giovedì, settembre 27, 2007

Il cancro del silenzio

Per decenni un silenzio vigliacco è stato il cancro endemico che ha penetrato i media occidentali qualora si trattasse di parlare dei misfatti dell'establishment israeliano. Così la figura di Israele è stata trasformata in quella di un piccolo paese e la sua gente è rimasta in qualche modo legata alla disinformazione, alla falsa informazione e all'egoismo. Un esempio. L'attacco al Libano del 2006 è stato l'ultimo spettacolo. Il 12 luglio 2006, soldati israeliani hanno varcato il confine con il Libano (secondo più fonti, tra le altre, Bahrain News e Asia Times), Israele ha poi deliberatamente mentito o lasciato che il mondo, in ispecie quello occidentale, apprendesse che alcuni soldati erano stati rapiti in terra israeliana. Qual'è la verità? Non si sa, ma di molte notizie in proposito - suscettibili quantomeno di curiosità e supportate da analoghe evenienze (cfr. le "confessioni" di Moshe Dayan), non una sola parola è stata diffusa dal circo mediatico occidentale. Tutto qui. Poi è stato l'inferno. Di fatto l'esercito israeliano ha bombardato il Libano mentre in Europa alcuni si professavano indignati (ma stavano in silenzio), altri parlavano di autodifesa (ma avrebbero fatto meglio a stare in silenzio). Gli è che dopo aver preso per vera, per anni, la propaganda israeliana spruzzata per il mondo (in questo modo tanti hanno creduto e mitizzato le spudorate bugie di Ehud Barak, che aveva reso impossibile, per il suo popolo e per i suoi vicini, raggiungere un accordo con la Siria e aveva ucciso i negoziati di Camp David e Taba), le nazioni del blocco occidentale si sono lasciate ricattare, ancora una volta, mentre Israele, appoggiato dagli USA, dava impulso ad una nuova catastrofe umanitaria. Le centinaia di morti e migliaia di feriti, le centinaia di migliaia di profughi devono quindi pesare sulla coscienza codarda dell'Europa, posto che non vi è possibilità che pesino sull'arroganza dell'esercito e del governo israeliani, né sulla disonestà della dirigenza americana. Ma qualcosa si muove. Protettori e protetti - malgrado la propaganda diffusa da decine di anni dai sicari dell'informazione - non sono più in grado di mantenere la gente nell'ignoranza dei fatti... [cfr. pipistro's blog, 23 luglio 2006]

Di questa ignoranza - naturalmente agevolata dai cori benedicenti (o maledicenti) del mainstream mediatico popolare - ognuno oggi deve infatti ritenersi responsabile. Lo sanno bene in Israele, dove tutti sono in grado di documentarsi e di sapere, di discernere i fatti dal mito e dalla sofferenza, sebbene il dibattito e, soprattutto, la possibilità di una reazione, di una voce fuori dal coro, siano accesi - in concreto - da pochi e per pochi.

"Con la totale conquista della Striscia di Gaza, la leadership di Hamas ha messo in atto un cessate il fuoco unilaterale nei confronti di Israele. Per un'intera settimana non un singolo razzo Qassam è stato lanciato su Sderot e le sue vicinanze. Ma poi, dopo solo un giorno come Ministro della Difesa, il nuovo ministro [Ehud Barak] ha autorizzato una nuovo operazioone per stanare gente sulla lista dei ricercati nella zona di Khan Younis. Cinque palestinesi sono stati uccisi ed altri feriti. Come per magia, il lancio dei Qassam su Sderot è ripreso il giorno dopo" [Shlomo Gazit, "Hamastan as a challenge", su NRG, 25 giugno 2007]. "Mantenere uno stato di violenza di bassa intensità [sic] appare necessario per l'attuale politica israeliana che consiste nel presentare i palestinesi come terroristi, il progetto israeliano di colonizzazione e le operazioni militari per distruggerli - sia nel West Bank, sia a Gaza - come una "lotta contro il terrore" [...] Un ebreo israeliano medio non sa - o non vuol sapere - del programma di pulizia etnica eseguito dal suo Stato, preferisce pensare [appunto] alla "lotta contro il terrore". I cittadini ebrei israeliani vivono in una realtà virtuale accuratamente preparata per loro dalla leadership, dai media e dal sistema educativo. In questa realtà gli israeliani appaiono come i buoni che combattono per la loro esistenza, piuttosto che come colonizzatori e occupanti. In questo mondo virtuale si crede che il nostro governo abbia lavorato con impegno per raggiungere un accordo di pace con i palestinesi e che, se questo obiettivo non è stato raggiunto, è per l'intransigenza dei palestinesi. Gli ostacoli ai negoziati da parte dei coloni è nota, ma i coloni sono visti come fastidiosi estremisti, piuttosto che come il risultato della politica di deliberato e costante annessionismo del governo israeliano". [Victoria Buch, Israel's Agenda For Ethnic Cleansing and Transfer, CounterPunch, 25 settembre 2007]

