americana ha dimostrato la sua ostilità verso la rivoluzione stessa. Le condizioni interne degli USA, le rivalità tra i due partiti ed altri problemi interni, hanno reso necessario trovare un nemico all'esterno. Nel passato l'Unione Sovietica era considerata il nemico. Ora vogliono che l'Iran sia il capro espiatorio ..." (Washington Post, 9 luglio 1995). Il 14 maggio precedente il New York Times riferiva che le autorità iraniane contavano di costruire circa dieci impianti di produzione nucleare nei successivi vent'anni e negavano - come in centinaia di altre occasioni da allora - le accuse degli USA che l'Iran stesse tentando di sviluppare armi nuclari.
(*) «In più di quarant'anni di Guerra Fredda il genere umano non è stato distrutto a causa della mutua deterrenza tra le due superpotenze. La stabilità strategica era basata sull'equilibrio tra la paura e quello che fu chiamato MAD - mutual assured destruction [reciproca distruzione assicurata]. Era chiaro ad entrambe le parti che anche se solo una fosse riuscita a sorprendere il suo rivale, la vittima avrebbe comunque avuto abbastanza bombe da provocare la totale distruzione dell'attaccante...». In un interessante articolo di Reuven Pedatzur su Haaretz (7.9.2006), si analizza l'ìpotesi di nuova deterrenza conseguente il possibile ampliarsi (nel caso, verso l'Iran) del potenziale nucleare offensivo del pianeta. Mi sento di condividere in parecchi punti il pensiero dell'editorialista di Haaretz. Se infatti non è stato sinora possibile giungere a "somma nucleare zero" mediante abbandono globale, totale ed incondizionato di ogni armamento nucleare (e direi comunque non convenzionale) e non è neppure ipotizzabile che l'abbandono venga preso in considerazione, riterrei oggi più tranquillizzante l'ipotesi di nuova deterrenza che ponga rimedio al venir meno del blocco sovietico ed alla possibilità, oggi concretamente in atto, di dovere assistere ad una "emissione nucleare unilaterale" (da parte della potenza o del gruppo di paesi di volta in volta dominanti) nei confronti del blocco (o del paese) di volta in volta - per farla semplice - più debole o sgradito. Condivido inoltre con Pedatzur (con E. Said e con molti altri) la irriguardosa convinzione che Bernard Lewis - anziano ed infaticabile propugnatore di una "logica" di scontro tra mondi diversi e compilatore di inaccettabili generalizzazioni sul fatalismo suicida del mondo arabo tout court - sia un pericoloso e vecchio trombone. Vale a mio avviso la pena di leggere l'intero articolo ("Let them have nukes").
Il 14 maggio 1991 Bush sperava di poter annunciare il piano ufficialmente al più presto, benchè si fosse consapevoli che ciò avrebbe causato problemi con Israele. Il 3 giugno 1991, secondo Associated Press (in Rocky Mountain News) il segretario alla difesa Cheney - sì, proprio lo stesso Cheney - annunciò che gli USA non avrebbero cercato di sollecitare Israele o gli stati arabi ad intraprendere negoziati di pace in medio oriente tagliando la fornitura di armi. "Penso che per noi - precisò Cheney - l'idea di minacciare i nostri amici israeliani con un taglio alle forniture, per esempio per ottenere che facciano qualcosa sul piano diplomatico, possa essere controproducente".
Per parte sua il presidente egiziano Mubarak, il 12 giugno (1991) successivo, suggeriva senza mezzi termini al primo ministro israeliano Shamir che sarebbe stato impossibile per Israele mantenere l'occupazione ed aspettarsi la pace in Medio Oriente, e lo sollecitava ad una certa "flessibilità", se veramente interessato alla pace. Questo dopo aver sottolineato, il 5 giugno precedente, che quello che preoccupava i paesi arabi in merito al piano di Bush sulle armi era proprio la capacità nucleare di Israele, non senza aver manifestato qualche preoccupazione sul fatto che gli USA stessi ignorassero la reale entità dell'arsenale nucleare israeliano. Questo - si disse - cioè il potenziale israeliano era il problema "centrale all'intero processo" e rendeva non realistico il piano di Bush (così il ministro degli esteri Amr Mussa). Pochi mesi più tardi, nell'ottobre 1991, un libro di Seymour M. Hersh, riferiva infatti che l'arsenale nucleare di Israele era assai più ampio di quanto previsto dal governo USA e che uno dei principali bersagli potenziali delle armi nucleari israeliane era stata a suo tempo l'Unione Sovietica. Il libro ("The Samson Option") precisava che Israele era in possesso di oltre 300 ordigni nucleari e che vi era stato un pieno allarme nucleare per ben tre volte in passato.
Solo nel novembre 1994 l'ipotetico potenziale bellico nucleare israeliano veniva approssimativamente indicato in circa 200 ordigni e sette installazioni nucleari sulla base delle indicazioni fornite da un analisi di foto dal satellite ad alta risoluzione fornita alla rivista di intelligence Jane's, realizzate nei cinque anni precedenti, osservazioni che, si potè leggere (Miami Herald, 19 novembre 1994), avevano reso possibile seguire il percorso degli ipotetici armamenti dal reattore nucleare al prodotto finale. Ma nel frattempo (fine 1991) cominciavano, guarda caso, a trapelare informazioni della CIA sull'esistenza di "una forte probabilità che l'Iran avesse acquisito tutte, o virtualmente tutte, le componenti per la fabbricazione di due o tre bombe atomiche". Un rapporto del febbraio 1992 alla Camera dei rappresentanti aveva poi ipotizzato che questi (due o tre) ordigni avrebbero potuto essere operativi tra il febbraio e l'aprile del medesimo 1992, ma ancora nel febbraio 1993 il direttore della CIA, James Woolsey, affermava che l'Iran necessitava di otto, dieci anni per produrre la sua bomba.
Nel gennaio 1995, in pieno periodo Clinton, "nuove informazioni" indicavano che l'Iran avrebbe potuto ottenere armi nucleari in cinque anni o meno. Si precisava che le autorità israeliane consideravano questa possibilità in cima alla lista delle loro preoccupazioni e alcuni iniziarono addirittura ad ipotizzare che Israele stesse valutando l'ipotesi di un attacco militare preventivo ai reattori iraniani. A Gerusalemme, il 6 gennaio 1995, si immaginava infatti che le autorità israeliane avrebbero sottolineato al segretario della difesa americano William Perry, in occasione della sua visita della settimana seguente, che necessitavano nuovi sforzi per impedire all'Iran e all'Iraq lo sviluppo di armi nucleari. Stiamo parlando di undici anni fa. Gli esperti israeliani dichiararono allora che l'Iran si stava muovendo velocemente per ottenere un'arma nucleare e ci si aspettava la potesse ottenere in un periodo di cinque anni e potesse munirsi di un sistema di lancio in un periodo tra i sette e i dieci anni "se l'Iran avesse mantenuto lo stesso sforzo intensivo per ottenere tutto ciò che gli serviva". Il 16 marzo 1995, Shimon Peres, durante una visita con il principe Hassan in Giordania, disse che era preoccupato delle nuove informazioni per cui l'Iran potesse dotarsi di un'arma nucleare in cinque anni grazie ad una sofisticata rete di contrabbando, via Pakistan e Siria, che asseritamente consentiva a Tehran di aggirare l'embargo occidentali sulle armi. Peres sottolineava in proposito che "il contrabbando del materiale nucleare era molto pericoloso", dimostrando di essere dotato di un acuto senso dell'umorismo e di una ipocrisia fuori dal comune. Nell'aprile successivo, durante l'amministrazione Clinton, si osservava che nessuno avrebbe potuto dormire tranquillo - o dormire del tutto - se "i mullah" si fossero dotati della bomba atomica. La questione era se fosse possibile prevenirlo e, se sì, come. Quell'amministrazione pensò possibile ostacolare Tehran, dissuadendo il governo russo dalla fornitura di due reattori all'Iran. Qualcuno pensò, in quel periodo, che successivamente alla fine della guerra fredda "il problema della proliferazione nucleare non stava migliorando ma peggiorando" (Michael Krapon, direttore di un think tank sulla sicurezza nucleare a Washington). E sarebbe potuto anche peggiorare considerevolmente anche solo perché l'attenzione pubblica si era allontanata dal soggetto nucleare. Fino agli anni 80, si disse, l'Unione Sovietica e gli USA tenevano entrambi il grilletto nucleare nelle loro mani. Ognuno aveva ragioni per costruire un arsenale nucleare ma anche buoni motivi per non servirsene. (*)
In una inconsueta intervista di due ore dal suo ufficio di Tehran, intorno agli inizi di luglio 1995, il presidente iraniano Rafsanjani parlò di tutte le questioni cruciali del momento e in merito all'impasse tra Iran e USA dichiarò che l'embargo operato dal presidente americano Clinton avrebbe danneggiato solo l'America, negando che l'Iran stesse acquisendo armi nucleari ed accusando gli USA di ignorare i diritti umani. Dichiarò inoltre che benché non credesse all'equità nella conduzione del processo di pace in Medio oriente, l'Iran non l'avrebbe ostacolato. "Crediamo che questa nuova misura sia in parte per la pressione esercitata dai circoli sionisti, ma parlando in generale, dall'inizio della rivoluzione (iraniana) l'amministrazione americana ha dimostrato la sua ostilità verso la rivoluzione stessa. Le condizioni interne degli USA, le rivalità tra i due partiti ed altri problemi interni, hanno reso necessario trovare un nemico all'esterno. Nel passato l'Unione Sovietica era considerata il nemico. Ora vogliono che l'Iran sia il capro espiatorio ..." (Washington Post, 9 luglio 1995). Il 14 maggio precedente il New York Times riferiva che le autorità iraniane contavano di costruire circa dieci impianti di produzione nucleare nei successivi vent'anni e negavano - come in centinaia di altre occasioni da allora - le accuse degli USA che l'Iran stesse tentando di sviluppare armi nuclari.
(*) «In più di quarant'anni di Guerra Fredda il genere umano non è stato distrutto a causa della mutua deterrenza tra le due superpotenze. La stabilità strategica era basata sull'equilibrio tra la paura e quello che fu chiamato MAD - mutual assured destruction [reciproca distruzione assicurata]. Era chiaro ad entrambe le parti che anche se solo una fosse riuscita a sorprendere il suo rivale, la vittima avrebbe comunque avuto abbastanza bombe da provocare la totale distruzione dell'attaccante...». In un interessante articolo di Reuven Pedatzur su Haaretz (7.9.2006), si analizza l'ìpotesi di nuova deterrenza conseguente il possibile ampliarsi (nel caso, verso l'Iran) del potenziale nucleare offensivo del pianeta. Mi sento di condividere in parecchi punti il pensiero dell'editorialista di Haaretz. Se infatti non è stato sinora possibile giungere a "somma nucleare zero" mediante abbandono globale, totale ed incondizionato di ogni armamento nucleare (e direi comunque non convenzionale) e non è neppure ipotizzabile che l'abbandono venga preso in considerazione, riterrei oggi più tranquillizzante l'ipotesi di nuova deterrenza che ponga rimedio al venir meno del blocco sovietico ed alla possibilità, oggi concretamente in atto, di dovere assistere ad una "emissione nucleare unilaterale" (da parte della potenza o del gruppo di paesi di volta in volta dominanti) nei confronti del blocco (o del paese) di volta in volta - per farla semplice - più debole o sgradito. Condivido inoltre con Pedatzur (con E. Said e con molti altri) la irriguardosa convinzione che Bernard Lewis - anziano ed infaticabile propugnatore di una "logica" di scontro tra mondi diversi e compilatore di inaccettabili generalizzazioni sul fatalismo suicida del mondo arabo tout court - sia un pericoloso e vecchio trombone. Vale a mio avviso la pena di leggere l'intero articolo ("Let them have nukes").
Thursday, September 14, 2006
«L'ambasciatore USA presso la IAEA, Gregory Schulte,
ha rilasciato mercoledì [13
settembre 2006] una dichiarazione dicendo che Washington è convinta che
l'Iran sia intenzionato ad acquisire la tecnologia, i materiali e il know-how
necessari per la produzione di armi atomiche. La dichiarazione segue una
lettera, inviata da Schulte al direttore generale della IAEA, nella quale
specifica le sistematiche violazioni dell'Iran alle restrizioni imposte dalla
comunità internazionale sul suo programma nucleare. Tra le altre cose
l'ambasciatore USA dice che l'Iran ha costruito 164 centrifughe addizionali per
il suo impianto di Nantz, così raddoppiando il loro numero; ha impedito agli
ispettori della IAEA di ricevere la documentazione sull'attivazione delle
centrifughe ed ha confiscato e distrutto i risultati delle ispezioni di
monitoraggio della IAEA. La lettera menziona pure il fatto che l'Iran prosegue
nella costruzione di un impianto ad Araq, dove è stata recentemente resa
operativa una attrezzatura ad acqua pesante; 120 tonnellate di uranio sono
state convertite in gas ed ora altre 160 tonnellate di uranio stanno per essere
sottoposte allo stesso processo. Secondo le previsioni americane queste due
operazione permetterebbero a Tehran di produrre una quantità sufficiente di
uranio in gas per la produzione di 40 bombe nucleari, una volta che il gas sia
stato arricchito». (Ha'aretz
13.9.2006)
E' dimostrato che molte informazioni spacciate dagli USA e ricettate da Israele, tanto in senso generale che, in particolare, in merito alla ipotetica produzione di armi nucleari da parte dell'Iran, non brillano per precisione e buona fede. Tanto meno risultano attendibili se affidate da una parte al micidiale e martellante tam tam informativo del miglior cliente americano e dall'altra all'esasperante interferenza dei potentati ebraici e neocons d'oltreoceano. Quello che non dicono i manifestini sparsi a migliaia (principalmente) dal blocchetto USA-israeliano ma anche dalla stragrande maggioranza dei nostri media che non disdegnano il fatto di cavalcare questa ipocrisia, è che proprio in base al Non-Proliferation Treaty (puro) ma anche ad ulteriori restrizioni e controlli ad hoc (derivanti da "accordi" imposti solo all'Iran), Tehran rivendica il diritto di munirsi di tecnologia "dual use" (utile per usi civili e solo potenzialmente militari) mediante arricchimento dell'uranio, mentre la "comunità internazionale" lamenta scarsa trasparenza nucleare dell'Iran, derivandone l'idea, il sospetto o la convinzione che si stia necessariamente nascondendo un percorso nucleare militare. E ciò senza porre nemmeno in discussione il fatto che molti o tutti i paesi firmatari del NPT (incidentalmente al momento fuori dall'attenzione USA/israeliana), siano pacificamente in grado di produrre - clandestinamente - tecnologie per armi nucleari in barba a qualsiasi trattato. Per non parlare di chi il trattato non lo ha nemmeno firmato e in particolare di chi si è munito clandestinamente di un imponenente arsenale atomico dagli anni 70, allora "di nascosto" agli stessi attentissimi americani (Washington, Jan. 26 1978 - The Central Intelligence Agency disclosed today that it had concluded as early as 1974 - two years earlier than previously indicated - that Israel had already produced atomic weapons, partly with uranium it had obtained "by clandestine means". - Special to NYT Jan 27, 1978, Friday By David Burnham). Una nota quasi umoristica. In mezzo a tutta questa ipocrisia e malafede manca all'acido blocchetto USA anche il coraggio di portare sino in fondo la menzogna e il carburante per le proprie operazioni. Scrivere, infatti, che "Washington è convinta che l'Iran sia intenzionato a" ...fare qualcosa, è un modo come un altro per buttare un po' di veleno gratuito, insuscettibile di contestazione (chi può affermare che a Washington non abbiano la convinzione dell'esistenza di un'intenzione?) e quindi senza tema di smentita. Ma qualcuno che beve tutto - anche il veleno - come sempre c'è.
Aggiornamento sul Washington Post (Thursday, September 14, 2006) - "Gli ispettori della IAEA che investigano sul programma nucleare iraniano hanno contestato con rabbia ieri all'amministrazione Bush e ad un membro repubblicano del Congresso un recente rapporto del comitato della Casa [dei rappresentanti] in relazione alle capacità iraniane, descrivendo alcune parti del documento "oltraggiose e disoneste" ed offrendo la prova a confutazione delle sue principali informazioni. Alcune autorità della International Atomic Energy Agency presso l'ONU hanno detto in una lettera che il rapporto contiene alcune "dichiarazioni erronee, fuorvianti ed apodittiche". La lettera, firmata da un importante direttore dell'agenzia, è stata indirizzata "a mano" al Rep. Peter Hoekstra (R-Mich), presidente del comitato di intelligence della Casa, che ha rilasciato il rapporto. Una copia è stata consegnata a mano dell'ambasciatore USA presso la International Atomic Energy Agency a Vienna. La IAEA si era apertamente scontrata con l'amministrazione Bush sulle dichiarazioni precedenti la guerra in merito alle armi di distruzione di massa in Iraq. Le relazioni peggiorarono quando l'agenzia rivelò che la Casa Bianca aveva basato alcune affermazioni sul programma nucleare iraqeno in base a documenti falsi. Dopo che nessuna di queste armi fu trovata in Iraq, la IAEA è stata nuovamente criticata per aver intrapreso un approccio [più] cauto sull'Iran, che la Casa Bianca sostiene stia cercando di costruire segretamente armi nucleari. A un certo punto l'amministrazione orchestrò una campagna per rimuovere il direttore generale della IAEA, Mohamed ElBaradei. Ma fallì, e l'anno scorso lui vinse il Premio Nobel per la Pace. Con la lettera di ieri, una copia della quale è stata fornita al Washington Post, è la prima volta che la IAEA contesta pubblicamente le affermazioni degli USA in merito alle investigazioni sull'Iran. L'agenzia ha sottolineato cinque importanti errori nelle 29 pagine del rapporto del comitato, che afferma che le capacità nucleari iraniane sono più avanzate di quanto la IAEA o la [stessa] intelligence USA ha dimostrato [...] "Questo sistema è in tutto simile a [quello utilizzato] prima della guerra in Iraq", ha detto David Albright, ex ispettore nucleare ora presidente dell'Istituto per le Scienze e la Sicurezza Internazionale di Washington. "Abbiamo una minaccia nucleare iraniana rigirata usando cattive informazioni come ciliege e un rapporto che fa fuori gli ispettori"... (da leggere per intero sul Washington Post)
E' dimostrato che molte informazioni spacciate dagli USA e ricettate da Israele, tanto in senso generale che, in particolare, in merito alla ipotetica produzione di armi nucleari da parte dell'Iran, non brillano per precisione e buona fede. Tanto meno risultano attendibili se affidate da una parte al micidiale e martellante tam tam informativo del miglior cliente americano e dall'altra all'esasperante interferenza dei potentati ebraici e neocons d'oltreoceano. Quello che non dicono i manifestini sparsi a migliaia (principalmente) dal blocchetto USA-israeliano ma anche dalla stragrande maggioranza dei nostri media che non disdegnano il fatto di cavalcare questa ipocrisia, è che proprio in base al Non-Proliferation Treaty (puro) ma anche ad ulteriori restrizioni e controlli ad hoc (derivanti da "accordi" imposti solo all'Iran), Tehran rivendica il diritto di munirsi di tecnologia "dual use" (utile per usi civili e solo potenzialmente militari) mediante arricchimento dell'uranio, mentre la "comunità internazionale" lamenta scarsa trasparenza nucleare dell'Iran, derivandone l'idea, il sospetto o la convinzione che si stia necessariamente nascondendo un percorso nucleare militare. E ciò senza porre nemmeno in discussione il fatto che molti o tutti i paesi firmatari del NPT (incidentalmente al momento fuori dall'attenzione USA/israeliana), siano pacificamente in grado di produrre - clandestinamente - tecnologie per armi nucleari in barba a qualsiasi trattato. Per non parlare di chi il trattato non lo ha nemmeno firmato e in particolare di chi si è munito clandestinamente di un imponenente arsenale atomico dagli anni 70, allora "di nascosto" agli stessi attentissimi americani (Washington, Jan. 26 1978 - The Central Intelligence Agency disclosed today that it had concluded as early as 1974 - two years earlier than previously indicated - that Israel had already produced atomic weapons, partly with uranium it had obtained "by clandestine means". - Special to NYT Jan 27, 1978, Friday By David Burnham). Una nota quasi umoristica. In mezzo a tutta questa ipocrisia e malafede manca all'acido blocchetto USA anche il coraggio di portare sino in fondo la menzogna e il carburante per le proprie operazioni. Scrivere, infatti, che "Washington è convinta che l'Iran sia intenzionato a" ...fare qualcosa, è un modo come un altro per buttare un po' di veleno gratuito, insuscettibile di contestazione (chi può affermare che a Washington non abbiano la convinzione dell'esistenza di un'intenzione?) e quindi senza tema di smentita. Ma qualcuno che beve tutto - anche il veleno - come sempre c'è.