Ciò che è pacifico o comunque conoscibile in Israele, a tutti i livelli, per molti se non per tutti, non lo è negli USA. I tabù che vincolano i media americani popolari sono assai più stringenti che in Israele e nel resto del mondo, massicce e violente le reazioni inanellate per annichilire un dibattito generalizzato, pesantissimi gli interventi della Lobby filo israeliana, minimale la diffusione di notizie - e talvolta di opinioni - non allineate.

"Alcuni argomenti sono troppo difficili da gestire anche per i candidati alle presidenziali. Uno è il controllo delle armi, criticare Israele è un altro. Sull'ultimo tema tutti i candidati seri parlano all'unisono. Dall'inizio del 2007 hanno provveduto a proclamare il loro impegno personale in favore di quella nazione, mettendo in chiaro che una volta eletti difenderanno in ogni caso i suoi interessi. La politica americana in Medio Oriente è un disastro, ma l'influenza degli attivisti filo israeliani è una cosa che nessun candidato è preparato ad affrontare. Benchè giovani soldati muoiano quasi tutti i giorni in Iraq e gli USA spendano miliardi di dollari ogni settimana per una guerra che la gente contesta duramente, il ruolo giocato dai supporter di Israele non è mai citato dagli aspiranti alla presidenza. Perchè solo su Israele, nel mondo, i politici USA sorvolano, anche quando si interseca con gli interessi strategici americani? [...] Malgrado la controversia [suscitata dalla pubblicazione del libro di Walt e Mearsheimer], le recensioni negative e la cancellazioni delle sottoscrizioni del libro, The Israel Lobby ha rapidamente raggiunto la lista dei besteller USA. Lo scorso fine settimana [ndr verso la metà di settembre 2007] era al 5° posto nella classifica del Los Angeles Times e al 12° in quella del New York Times. Il soggetto rimane radioattivo per gli aspiranti alla presidenza. La settimana scorsa Barack Obama è stato introdotto nello Iowa dall'esperto di politica estera Zbigniew Brzezinski. Improvvisamente il candidato si è trovato sotto attacco da parte degli attivisti filo israeliani. Aveva fatto "un errore terribile" nell'associare la sua campagna a Brzezinski, Consigliere per la sicurezza nazionale per Jimmy Carter, che aveva scritto una recensione favorevole al libro. Obama rapidamente ha preso le distanze dalla controversia. La sua campagna è stata: "l'idea che i sostenitori di Israele abbiano in qualche modo distorto la politica estera degli USA, o che siano responsabili per la sconfitta in Iraq, è semplicemente sbagliata. E la posizione di Obama sugli affari mediorientali, come quella dei suoi principali antagonisti ... è "fermamente in favore della politica aggressiva di Israele sulla sicurezza". [The Israel Lobby and US Foreign Policy , By John J Mearsheimer & Stephen M Walt (Book review) by Leonard Doyle, su The Independent, 21 settembre 2007]
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Per approfondire
http://pipistro.wordpress.com/2006/07/23/cancer/
http://pipistro.wordpress.com/2006/08/08/thats-old-news/
http://pipistro.wordpress.com/2006/10/28/we-are-history/
http://pipistro.blogspot.com/2007/07/moshe-dayan-pentimento-dalla-tomba.html
http://www.counterpunch.org/buch09192007.html
http://arts.independent.co.uk/books/reviews/article2984378.ece

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