Aggiornamento sul Washington Post (Thursday, September 14, 2006) - "Gli ispettori della IAEA che investigano sul programma nucleare iraniano hanno contestato con rabbia ieri all'amministrazione Bush e ad un membro repubblicano del Congresso un recente rapporto del comitato della Casa [dei rappresentanti] in relazione alle capacità iraniane, descrivendo alcune parti del documento "oltraggiose e disoneste" ed offrendo la prova a confutazione delle sue principali informazioni. Alcune autorità della International Atomic Energy Agency presso l'ONU hanno detto in una lettera che il rapporto contiene alcune "dichiarazioni erronee, fuorvianti ed apodittiche". La lettera, firmata da un importante direttore dell'agenzia, è stata indirizzata "a mano" al Rep. Peter Hoekstra (R-Mich), presidente del comitato di intelligence della Casa, che ha rilasciato il rapporto. Una copia è stata consegnata a mano dell'ambasciatore USA presso la International Atomic Energy Agency a Vienna. La IAEA si era apertamente scontrata con l'amministrazione Bush sulle dichiarazioni precedenti la guerra in merito alle armi di distruzione di massa in Iraq. Le relazioni peggiorarono quando l'agenzia rivelò che la Casa Bianca aveva basato alcune affermazioni sul programma nucleare iraqeno in base a documenti falsi. Dopo che nessuna di queste armi fu trovata in Iraq, la IAEA è stata nuovamente criticata per aver intrapreso un approccio [più] cauto sull'Iran, che la Casa Bianca sostiene stia cercando di costruire segretamente armi nucleari. A un certo punto l'amministrazione orchestrò una campagna per rimuovere il direttore generale della IAEA, Mohamed ElBaradei. Ma fallì, e l'anno scorso lui vinse il Premio Nobel per la Pace. Con la lettera di ieri, una copia della quale è stata fornita al Washington Post, è la prima volta che la IAEA contesta pubblicamente le affermazioni degli USA in merito alle investigazioni sull'Iran. L'agenzia ha sottolineato cinque importanti errori nelle 29 pagine del rapporto del comitato, che afferma che le capacità nucleari iraniane sono più avanzate di quanto la IAEA o la [stessa] intelligence USA ha dimostrato [...] "Questo sistema è in tutto simile a [quello utilizzato] prima della guerra in Iraq", ha detto David Albright, ex ispettore nucleare ora presidente dell'Istituto per le Scienze e la Sicurezza Internazionale di Washington. "Abbiamo una minaccia nucleare iraniana rigirata usando cattive informazioni come ciliege e un rapporto che fa fuori gli ispettori"... (da leggere per intero sul Washington Post)
Monday, October 16, 2006
No, il titolo del post non c'entra nulla con il best
seller scandalistico di Jacqueline Susann. L'ex ispettore della IAEA, Scott
Ritter, presenta in questo periodo il suo libro ""Target Iran: The
Truth About the White House’s Plans for Regime Change” [Bersaglio Iran: la
verità sui piani della Casa Bianca per il cambio di regime]. L'esperto di armi
dell'ONU è stato intervistato da Amy Goodman, della rete americana Democracy Now.
Ritter si dice convinto del fatto che la strada attualmente percorsa dagli USA
condurrà inevitabilmente alla guerra con l'Iran e descrive il disegno di Bush e
della sua amministrazione come un percorso che farà addirittura impallidire, in
confronto, l'errore storico fatto con l'Iraq. Scott Ritter è chiarissimo sulle
menzogne della banda del presidente americano. Alla domanda di Amy Goodman: "Può
parlarci delle affinità o differenze che lei vede tra l'escalation fino
all'invasione dell'Iraq e quello che sta accedendo ora con l'Iran?",
Ritter risponde: "La più grossa similitudine che dobbiamo
sottolineare è che in entrambi i casi nessuna prova è stata prodotta a sostegno
delle illazioni che vengono fatte. L'Iraq venne accusato di avere un programma
per le armi di distruzione di massa, di stare ricostruendo i programmi per le
armi chimiche, biologiche, nucleari e quelli per i missili balistici a lunga
gittata. Ci fu un procedimento di ispezioni sul posto attraverso le quali si
ebbe accesso, pieno accesso, alle attrezzature in questione e nessun dato fu
ottenuto con queste ispezioni che potesse sostenere le allegazioni
dell'amministrazione Bush. Eppure agli iraqeni fu detto che non era compito
degli ispettori trovare le armi, ma che era compito dell'Iraq provare che non
esistevano. L'Iraq avrebbe dovuto provare [una circostanza] negativa. E non
poteva. Ora sappiamo che sino dal 1991 Saddam Hussein aveva eliminato la
totalità dei programmi sugli sviluppi degli armamenti. Non c'era altro da
trovare, da scoprire. Non c'era alcuna minaccia". Ora, noi tutti
sappiamo anche che le guerre si combattono ormai azionando prima e soprattutto
i mezzi di comunicazione di massa ed è un errore pensare che sia possibile
difendersi dal bombardamento dei media meglio che dalle bombe che prima o poi
potrebbero esserci sganciate sopra la testa secondo le libidini di potere o di
denaro del megalomane o del pupazzo che si sentisse a ciò investito da avidità,
mistiche pulsioni, fili che lo manovrano o semplicemente dalla propria follia.
Cerchiamo allora ed almeno di prendere per quel che sono i roboanti proclami,
le promesse e le capriole di minuscoli personaggi e governi che, condotti da
costoro, si fanno promotori (per assecondare il proprio tornaconto e poco
lungimiranti aspettative nel breve periodo) e complici delle stesse pazzesche e
criminali iniziative che un giorno potrebbero trovare proprio loro e - quel che
è peggio - interi popoli sfortunati o sottomessi o terrorizzati, dalla parte
sbagliata, quella del bersaglio. Leggevo oggi su Ha'aretz le capriole della
redazione finalizzate a ricondurre la vicenda iraniana nell'alveo degli
esperimenti nucleari nord coreani e delle sanzioni ONU che gravitano sulla
testa dei paesi non allineati. Ogni scusa è buona, tutto può essere usato per innescare
o alimentare una nuova spirale di odio, di guerra e di morte, anche gli
elementari artifici dialettici che consentono di introdurre la minaccia
persiana all'interno di una rubrica di cucina. Il mondo è purtroppo anche in
mano di chi nell'inchiostro della scadente propaganda intinge la penna per
firmare la propria condanna a morte.
Friday, December 29, 2006
Il CASMII (Campaign Against Sanctions and Military
Intervention in Iran), ha espresso grave preoccupazione sugli ultimi sviluppi
della situazione ipocritamente ratificata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU
con la risoluzione 1737
del 2006. Il link all'organizzazione per il momento non funziona, ma
la dichiarazione può essere letta, per esempio, su ZNet.
L'organizzazione ha osservato che l'imposizione di sanzioni da parte del
Consiglio è malamente consigliata e tesa alla distruzione di una possibilità di
dialogo pacifico. "Questa azione non solo priva l'Iran dei diritti
inalienabili spettanti ad ogni altra nazione [cfr NPT Trattato di Non
Proliferazione Nucleare], ma dimostra il modo irresponsabile in cui
l'istituzione internazionale [ONU] è stata usata come
strumento per soddisfare i guerrafondai militanti negli USA e in Occidente".
Continua il comunicato sottolineando che questa è probabilmente la prima volta nella storia delle Nazioni Unite in cui un'intera nazione viene punita non per la violazione attuale del diritto internazionale ma per pure speculazioni da parte di tre o quattro potenti paesi riguardo la sua possibile futura condotta. Come Seymour Hersh ha riferito sul New Yorker, né la CIA, né l'intelligence israeliana sono state in grado di dimostrare alcun programma di sviluppo di armi nucleari in Iran ("The Administration’s planning for a military attack on Iran was made far more complicated earlier this fall by a highly classified draft assessment by the C.I.A. challenging the White House’s assumptions about how close Iran might be to building a nuclear bomb. The C.I.A. found no conclusive evidence, as yet, of a secret Iranian nuclear-weapons program running parallel to the civilian operations that Iran has declared to the International Atomic Energy Agency. (The C.I.A. declined to comment on this story"). Nè, d'altra parte, la IAEA è stata in grado di indicare la minima prova dell'esistenza di un programma nucleare iraniano sugli armamenti.
Lo stesso sistema è stato del resto utilizzato nei confronti dell'Iraq oltre tre anni fa. Le sanzioni vengono oggi giustificate a titolo di "preoccupazione per la sicurezza" degli USA e di un pugno di altre nazioni e non come volontà della comunità internazionale. Il CASMII lamenta che al Consiglio di Sicurezza un voto unanime è stato resto possibile tramite pressioni politiche senza precedenti da parte degli USA e riferisce che, secondo l'Observer, gli USA hanno incrementato del 270% gli aiuti esteri a membri del Consiglio di Sicurezza come incentivo per il supporto delle posizioni americane. Le sanzioni - è intuitivo - vengono imposte semplicemente per minare il processo diplomatico e per arrivare ad un intervento militare per la soluzione di un problema interamente prefabbricato.
E' peraltro indicativa di questo atteggiamento - secondo la Campagna Iraniana contro le Sanzioni - l'inclusione del "programma missilistico" dell'Iran nella risoluzione dell'ONU. Infatti "l'esplicita menzione di missili convenzionali (che non sono armi di distruzione di massa secondo le leggi internazionali) ci ricorda la distruzione supervisionata dall'ONU dei missili iraqeni al-Samud prima dell'invasione del 2003. In retrospettiva l'opposizione USA/Regno Unito a queste armi convenzionali fu solo una scusa per eliminare le difese dell'Iraq per facilitare la distruzione del paese nel corso della pianificata susseguente invasione". La considerazione dei missili balistici è surrettiziamente imposta nelle premesse alla risoluzione 1737 ("Determined to give effect to its decisions by adopting appropriate measures to persuade Iran to comply with resolution 1696 (2006) and with the requirements of the IAEA, and also to constrain Iran’s development of sensitive technologies in support of its nuclear and missile programmes, until such time as the Security Council determines that the objectives of this resolution have been met") e riguarda poi, nel corpo della risoluzione, tutte le organizzazioni, le industrie e le persone coinvolte nel programma missilistico (convenzionale) iraniano.
Continua il comunicato sottolineando che questa è probabilmente la prima volta nella storia delle Nazioni Unite in cui un'intera nazione viene punita non per la violazione attuale del diritto internazionale ma per pure speculazioni da parte di tre o quattro potenti paesi riguardo la sua possibile futura condotta. Come Seymour Hersh ha riferito sul New Yorker, né la CIA, né l'intelligence israeliana sono state in grado di dimostrare alcun programma di sviluppo di armi nucleari in Iran ("The Administration’s planning for a military attack on Iran was made far more complicated earlier this fall by a highly classified draft assessment by the C.I.A. challenging the White House’s assumptions about how close Iran might be to building a nuclear bomb. The C.I.A. found no conclusive evidence, as yet, of a secret Iranian nuclear-weapons program running parallel to the civilian operations that Iran has declared to the International Atomic Energy Agency. (The C.I.A. declined to comment on this story"). Nè, d'altra parte, la IAEA è stata in grado di indicare la minima prova dell'esistenza di un programma nucleare iraniano sugli armamenti.
Lo stesso sistema è stato del resto utilizzato nei confronti dell'Iraq oltre tre anni fa. Le sanzioni vengono oggi giustificate a titolo di "preoccupazione per la sicurezza" degli USA e di un pugno di altre nazioni e non come volontà della comunità internazionale. Il CASMII lamenta che al Consiglio di Sicurezza un voto unanime è stato resto possibile tramite pressioni politiche senza precedenti da parte degli USA e riferisce che, secondo l'Observer, gli USA hanno incrementato del 270% gli aiuti esteri a membri del Consiglio di Sicurezza come incentivo per il supporto delle posizioni americane. Le sanzioni - è intuitivo - vengono imposte semplicemente per minare il processo diplomatico e per arrivare ad un intervento militare per la soluzione di un problema interamente prefabbricato.
E' peraltro indicativa di questo atteggiamento - secondo la Campagna Iraniana contro le Sanzioni - l'inclusione del "programma missilistico" dell'Iran nella risoluzione dell'ONU. Infatti "l'esplicita menzione di missili convenzionali (che non sono armi di distruzione di massa secondo le leggi internazionali) ci ricorda la distruzione supervisionata dall'ONU dei missili iraqeni al-Samud prima dell'invasione del 2003. In retrospettiva l'opposizione USA/Regno Unito a queste armi convenzionali fu solo una scusa per eliminare le difese dell'Iraq per facilitare la distruzione del paese nel corso della pianificata susseguente invasione". La considerazione dei missili balistici è surrettiziamente imposta nelle premesse alla risoluzione 1737 ("Determined to give effect to its decisions by adopting appropriate measures to persuade Iran to comply with resolution 1696 (2006) and with the requirements of the IAEA, and also to constrain Iran’s development of sensitive technologies in support of its nuclear and missile programmes, until such time as the Security Council determines that the objectives of this resolution have been met") e riguarda poi, nel corpo della risoluzione, tutte le organizzazioni, le industrie e le persone coinvolte nel programma missilistico (convenzionale) iraniano.
Thursday, January 10, 2008
Questo mercoledì il presidente americano G.W. Bush,
dopo un incontro a Gerusalemme con il primo ministro israeliano Ehud Olmert, ha
detto che "la comunità internazionale deve capire con chiarezza la
minaccia che l'Iran pone contro la pace mondiale". Nonostante il
rapporto rilasciato dai servizi segreti americani [National Intelligence
Estimate] il mese scorso affermi che l'Iran ha interrotto il suo programma
nucleare nel 2003, Bush ha dichiarato: "l'Iran aveva un programma
militare segreto che è stato sospeso... Ritengo che il rapporto del NIE intenda
che si debba prendere seriamente l'Iran". [Haaretz] Certamente più
difficile è prendere seriamente Bush e la spudorata reiterazione in chiave
iraniana del castello di menzogne che già sta provocando il disastro iraqeno e
il fallimento afghano. Il mondo - quasi tutto - vede probabilmente in questo
terzetto di signori in cravatta bianco-azzurra, nelle motivazioni di chi li fa
ballare e nel progressivo isolamento delle loro operazioni - politiche sarebbe
troppo - una minaccia ben più grave alla pace. Non a caso Gideon Levy ha osservato,
nei giorni scorsi, che "ci sono pochi altri paesi dove il papero
zoppo di Washington non sarebbe salutato da contestazioni di massa, Israele sta
facendo grossi sforzi per riceverlo graziosamente. L'uomo che ha causato tanta
distruzione al mondo, al suo paese e a noi, è un ospite così benvenuto solo in
Israele". Un impareggiabile opportunismo impedisce apparentemente
al presidente Peres - quello in mezzo che non ride - di perdere la faccia. Non
in questa foto. [foto Haaretz Tv]
Tuesday, June 03, 2008
In breve. L'AIEA, il comitato di controllo dell'ONU sul
nucleare, esige che l'Iran chiarisca in proposito il suo passato lavoro, reso
sospetto da rapporti di intelligence che suggeriscono che la Repubblica
Islamica sia stata impegnata in studi sugli armamenti nucleari, i cosiddetti studi
allegati. E ciò - occorre sottolineare - in passato. L'Occidente - cioè gli
USA, i suoi clienti e i suoi valletti - temono che l'Iran possa usare il
proprio programma nucleare per costruire ordigni nucleari. Tehran ha
ripetutamente contestato queste informazioni definendole "costruite"
e ha definito apodittica l'allegazione per cui starebbe cercando di costruire
una bomba. Le nazioni occidentali, tra le quali gli Stati Uniti, insistono sul
fatto che Tehran debba fornire prove contrarie a questa allegazione. E' facile
aggiungere, a questo riguardo, che fornire la prova della non esistenza di
qualcosa che non esiste - se non esiste - è semplicemente impossibile. Ma, ahimè,
su pesanti pressioni di Washington, abbiamo già visto la stessa pretestuosa
richiesta in merito alle presunte armi di distruzione di massa iraqene.
E' però ancora più facile sospettare oggi che tutta la questione sia rivolta a frustrare la minaccia economica costituita dall'Iran, per gli USA & Co. in Medio Oriente. Stiamo parlando di circa settanta milioni di giovani istruiti, che siedono su una considerevole quantità di petrolio (e di gas naturale), che guardano al mercato asiatico e sono attratti da neonati bisogni in stile occidentale. Tutto qui. Sulla via aperta dai fatti dell'11 settembre, l'Iran è già stato sottoposto a tre serie di sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (su ispirazione USA) in merito al suo rifiuto di sospendere le operazioni di arricchimento dell'uranio, utili per ricavare combustibile nucleare come per costruire il nucleo fissile di una bomba atomica. A questo proposito l'Iran ribadisce che il suo programma nuclare è rivolto a scopi pacifici e alla produzione di energia ed ha finora rifiutato di interrompere le operazioni di arricchimento come precondizione per i negoziati, sottolineando di avere il diritto di svolgere quella attività secondo il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT). In più la Repubblica Islamica ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a negoziare con le potenze mondiali per 'alleviare le preoccupazioni' dell'occidente sulla propria attività nucleare.
Tre giorni fa qualcuno ha detto, come se si trattasse di una grossa notizia, che gli ispettori del comitato di controllo dell'ONU (AIEA) erano allarmati perchè l'Iran è in possesso di un documento che descrive il processo per costruire quello che potrebbe essere il "core" di un ordigno nucleare. Nulla che non si sapesse già. Si tratta del cosiddetto "uranium metal document", un documento di 15 pagine che descrive il processo di riduzione dell'UF6 (uranio esafluoride) per ricavarne uranio metallico in due emisferi, del tipo usato nelle testate nucleari. Iran ha dichiarato all'AIEA che il documento è stato ricevuto sin dal 1987 (incidentalmente, nel 1987 l'Iran era ancora in guerra contro l'Iraq) insieme alle specifiche per costruire le cosiddette centrifughe P1 usate per arricchire l'uranio, ed ha ribadito di non averlo richiesto. E' da sottolineare che l'AIEA ha riferito dell'esistenza di tale documento sin dal 2006 ed ha ricevuto, l'8 novembre 2007, una copia delle 15 pagine che lo costituiscono, ma ha di seguito dichiarato di "non aver rinvenuto indicazione di alcuna attività relativa al processo di riconversione dell'UF6 in Iran" (Rapporto del Direttore Generale dall'AIEA al Consiglio dei Governatori, GOV/2007/58) [1]. Tanto rumore per nulla.
Ciò detto, nella "Dichiarazione introduttiva al Consiglio dei Governatori" presentata il 2 giugno 2008 dal Direttore Generale dell'AIEA, Dr. Mohamed ElBaradei, possiamo leggere che "per mettere le cose nell'ottica giusta [deve essere sottolineato che] l'Agenzia allo stato non ha informazioni - a parte l'uranium metal document - su attuali progetti o costruzione da parte dell'Iran di componenti nucleari o di altri componenti chiave per un ordigno nucleare. Allo stesso modo l'Agenzia non ha avuto indicazioni dell'uso attuale di materiale nucleare connesso con gli studi allegati". E sembra allora ridicola l'ulteriore dichiarazione svolta per indebolire questi risultati, forse sotto pressione di qualche clown occidentale, per cui "benché l'Agenzia possa verificare e fornire assicurazioni sulle attività iraniane passate e presenti, le preoccupazioni sulle future intenzioni dell'Iran vanno ben al di là delle verifiche" dell'Agenzia.
_________________________________________________
[1] Board of Governors - GOV/2007/58 - Date: 15 November 2007
"A.3. Uranium Metal Document - 25. On 8 November 2007, the Agency received a copy of the 15-page document describing the procedures for the reduction of UF6 to uranium metal and casting it into hemispheres. Iran has reiterated that this document was received along with the P-1 centrifuge documentation in 1987. The Agency has shared this document with Pakistan, the purported country of origin, and is seeking more information. Iran stated that the reconversion unit with casting equipment mentioned in the one-page1987 offer was not pursued with the supply network. Apart from the conversion experiments of UF4 to uranium metal at the Tehran Nuclear Research Centre (GOV/2004/60 Annex, para. 2), the Agency has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran. It should be noted, however,that a small UF6 to uranium metal conversion line in the Uranium Conversion Facility (UCF) was declared by Iran in the design information questionnaire for the UCF (GOV/2003/75, Annex 1, para.3). This line has not been built, as verified by the Agency’s inspectors".
__________________________________________________
Short, IAEA, the UN nuclear watchdog, demands that Iran come clean over its past atomic work, suspected on the base of intelligence suggesting Iran was engaged in weaponization studies, the so called alleged studies. Namely, we must stress, in the past. The West - that is US, its clients and valets - fears Iran could use its nuclear program to make atomic weapons. Tehran has repeatedly dismissed the intelligence as fabricated, and the allegations that it was seeking to build a bomb as baseless. Western countries such as the United States insist that Tehran should actively disprove the allegations rather than simply dismiss them as untrue. Easy to say, in this respect, that providing the evidence of non existence of something that does not exist is simply impossible. Alas, we got to see the same preposterous claim about alleged Iraqi WMD under heavy pressure from Washington.
It’s easier to suspect that the whole stuff is aimed at frustrating Iranian economic threat to the US & Co. egemony in the Middle East. We’re talking about 70 million young learned people, sitting over a remarkable lot of oil, looking at the Asia market and attracted by newly born western style needs. That’s it. On the path of the after 911, Iran is already under three sets of (US inspired) UN Security Council sanctions over its refusal to suspend uranium enrichment work, which can be used to make nuclear fuel as well as the fissile core of an atom bomb. In this respect Iran maintains that its nuclear program is aimed at peaceful ends and energy production and has so far rejected halting uranium enrichment as a pre-condition to talks, stressing it has a right to the activity under the nuclear Non-proliferation Treaty (NPT). Moreover the Islamic Republic repeatedly said it is ready to negotiate with world powers to ‘alleviate concerns’ over its nuclear activity.
Three days ago some said, as if it were big news, that inspectors from the UN atomic watchdog were alarmed that Iran has in its possession a document describing the process for making what could be the core of a nuclear weapon. Nothing we did not hear of before, it is the so called uranium metal document, a 15-page document describing process for the reduction of UF6 (Uranium hexafluoride) to uranium metal and machining uranium metal into two hemispheres of the kind used in nuclear warheads. Iran has told the IAEA that the document was received back in 1987 (by the way in 1987 Iran was still at war with Iraq) along with design information for the so-called P1 centrifuges used to enrich uranium, and insists it did not request it. It must be underlined that IAEA reported the existence of such a document since 2006, and received on November 8, 2007, a copy of the relevant 15-page evidence, but later declared that “has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran” (Report by the Director General of IAEA to the Board of Governors, GOV/2007/58). Much ado about nothing.
This said, in the “Introductory Statement to the Board of Governors” made on June 2, 2008, by IAEA Director General, Dr. Mohamed ElBaradei, we can read that “To put things into perspective [it must be emphasized] that the Agency currently has no information - apart from the uranium metal document - on the actual design or manufacture by Iran of nuclear material components, or of other key components, of a nuclear weapon. Likewise, the Agency has not seen indications of the actual use of nuclear material in connection with the alleged studies”. And it seems then ludicrous a further worried statement made in order to soften those outcomes, maybe under pressure from some western clowns, that “while the Agency can verify and provide assurances about Iran´s past and present nuclear activities, concerns about Iran´s future intentions go well beyond verification” of the Agency.(pipistro/eng) (iraqwar)
E' però ancora più facile sospettare oggi che tutta la questione sia rivolta a frustrare la minaccia economica costituita dall'Iran, per gli USA & Co. in Medio Oriente. Stiamo parlando di circa settanta milioni di giovani istruiti, che siedono su una considerevole quantità di petrolio (e di gas naturale), che guardano al mercato asiatico e sono attratti da neonati bisogni in stile occidentale. Tutto qui. Sulla via aperta dai fatti dell'11 settembre, l'Iran è già stato sottoposto a tre serie di sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (su ispirazione USA) in merito al suo rifiuto di sospendere le operazioni di arricchimento dell'uranio, utili per ricavare combustibile nucleare come per costruire il nucleo fissile di una bomba atomica. A questo proposito l'Iran ribadisce che il suo programma nuclare è rivolto a scopi pacifici e alla produzione di energia ed ha finora rifiutato di interrompere le operazioni di arricchimento come precondizione per i negoziati, sottolineando di avere il diritto di svolgere quella attività secondo il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT). In più la Repubblica Islamica ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a negoziare con le potenze mondiali per 'alleviare le preoccupazioni' dell'occidente sulla propria attività nucleare.
Tre giorni fa qualcuno ha detto, come se si trattasse di una grossa notizia, che gli ispettori del comitato di controllo dell'ONU (AIEA) erano allarmati perchè l'Iran è in possesso di un documento che descrive il processo per costruire quello che potrebbe essere il "core" di un ordigno nucleare. Nulla che non si sapesse già. Si tratta del cosiddetto "uranium metal document", un documento di 15 pagine che descrive il processo di riduzione dell'UF6 (uranio esafluoride) per ricavarne uranio metallico in due emisferi, del tipo usato nelle testate nucleari. Iran ha dichiarato all'AIEA che il documento è stato ricevuto sin dal 1987 (incidentalmente, nel 1987 l'Iran era ancora in guerra contro l'Iraq) insieme alle specifiche per costruire le cosiddette centrifughe P1 usate per arricchire l'uranio, ed ha ribadito di non averlo richiesto. E' da sottolineare che l'AIEA ha riferito dell'esistenza di tale documento sin dal 2006 ed ha ricevuto, l'8 novembre 2007, una copia delle 15 pagine che lo costituiscono, ma ha di seguito dichiarato di "non aver rinvenuto indicazione di alcuna attività relativa al processo di riconversione dell'UF6 in Iran" (Rapporto del Direttore Generale dall'AIEA al Consiglio dei Governatori, GOV/2007/58) [1]. Tanto rumore per nulla.
Ciò detto, nella "Dichiarazione introduttiva al Consiglio dei Governatori" presentata il 2 giugno 2008 dal Direttore Generale dell'AIEA, Dr. Mohamed ElBaradei, possiamo leggere che "per mettere le cose nell'ottica giusta [deve essere sottolineato che] l'Agenzia allo stato non ha informazioni - a parte l'uranium metal document - su attuali progetti o costruzione da parte dell'Iran di componenti nucleari o di altri componenti chiave per un ordigno nucleare. Allo stesso modo l'Agenzia non ha avuto indicazioni dell'uso attuale di materiale nucleare connesso con gli studi allegati". E sembra allora ridicola l'ulteriore dichiarazione svolta per indebolire questi risultati, forse sotto pressione di qualche clown occidentale, per cui "benché l'Agenzia possa verificare e fornire assicurazioni sulle attività iraniane passate e presenti, le preoccupazioni sulle future intenzioni dell'Iran vanno ben al di là delle verifiche" dell'Agenzia.
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[1] Board of Governors - GOV/2007/58 - Date: 15 November 2007
"A.3. Uranium Metal Document - 25. On 8 November 2007, the Agency received a copy of the 15-page document describing the procedures for the reduction of UF6 to uranium metal and casting it into hemispheres. Iran has reiterated that this document was received along with the P-1 centrifuge documentation in 1987. The Agency has shared this document with Pakistan, the purported country of origin, and is seeking more information. Iran stated that the reconversion unit with casting equipment mentioned in the one-page1987 offer was not pursued with the supply network. Apart from the conversion experiments of UF4 to uranium metal at the Tehran Nuclear Research Centre (GOV/2004/60 Annex, para. 2), the Agency has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran. It should be noted, however,that a small UF6 to uranium metal conversion line in the Uranium Conversion Facility (UCF) was declared by Iran in the design information questionnaire for the UCF (GOV/2003/75, Annex 1, para.3). This line has not been built, as verified by the Agency’s inspectors".
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Short, IAEA, the UN nuclear watchdog, demands that Iran come clean over its past atomic work, suspected on the base of intelligence suggesting Iran was engaged in weaponization studies, the so called alleged studies. Namely, we must stress, in the past. The West - that is US, its clients and valets - fears Iran could use its nuclear program to make atomic weapons. Tehran has repeatedly dismissed the intelligence as fabricated, and the allegations that it was seeking to build a bomb as baseless. Western countries such as the United States insist that Tehran should actively disprove the allegations rather than simply dismiss them as untrue. Easy to say, in this respect, that providing the evidence of non existence of something that does not exist is simply impossible. Alas, we got to see the same preposterous claim about alleged Iraqi WMD under heavy pressure from Washington.
It’s easier to suspect that the whole stuff is aimed at frustrating Iranian economic threat to the US & Co. egemony in the Middle East. We’re talking about 70 million young learned people, sitting over a remarkable lot of oil, looking at the Asia market and attracted by newly born western style needs. That’s it. On the path of the after 911, Iran is already under three sets of (US inspired) UN Security Council sanctions over its refusal to suspend uranium enrichment work, which can be used to make nuclear fuel as well as the fissile core of an atom bomb. In this respect Iran maintains that its nuclear program is aimed at peaceful ends and energy production and has so far rejected halting uranium enrichment as a pre-condition to talks, stressing it has a right to the activity under the nuclear Non-proliferation Treaty (NPT). Moreover the Islamic Republic repeatedly said it is ready to negotiate with world powers to ‘alleviate concerns’ over its nuclear activity.
Three days ago some said, as if it were big news, that inspectors from the UN atomic watchdog were alarmed that Iran has in its possession a document describing the process for making what could be the core of a nuclear weapon. Nothing we did not hear of before, it is the so called uranium metal document, a 15-page document describing process for the reduction of UF6 (Uranium hexafluoride) to uranium metal and machining uranium metal into two hemispheres of the kind used in nuclear warheads. Iran has told the IAEA that the document was received back in 1987 (by the way in 1987 Iran was still at war with Iraq) along with design information for the so-called P1 centrifuges used to enrich uranium, and insists it did not request it. It must be underlined that IAEA reported the existence of such a document since 2006, and received on November 8, 2007, a copy of the relevant 15-page evidence, but later declared that “has seen no indication of any UF6 reconversion and casting activity in Iran” (Report by the Director General of IAEA to the Board of Governors, GOV/2007/58). Much ado about nothing.
This said, in the “Introductory Statement to the Board of Governors” made on June 2, 2008, by IAEA Director General, Dr. Mohamed ElBaradei, we can read that “To put things into perspective [it must be emphasized] that the Agency currently has no information - apart from the uranium metal document - on the actual design or manufacture by Iran of nuclear material components, or of other key components, of a nuclear weapon. Likewise, the Agency has not seen indications of the actual use of nuclear material in connection with the alleged studies”. And it seems then ludicrous a further worried statement made in order to soften those outcomes, maybe under pressure from some western clowns, that “while the Agency can verify and provide assurances about Iran´s past and present nuclear activities, concerns about Iran´s future intentions go well beyond verification” of the Agency.(pipistro/eng) (iraqwar)
Thursday, July 24, 2008
"Il male di solito nasconde la faccia perchè la
sua vista è repellente per tutti, tranne che per i depravati. Nondimeno, nel
caso di Benny Morris - che scrive venerdì (18 luglio) sul New York Times -
vediamo qualcosa di nuovo: il male orgoglioso di sé, che si compiace della pura
malevolenza. Il suo articolo è un tentativo freddo, calcolato, di stupire e
contemporaneamente intimidire. Gli riesce la prima cosa, la seconda fallisce
miseramente. Ecco la parte scioccante: 'Israele quasi sicuramente attaccherà le
strutture nucleari iraniane nei prossimi quattro, sei mesi'. O questo - scrive
Morris - o Israele dovrà infine lanciare 'un attacco nucleare preventivo'. E'
il suo messaggio all'Occidente: fermate l'Iran o lanceremo su di loro la
bomba".
Nulla di nuovo, precisa Justin Raimondo su antiwar.com, sono sei mesi che Israele minaccia di attaccare l'Iran. Quello che cambia è il tono di certezza assunto da Morris e quello che preoccupa è la sua vicinanza agli ambienti governativi israeliani che non possono non essere a conoscenza del suo exploit e non possono non avergli conferito il nulla osta necessario a spargere minacce dal più importante quotidiano del mondo.
Di lui - di Morris - dei suoi meriti come archivista e della sua deriva abbiamo già parlato (Debunking the guru). Un'intera generazione di storici deve infatti alle sue raccolte di dati la conoscenza degli esordi di uno stato ebraico in terra di Palestina. Ancora di più si deve proprio a Morris la conoscenza del peccato originale di Israele: il processo di pulizia etnica nascosto per decenni ai libri di storia, trascurato dall'Europa colpevole del dopoguerra e sacrificato alla costruzione del mito di un Davide israeliano che vede i propri sogni di pace minacciati incomprensibilmente dai Golia arabi e li combatte e li vince nonostante la leggendaria, vantata sproporzione dei mezzi (proprio Morris enumera nelle sue compilazioni quelli che erano i mezzi in campo, sfatando il mito).
Ma la cura messa da Morris nella raccolta dei fatti non corrisponde, purtroppo, alle sciatte opinioni che l'ex nuovo storico - il guru - dispensa a destra e a manca minando il significato delle prove da lui stesso raccolte e agitando un senso morale che va dall'opinabile, al machiavellico al criminale. Sì, criminale, perchè la menzogna e l'omissione in tema di guerra e di nucleare, così come la minaccia e la ripugnante apologia di un strage benigna, sono crimini.
"Leggendo il noioso libello di Morris - continua Raimondo - ci si stupisce di come sia arrivato a scrivere una simile, insipida apologia di quello che si classificherebbe tra i peggiori crimini nella storia dell'umanità: 'tutti sanno' che gli iraniani stanno cercando di costruire ordigni nucleari (dove l'abbiamo già sentita questa?), le sanzioni non stanno funzionando, i russi e i cinesi non vogliono cooperare, oh, e 'il pubblico americano riversa poco entusiasmo per le guerre in terra islamica".
Un Morris davvero incontenibile, quindi. quello che parla dalle pagine del New York Times. Fa propria la lezione di Goebbels sulla reiterazione delle falsità e sembra gli costi poco sorvolare sui fatti, sui rapporti dell'AIEA e sulle risultanze degli stessi servizi USA. Allora proclama che "tutte le agenzie di intelligence del mondo credono che il programma iraniano sia finalizzato alla costruzione di armi, non ad applicazioni pacifiche dell'energia nucleare". E non si fa mancare un po' di consueta propaganda sulla minaccia esistenziale, piatto forte da servire ai più ingenui ed anacronistici latori, in buona o in malafede, del senso di colpa occidentale."Israele, sapendo che la sua stessa esistenza è in gioco - questo è un sentimento condiviso dalla maggior parte degli israeliani di tutto lo spettro politico - farà sicuramente questo sforzo. I leader israeliani, dal primo ministro Ehud Olmert in giù, hanno tutti esplicitamente dichiarato che una bomba iraniana significa la distruzione di Israele; all'Iran non sarà consentito di ottenere la bomba".
Ora, gli indegni sproloqui di un John Bolton (o simili) ci hanno abituati ad elaborare i doverosi anticorpi contro i germi di ordinario malanimo che impronta i loro scritti e le relative malate o compravendute opinioni. L'evidente malattia di molti apologeti della guerra totale suscita, oltre al comprensibile disgusto, un po' di umana compassione. In altri termini le palesi menzogne di chi mente con caparbia costanza, quand'anche diffuse dalle autorevoli pagine del Wall Street Journal, sono in fondo meno pericolose delle opinioni di chi - a torto, a ragione o nascondendo la propria natura - aveva acquistato in passato una certa credibilità.
Proprio per questo non sono tanto pericolosi quanto patetici i Bolton rispetto agli accademici, agli storici, agli studiosi o presunti tali, ai Benny Morris della situazione e rispetto ai relativi interessati megafoni. In sostanza è meno efficace uno scritto svergognato, se è riversato nei canali della macchina della propaganda guerriera americana e israeliana, dell'odioso manifesto consentito ad un personaggio svalutato come Morris sulle pagine del New York Times.
Nulla di nuovo, precisa Justin Raimondo su antiwar.com, sono sei mesi che Israele minaccia di attaccare l'Iran. Quello che cambia è il tono di certezza assunto da Morris e quello che preoccupa è la sua vicinanza agli ambienti governativi israeliani che non possono non essere a conoscenza del suo exploit e non possono non avergli conferito il nulla osta necessario a spargere minacce dal più importante quotidiano del mondo.
Di lui - di Morris - dei suoi meriti come archivista e della sua deriva abbiamo già parlato (Debunking the guru). Un'intera generazione di storici deve infatti alle sue raccolte di dati la conoscenza degli esordi di uno stato ebraico in terra di Palestina. Ancora di più si deve proprio a Morris la conoscenza del peccato originale di Israele: il processo di pulizia etnica nascosto per decenni ai libri di storia, trascurato dall'Europa colpevole del dopoguerra e sacrificato alla costruzione del mito di un Davide israeliano che vede i propri sogni di pace minacciati incomprensibilmente dai Golia arabi e li combatte e li vince nonostante la leggendaria, vantata sproporzione dei mezzi (proprio Morris enumera nelle sue compilazioni quelli che erano i mezzi in campo, sfatando il mito).
Ma la cura messa da Morris nella raccolta dei fatti non corrisponde, purtroppo, alle sciatte opinioni che l'ex nuovo storico - il guru - dispensa a destra e a manca minando il significato delle prove da lui stesso raccolte e agitando un senso morale che va dall'opinabile, al machiavellico al criminale. Sì, criminale, perchè la menzogna e l'omissione in tema di guerra e di nucleare, così come la minaccia e la ripugnante apologia di un strage benigna, sono crimini.
"Leggendo il noioso libello di Morris - continua Raimondo - ci si stupisce di come sia arrivato a scrivere una simile, insipida apologia di quello che si classificherebbe tra i peggiori crimini nella storia dell'umanità: 'tutti sanno' che gli iraniani stanno cercando di costruire ordigni nucleari (dove l'abbiamo già sentita questa?), le sanzioni non stanno funzionando, i russi e i cinesi non vogliono cooperare, oh, e 'il pubblico americano riversa poco entusiasmo per le guerre in terra islamica".
Un Morris davvero incontenibile, quindi. quello che parla dalle pagine del New York Times. Fa propria la lezione di Goebbels sulla reiterazione delle falsità e sembra gli costi poco sorvolare sui fatti, sui rapporti dell'AIEA e sulle risultanze degli stessi servizi USA. Allora proclama che "tutte le agenzie di intelligence del mondo credono che il programma iraniano sia finalizzato alla costruzione di armi, non ad applicazioni pacifiche dell'energia nucleare". E non si fa mancare un po' di consueta propaganda sulla minaccia esistenziale, piatto forte da servire ai più ingenui ed anacronistici latori, in buona o in malafede, del senso di colpa occidentale."Israele, sapendo che la sua stessa esistenza è in gioco - questo è un sentimento condiviso dalla maggior parte degli israeliani di tutto lo spettro politico - farà sicuramente questo sforzo. I leader israeliani, dal primo ministro Ehud Olmert in giù, hanno tutti esplicitamente dichiarato che una bomba iraniana significa la distruzione di Israele; all'Iran non sarà consentito di ottenere la bomba".
Ora, gli indegni sproloqui di un John Bolton (o simili) ci hanno abituati ad elaborare i doverosi anticorpi contro i germi di ordinario malanimo che impronta i loro scritti e le relative malate o compravendute opinioni. L'evidente malattia di molti apologeti della guerra totale suscita, oltre al comprensibile disgusto, un po' di umana compassione. In altri termini le palesi menzogne di chi mente con caparbia costanza, quand'anche diffuse dalle autorevoli pagine del Wall Street Journal, sono in fondo meno pericolose delle opinioni di chi - a torto, a ragione o nascondendo la propria natura - aveva acquistato in passato una certa credibilità.
Proprio per questo non sono tanto pericolosi quanto patetici i Bolton rispetto agli accademici, agli storici, agli studiosi o presunti tali, ai Benny Morris della situazione e rispetto ai relativi interessati megafoni. In sostanza è meno efficace uno scritto svergognato, se è riversato nei canali della macchina della propaganda guerriera americana e israeliana, dell'odioso manifesto consentito ad un personaggio svalutato come Morris sulle pagine del New York Times.
Thursday, September 25, 2008
L'ultimo rapporto
dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, destinato al
Board of Governors e quindi mantenuto ufficialmente riservato fino al 22
settembre scorso, è stato altrettanto ufficialmente diffuso in rete, intestato
IAEA e in formato pdf, sin dalla data riportata nel documento, 15 settembre
2008. Niente di male. I soliti noti godono evidentemente di un canale
privilegiato che consente di sbeffeggiare la pretesa riservatezza dell'Agenzia.
Sia quel che sia, il 22 settembre la IAEA ha diffuso la relazione introduttiva
del Direttore Mohammed ElBaradei (nella foto) al Board of Governors. Il video e
la relazione
introduttiva sono sul sito dell'Agenzia. Di seguito uno
stralcio minimo sulla situazione del nucleare iraniano. Nulla di nuovo, ma lo
strepito dei media internazionali degli ultimi giorni impone almeno di sapere
che si tratta di strepito inutile.
"L'Agenzia ha potuto proseguire nella verifica dell'inesistenza di deviazioni dall'uso dichiarato del materiale nucleare in Iran. Purtroppo l'Agenzia non ha potuto fare progressi sostanziali sugli alleged studies e sulle relative questioni pertinenti alle possibili dimensioni militari del programma nucleare iraniano. Queste rimangono motivo di seria preoccupazione. Sottolineo che l'Agenzia non ha rinvenuto alcun uso attuale di materiale nucleare in relazione agli alleged studies, né ha alcuna informazione - a parte l'uranium metal document - su attuali piani o costruzioni in Iran di componenti materiali nucleari di un'arma atomica. Contro le decisioni del Consiglio di Sicurezza, l'Iran non ha sospeso le attività relative all'arricchimento dell'uranio. Di nuovo sollecito l'Iran a dimostrare piena trasparenza e ad eseguire tutte le misure richieste per costruire la fiducia nella natura esclusivamente pacifica del suo programma nucleare il più presto possibile. Sono passati sei anni da quando abbiamo cominciato un intenso lavoro per chiarire le attività nucleari iraniane. E' nell'interesse di tutti che si possa raggiungere piena chiarezza prima possibile".
(Sull'uranium metal document, v. su questo blog Nuclear Clowning)
Questo quanto risulta nel video diffuso dall'Agenzia Internazionale sull'Energia Atomica. Il testo completo della dichiarazione introduttiva riporta tuttavia, fra l'altro, una non nuova ed interessante precisazione da parte iraniana sui cosiddetti alleged studies, che - occorre ricordare - consisterebbero in documentazione elettronica estrapolata da un personal computer di provenienza quantomeno incerta. Per la precisione sarebbero il frutto della fornitura di un laptop pervenuto agli USA nel 2004 da una fonte mantenuta anonima, che, a sua volta l'avrebbe ricevuto da altro anonimo probabilmente deceduto. (Cfr. New York Times, 13 novembre 2005. "A Laptop's Contents - American officials have said little in their briefings about the origins of the laptop, other than that they obtained it in mid-2004 from a source in Iran who they said had received it from a second person, now believed to be dead. Foreign officials who have reviewed the intelligence speculate that the laptop was used by someone who worked in the Iranian nuclear program or stole information from it").
(Su altri documenti segreti asseritamente trovati in fantomatici laptop, v. su questo blog Nucleare iraniano, ogni occasione è buona e Ancora sul "Nuclear Ring")
Bisogna annotare, al riguardo, che non gioca certo a favore della congruità e genuinità della documentazione e delle accuse di USA & Co. un imbarazzante precedente: l'indegno accrocchio costituito dall'italica confezione e americana diffusione di documenti fasulli sull'inesistente fornitura di uranio del Niger all'Iraq di Saddam Hussein. Una bufala assodata e vergognosa sulla quale le iniziative giudiziarie stentano (quantomeno in Italia) a trovare la via della pubblica notizia, ma che non impedì a George W. Bush di farne uso per sollecitare la sua campagna iraqena.
Con queste premesse sulla sospetta provenienza e manifattura degli alleged studies, sembrano sacrosante le puntualizzazioni di parte iraniana, riferite dal Direttore dell'AIEA nel testo completo della sua dichiarazione introduttiva (parte non riportata nel riassunto video anch'esso diffuso sul sito dell'Agenzia). L'ultima osservazione e l'invito di ElBaradei - che trascrivo di seguito - rasentano il surreale. Non solo è sospetta la provenienza di tale documentazione, ma il medesimo libello nucleare non viene concretamente fornito all'Iran, da cui si pretendono, viceversa, concrete prove della sua infondatezza. Meglio: prove ulteriori rispetto al fatto che l'Agenzia per l'Energia Atomica non ha trovato traccia di materiali o attività connessi alla documentazione virtuale in questione.
"Benchè abbia riconosciuto che alcune informazioni nella documentazione di cui si tratta, inclusi i nomi di persone e organizzazioni, siano corrette, l'Iran ha ribadito che tutti i documenti sono costruiti o falsificati. L'Iran ha pure dichiarato di non aver compiuto alcuna delle attività descritte negli alleged studies ed ha reiterato la sua richiesta di ottenere gli originali, o almeno le copie, della documentazione. Chiedo agli stati membri che hanno fornito all'AIEA la documentazione relativa agli alleged studies che l'Agenzia venga autorizzata a condividere [tale documentazione] con l'Iran".
Poco male. I consueti untori nazionali ed internazionali, che non si vergognano di condire le loro dichiarazioni con slogan fasulli (ieri fu così per l'Iraq di Saddam Hussein e oggi con maggior protervia in funzione anti iraniana), non hanno bisogno di documentazione, né di prove. Dimenticheremo ancora una volta che chi mente in generale non è nulla più di un bugiardo, ma chi mentendo provoca sofferenze e morte per milioni di persone è un criminale?
"L'Agenzia ha potuto proseguire nella verifica dell'inesistenza di deviazioni dall'uso dichiarato del materiale nucleare in Iran. Purtroppo l'Agenzia non ha potuto fare progressi sostanziali sugli alleged studies e sulle relative questioni pertinenti alle possibili dimensioni militari del programma nucleare iraniano. Queste rimangono motivo di seria preoccupazione. Sottolineo che l'Agenzia non ha rinvenuto alcun uso attuale di materiale nucleare in relazione agli alleged studies, né ha alcuna informazione - a parte l'uranium metal document - su attuali piani o costruzioni in Iran di componenti materiali nucleari di un'arma atomica. Contro le decisioni del Consiglio di Sicurezza, l'Iran non ha sospeso le attività relative all'arricchimento dell'uranio. Di nuovo sollecito l'Iran a dimostrare piena trasparenza e ad eseguire tutte le misure richieste per costruire la fiducia nella natura esclusivamente pacifica del suo programma nucleare il più presto possibile. Sono passati sei anni da quando abbiamo cominciato un intenso lavoro per chiarire le attività nucleari iraniane. E' nell'interesse di tutti che si possa raggiungere piena chiarezza prima possibile".
(Sull'uranium metal document, v. su questo blog Nuclear Clowning)
Questo quanto risulta nel video diffuso dall'Agenzia Internazionale sull'Energia Atomica. Il testo completo della dichiarazione introduttiva riporta tuttavia, fra l'altro, una non nuova ed interessante precisazione da parte iraniana sui cosiddetti alleged studies, che - occorre ricordare - consisterebbero in documentazione elettronica estrapolata da un personal computer di provenienza quantomeno incerta. Per la precisione sarebbero il frutto della fornitura di un laptop pervenuto agli USA nel 2004 da una fonte mantenuta anonima, che, a sua volta l'avrebbe ricevuto da altro anonimo probabilmente deceduto. (Cfr. New York Times, 13 novembre 2005. "A Laptop's Contents - American officials have said little in their briefings about the origins of the laptop, other than that they obtained it in mid-2004 from a source in Iran who they said had received it from a second person, now believed to be dead. Foreign officials who have reviewed the intelligence speculate that the laptop was used by someone who worked in the Iranian nuclear program or stole information from it").
(Su altri documenti segreti asseritamente trovati in fantomatici laptop, v. su questo blog Nucleare iraniano, ogni occasione è buona e Ancora sul "Nuclear Ring")
Bisogna annotare, al riguardo, che non gioca certo a favore della congruità e genuinità della documentazione e delle accuse di USA & Co. un imbarazzante precedente: l'indegno accrocchio costituito dall'italica confezione e americana diffusione di documenti fasulli sull'inesistente fornitura di uranio del Niger all'Iraq di Saddam Hussein. Una bufala assodata e vergognosa sulla quale le iniziative giudiziarie stentano (quantomeno in Italia) a trovare la via della pubblica notizia, ma che non impedì a George W. Bush di farne uso per sollecitare la sua campagna iraqena.
Con queste premesse sulla sospetta provenienza e manifattura degli alleged studies, sembrano sacrosante le puntualizzazioni di parte iraniana, riferite dal Direttore dell'AIEA nel testo completo della sua dichiarazione introduttiva (parte non riportata nel riassunto video anch'esso diffuso sul sito dell'Agenzia). L'ultima osservazione e l'invito di ElBaradei - che trascrivo di seguito - rasentano il surreale. Non solo è sospetta la provenienza di tale documentazione, ma il medesimo libello nucleare non viene concretamente fornito all'Iran, da cui si pretendono, viceversa, concrete prove della sua infondatezza. Meglio: prove ulteriori rispetto al fatto che l'Agenzia per l'Energia Atomica non ha trovato traccia di materiali o attività connessi alla documentazione virtuale in questione.
"Benchè abbia riconosciuto che alcune informazioni nella documentazione di cui si tratta, inclusi i nomi di persone e organizzazioni, siano corrette, l'Iran ha ribadito che tutti i documenti sono costruiti o falsificati. L'Iran ha pure dichiarato di non aver compiuto alcuna delle attività descritte negli alleged studies ed ha reiterato la sua richiesta di ottenere gli originali, o almeno le copie, della documentazione. Chiedo agli stati membri che hanno fornito all'AIEA la documentazione relativa agli alleged studies che l'Agenzia venga autorizzata a condividere [tale documentazione] con l'Iran".
Poco male. I consueti untori nazionali ed internazionali, che non si vergognano di condire le loro dichiarazioni con slogan fasulli (ieri fu così per l'Iraq di Saddam Hussein e oggi con maggior protervia in funzione anti iraniana), non hanno bisogno di documentazione, né di prove. Dimenticheremo ancora una volta che chi mente in generale non è nulla più di un bugiardo, ma chi mentendo provoca sofferenze e morte per milioni di persone è un criminale?
Monday, February 23, 2009
Immemori delle malefatte
propagandistiche del 2003, le maggiori testate occidentali riportano in questi
giorni con gran fanfara la paura del nucleare iraniano sulle nostre ingenue
tavole e nei discorsi dei nostri disinvolti opinionisti. Senza vergogna, visti
i precedenti. Le fasulle armi di distruzione di massa spacciate dalla banda
neoconservatrice USA per muovere una guerra di aggressione contro l'Iraq, forti
del pavido beneplacito di alcune dirigenze europee, non ci hanno insegnato
niente. Nemmeno a denunciare la ciarlataneria di coloro che ci hanno già preso
in giro ed imperterriti continuano sulla stessa linea. Ognuno ha l'informazione
che merita.
Di seguito - nelle parole dall'AIEA e in due note - pillole (estrapolate dai rapporti di novembre 2008 e febbraio 2009) del kafkiano procedere di questa vicenda.
GOV/2008/59 - Date: 19 November 2008 - "17. As indicated in the Director General’s previous report, the Agency currently has no information — apart from the uranium metal document (1) — on the actual design or manufacture by Iran of nuclear material components of a nuclear weapon or of certain other key components, such as initiators, or on related nuclear physics studies. Nor has the Agency detected the actual use of nuclear material in connection with the alleged studies (2)".
GOV/2009/8 - Date: 19 February 2009 - "...The Agency has not made any substantive progress on these issues. As indicated in previous reports of the Director General, for the Agency to make such progress, Iran needs to provide substantive information, and access to relevant documentation, locations and individuals, in connection with all of the outstanding issues. With respect to the alleged studies in particular, an important first step is for Iran to clarify the extent to which information contained in the documentation which Iran was shown, and given the opportunity to study, is factually correct and where, in its view, such information may have been modified or relates to non-nuclear purposes".
________________________________________________________
Note
(1) L'"uranium metal document" è un documento di 15 pagine che descrive il processo di riduzione dell'UF6 (uranio esafluoride) per ricavarne uranio metallico in due emisferi, del tipo usato nelle testate nucleari. L'Iran ha dichiarato all'AIEA che il documento è stato ricevuto sin dal 1987 (incidentalmente, nel 1987 l'Iran era ancora in guerra contro l'Iraq) insieme alle specifiche per costruire le cosiddette centrifughe P1 usate per arricchire l'uranio, ed ha ribadito di non averlo richiesto. L'AIEA ha riferito dell'esistenza di tale documento nel 2006 ed ha ricevuto, sin dall'8 novembre 2007, una copia delle 15 pagine che lo costituiscono, ma ha di seguito dichiarato di "non aver rinvenuto indicazione di alcuna attività relativa al processo di riconversione dell'UF6 in Iran" (Rapporto del Direttore Generale dall'AIEA al Consiglio dei Governatori, GOV/2007/58).
(2) Gli "alleged studies" sono documentazione elettronica estrapolata da un personal computer di provenienza quantomeno dubbia (servizi segreti israeliani via dissidenza iraniana), frutto della fornitura di un laptop pervenuto agli USA nel 2004 da una fonte mantenuta anonima, che, a sua volta l'avrebbe ricevuto da altro anonimo probabilmente deceduto (cfr. New York Times, 13 novembre 2005. "A Laptop's Contents - American officials have said little in their briefings about the origins of the laptop, other than that they obtained it in mid-2004 from a source in Iran who they said had received it from a second person, now believed to be dead. Foreign officials who have reviewed the intelligence speculate that the laptop was used by someone who worked in the Iranian nuclear program or stole information from it"). La documentazione originale, cioè non filtrata elettronicamente - se ed in quanto esistente - non è mai stata fornita all'Iran, né ad alcuno, sicché la Repubblica Islamica dovrebbe difendere il proprio operato in relazione ad un contenuto virtuale, di provenienza sospetta e verosimilmente manipolato, di cui, nei fatti, l'Agenzia per l'Energia Atomica non ha mai trovato in Iran alcuna traccia né riscontro.
Di seguito - nelle parole dall'AIEA e in due note - pillole (estrapolate dai rapporti di novembre 2008 e febbraio 2009) del kafkiano procedere di questa vicenda.
GOV/2008/59 - Date: 19 November 2008 - "17. As indicated in the Director General’s previous report, the Agency currently has no information — apart from the uranium metal document (1) — on the actual design or manufacture by Iran of nuclear material components of a nuclear weapon or of certain other key components, such as initiators, or on related nuclear physics studies. Nor has the Agency detected the actual use of nuclear material in connection with the alleged studies (2)".
GOV/2009/8 - Date: 19 February 2009 - "...The Agency has not made any substantive progress on these issues. As indicated in previous reports of the Director General, for the Agency to make such progress, Iran needs to provide substantive information, and access to relevant documentation, locations and individuals, in connection with all of the outstanding issues. With respect to the alleged studies in particular, an important first step is for Iran to clarify the extent to which information contained in the documentation which Iran was shown, and given the opportunity to study, is factually correct and where, in its view, such information may have been modified or relates to non-nuclear purposes".
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Note
(1) L'"uranium metal document" è un documento di 15 pagine che descrive il processo di riduzione dell'UF6 (uranio esafluoride) per ricavarne uranio metallico in due emisferi, del tipo usato nelle testate nucleari. L'Iran ha dichiarato all'AIEA che il documento è stato ricevuto sin dal 1987 (incidentalmente, nel 1987 l'Iran era ancora in guerra contro l'Iraq) insieme alle specifiche per costruire le cosiddette centrifughe P1 usate per arricchire l'uranio, ed ha ribadito di non averlo richiesto. L'AIEA ha riferito dell'esistenza di tale documento nel 2006 ed ha ricevuto, sin dall'8 novembre 2007, una copia delle 15 pagine che lo costituiscono, ma ha di seguito dichiarato di "non aver rinvenuto indicazione di alcuna attività relativa al processo di riconversione dell'UF6 in Iran" (Rapporto del Direttore Generale dall'AIEA al Consiglio dei Governatori, GOV/2007/58).
(2) Gli "alleged studies" sono documentazione elettronica estrapolata da un personal computer di provenienza quantomeno dubbia (servizi segreti israeliani via dissidenza iraniana), frutto della fornitura di un laptop pervenuto agli USA nel 2004 da una fonte mantenuta anonima, che, a sua volta l'avrebbe ricevuto da altro anonimo probabilmente deceduto (cfr. New York Times, 13 novembre 2005. "A Laptop's Contents - American officials have said little in their briefings about the origins of the laptop, other than that they obtained it in mid-2004 from a source in Iran who they said had received it from a second person, now believed to be dead. Foreign officials who have reviewed the intelligence speculate that the laptop was used by someone who worked in the Iranian nuclear program or stole information from it"). La documentazione originale, cioè non filtrata elettronicamente - se ed in quanto esistente - non è mai stata fornita all'Iran, né ad alcuno, sicché la Repubblica Islamica dovrebbe difendere il proprio operato in relazione ad un contenuto virtuale, di provenienza sospetta e verosimilmente manipolato, di cui, nei fatti, l'Agenzia per l'Energia Atomica non ha mai trovato in Iran alcuna traccia né riscontro.